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Ford e Red Bull di nuovo insieme? Le voci si accavallano e le indiscrezioni aumentano. Complice anche la presentazione della nuova RB19 a New York il prossimo 3 febbraio. Ma cosa c'è sotto nel ventilato ritorno di Ford in F.1 e magari come partner di Red Bull? I due si erano già...incontrati anni fa, metà anni 90 a dire il vero, quando uno forniva i motori alla Sauber e l'altro era sponsor del team elvetico. Non fu un grosso successo, come l'esperienza successiva di Ford nella F.1 come team: vedi Stewart GT (una vittoria) e poi Jaguar, team che mise fine agli inizi degli anni 2000 alla presenza di Ford in F.1.
In seguito c'era stata l'ipotesi di fornitura dei motori turbo, entrati in vigore nel 2014. Con la carenza di forniture, tramite Bernie Ecclestone che aveva fatto pressioni, Ford aveva studiato un motore clienti che poi rimase sulla carta e il progetto svanì nel nulla, come i soldi che erano stati investiti. Con la vetrina attuale del circus iridato e il declino del nome Ford nel motorsport (escludendo la GT40 replica) per il costruttore americano vedere tutto l'interesse creato dall'annuncio Andretti-Cadillac (e quindi GM) non poteva lasciare indifferenti i vertici di Detroit.
Per la F.1 il nome Ford ha rappresentato l'ancora di salvezza per decenni e per vari team. Col classico V8 Cosworth (derivato da un basamento di 3 litri di un motore diesel!) elaborato da Mike Costin e Keith Duckworth, Ford ha motorizzato il 90 per cento degli schieramenti della F.1 e ha vinto numerosi titoli mondiali (Benetton Schumaher, tanto per citare uno degli ultimi). Era l'epoca dei garagisti, come li chiamava Enzo Ferrari: un motore Cosworth, un cambio Hewland, pinze Girling e radiatori in alluminio (magari...rubati alle VW Golf stradali che li montavano di serie) e squadre come Williams, McLaren o Tyrrell hanno creato la loro storia. Poi le cose sono cambiate e l'esperienza Ford in F.1 è stata un disastro.
Gli ultimi anni della Jaguar, nonostante consulenti come Niki Lauda e Jackie Stewart, avevano mostrato come nella F.1 moderna non ci fosse spazio per le decisioni commerciali. Ad esempio, a Detroit si erano intestarditi a progettare il roll bar dell'ultima Jaguar, ma lo staff tecnico sosteneva che non fosse in grado di reggere i crash test. Discussioni, decisioni inappellabili e poi, una volta montato, a una settimana dalla prima gara della stagione il clamoroso cedimento. Si ovviò perché lo staff tecnico dell'epoca, avendo conoscenza di F.1, aveva progettato un roll bar alternativo, che passò i test e fu schierato in griglia. Questo per dire che la mentalità di una Casa non sempre funziona in F.1 (inutile citare altri esempi come BMW o Toyota tanto per fare un confronto).
Adesso si parla di un ritorno con Red Bull. Ma sotto che veste? Perché i motori del 2026, con i carburanti biosostenibili sono allettanti, ma poi i motori bisogna costruirli e l'investimento non è da poco. Porsche, che pure aveva firmato un accordo con Red Bull, è uscita in malo modo visto anche le pressioni di Honda e ora che Red Bull Power Train è classificato come un costruttore a se stante, difficile che gli americani arrivino e facciano come a casa loro. Ergo, più facile che Honda sviluppi fino al 2025 i propri motori (per inciso è tornata la scritta sulle monoposto...) e poi dal 2026 qualcun altro paghi lo sviluppo e metta una etichetta. Sempre che i giapponesi siano d'accordo. Oppure sperare di comprare un team (al momento solo Williams e Haas possono essere nella shopping list) oppure abbinarsi a McLaren, che da sempre ha ottime relazioni con Ford, Zak Brown è americano e il team ha solo un motore clienti Mercedes e se vuole vincere deve avere un supporto ufficiale di una Casa. Dovendo fare una ipotesi, più che Red Bull è proprio McLaren la più indicata come partner di un eventuale ritorno di Ford in F.1.