Formula 1. Gilles Villeneuve, 40 anni di amore [Video]

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L'8 maggio del 1982 moriva Gilles Villeneuve. 40 anni dopo la sua scomparsa, lo amano ancora tanti. Compresi quelli troppo vecchi per innamorarsi ancora
7 maggio 2022

Le ricorrenze servono per fare un punto su qualcosa che è stato e non è più. Se dici 1982 la mente in F.1 va alla tragedia Gilles Villeneuve e al dramma di Riccardo Paletti, caduti sul campo in una simbiosi dai contorni incredibili e coincidenze che a volerle scrivere in un romanzo, sarebbero impossibili da credere. Eppure quel 1982 è passato alla storia proprio per una serie di circostanze in cui l'apice, il mentore, il pilota che ha fatto da spartiacque, è uno solo: Gilles Villeneuve. Domenica 8 maggio la F.1 scende in pista a Miami in un nuovo impianto, dove lo show made in USA ha programmato qualcosa che con la F.1 di Villeneuve non ha niente che spartire. Quell'8 maggio 1982 era un sabato e la F.1 affrontava le curve di Zolder, in Belgio, quando Gilles morì in un incidente assurdo e dai contorni mai del tutto chiariti. Nel senso che la dinamica era talmente banale e scontata che non ci fu nessun dubbio sul perché, i dubbi riguardavano i come e quando si era arrivati a quel momento.

Riassumendo, due settimane prima a Imola la F.1 corre spaccata sul fronte politico. Da un lato i team legalisti, ovvero legati alla federazione, dall'altro le squadre inglesi della FOCA, la struttura capeggiata da Bernie Ecclestone. FISA contro FOCA, Ferrari e Renault contro McLaren, Brabham e Williams. Ci sarebbe pure la Tyrrell, ma a Imola lo sponsor è locale e lasciare a piedi Michele Alboreto avrebbe significato perdere dei soldi. E il vecchio Ken, da sempre attento al portafoglio, rompe il fronte inglese. Fatto sta che si schierano in 14 e visto lo scarno gruppo di partenti, piloti e team si mettono d'accordo per fare un po' di show, qualche sorpasso, qualche duello ravvicinato, poi ognuno per sè. Ferrari da un lato, Renault dall'altro.

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Lo spettacolo dura poco, tocca così ai due ferraristi fare un duello che sulle prime sembra più per il pubblico che per reale convinzione. Gli accordi sono chiari: chi è davanti ci resta e non si inventa niente. Dal box espongono un cartello con la scritta "slow", rallentare. Che non vuol dire nulla. E qui si consuma la prima parte di un dramma psicologico in cui Gilles Villeneuve si sente ferito in maniera indelebile. Ovvero, era in testa lui, Pironi lo supera e va a vincere. Gli accordi erano altri, toccava a Gilles vincere quella gara. Lui, tre anni prima, pur di non ostacolare Jody Scheckter, suo compagno di team, rimase dietro tutta la gara a Monza pur potendo vincere ed essendo più veloce.

Avrebbe avuto una piccola possibilità di vincere il mondiale più avanti, ma l'interesse della squadra era di chiudere la partita prima possibile e fare la doppietta a Monza era l'unico modo. Gilles aveva dato la sua parola, l'aveva mantenuta e Jody divenne campione del mondo. Imola, 1982: Gilles aveva dato la sua parola e l'aveva mantenuta. Didier Pironi no. Ma si può comprendere. Aveva davanti l'occasione per vincere, se l'altro voleva essere più veloce, doveva passarlo. Cosa che non avvenne. Dopo una stagione in cui Gilles aveva vinto due gare e in maniera eroica, Montecarlo e Spagna 1981, Pironi aveva raccolto briciole. In pista il confronto era impari. Fino a Imola, quando si presenta l'occasione di vincere. E da pilota la coglie.

Villeneuve è infuriato, i patti erano altri: lui che ha sempre rispettato l'amico, gli accordi ed è onesto fino in fondo, si vede tradito. C'è solo una persona che può rimediare a questa ferita. Enzo Ferrari. Ma il Grande Vecchio non lo fa: "Oh, ma in fondo ha vinto una Ferrari e a me sta bene così. Fine dei discorsi". Un ragionamento crudo, ma reale. Cosa voleva quel Villeneuve che è diventato tale perché nel corso degli anni, vetture distrutte, critiche della stampa, lui, il Grande Vecchio aveva sempre protetto? Corre per Ferrari, mica per sè. Ta bon, valà e finissela qui. Il ragionamento di Ferrari. E per Gilles Villeneuve è il secondo duro colpo dopo il tradimento di Imola. Tradito dal compagno di squadra, tradito da Ferrari. Tradito da quell'ambiente. cui lui aveva dato fiducia e onestà fino in fondo. "Adesso cercatevi un altro pilota" disse sbattendo la porta. E la sua fu una triste premonizione.

Si arriva a Zolder, Pironi è davanti nelle qualifiche, mancano pochi minuti alla fine. Gilles non ci sta ad essere battuto anche in pista dopo essere stato sconfitto politicamente. Ha un treno di gomme usate, non più veloci come prima ma si butta lo stesso in pista. Arriva alla Terlamen, un curvone veloce, vede la sagoma della March di Jochen Mass che va piano. Pure un doppiato davanti, giro di qualifica già lento e rovinato. Mass si sposta a destra, lasciando la traiettoria interna libera. Villeneuve si butta anche lui a destra, contrariamente a quello che pensa Mass. È un attimo. Il volo contro la March, l'abitacolo che si spezza in due atterrando, le cinture che si staccano dal telaio e Gilles che vola via contro le reti di protezione con l'ultimo colpo, quello del casco GPA che si sfila e forse dà il colpo mortale a quel volo pazzesco. Il suo casco non aveva il cinturino come gli altri ma si chiudeva con una clip isolando tutto il capo. Forse il collo di Gilles, già rotto dal primo impatto, non aveva la resistenza per impedire al casco di uscire e volare via. In ogni caso l'esito è drammatico.

Finisce la sua storia, comincia la sua leggenda. Una leggenda fatta di eroismo allo stato puro, o pazzia, definita come si vuole. Imprese incredibili, vedi Montecarlo e Spagna, incidenti spettacolari, come quello al Fuji nel 77 o Long Beach 78 o gare mitiche, Canada 81, vittorie poche, appena 6, incidenti tanti: "E' che da come ne parlano tutte le volte che ne faccio uno io sulla stampa, sembra che ne abbia fatti tre" disse ridendo in una intervista. Fatto sta che era entrato nel cuore dei tifosi, aveva scatenato la Febbre Villeneuve che dal piccolo villaggio di Berthierville, a una quarantina di km da Montreal, ha contagiato il mondo. Pazzo, incosciente, spettacolare, talento puro, quello che si vuole. Ma se dopo 40 anni siamo ancora qui a ricordarlo, per chi lo ha visto correre e chi ha seguito la sua leggenda, è perché ha lasciato un segno unico. Fatto di talento, battute incredibili e sfide impossibili: "Il curvone a Watkins Glen? Non so se si fa in pieno, ci provo in qualifica". Macchina distrutta contro le barriere e lui che si allontana e al giornalista che gli chiede cosa è successo, rispose: "No, non si può fare in pieno". Ecco chi era Gilles Villeneuve e perché lo amano ancora tanti, compresi quelli troppo vecchi per innamorarsi ancora.

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