Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su info@moto.it
E con questo sono trascorsi 12 anni dall'ultimo mondiale piloti. Per la Ferrari è il secondo periodo più lungo dalla vittoria. Il record, diciamo così, fu scritto nella lunga parentesi che va dal 1979 al 2000, quando dopo 21 anni Michael Schumacher riportò il mondiale a Maranello. Prima di questo lungo digiuno ci fu quello fra il 1964 (John Surtees) e il 1975 con la vittoria di Niki Lauda. E adesso, dopo il titolo di Kimi Raikkonen nel 2007, ancora niente di nuovo sotto al sole. Il decennio che si è appena concluso per la Ferrari è stato a due facce: competitiva nella prima parte del decennio, con Alonso in grado di lottare per il titolo nel 2010 e 2012 e sfiorare il 2013 con qualche gara speranzosa. Poi il lungo periodo dell'era ibrida e dei successi Mercedes, con la parentesi del 2017 e 2018 in cui la Ferrari avrebbe, diciamo avrebbe, avuto l'occasione di piazzare il colpo vincente. Invece niente. Anche il 2019 è stato un anno da dimenticare rispetto alle premesse dei test invernali.
Se si guarda in casa dei rivali, il confronto è presto fatto: a Maranello manca la stabilità. Se in Red Bull Chris Horner ed Helmut Marko rappresentano la continuità dagli inizi degli anni 2000, la Mercedes ha trovato in Toto Wolff e Niki Lauda i due artefici dei successi recenti. A Maranello la Ferrari ha avuto un lungo periodo di stabilità a partire dal 1993, con l'arrivo di Jean Todt, e del presidente Luca Di Montezemolo, che da fine 1991 fino al 2015 ha retto le sorti della squadra. Con risultati eccezionali, al punto da aver scritto le pagine più ricche di trionfi della storia della Ferrari. Ma c'era stabilità. Todt è rimasto al vertice per altri 14 anni incurante degli alti e bassi (ci mise 7 anni prima di vincere un titolo). Adesso, guardando la storia recente, nel decennio abbiamo avuto tre presidenti, da Montezemolo a Marchionne (scomparso prematuramente) all'attuale John Elkann. E poi la gestione del team. Detto di Jean Todt, si sono alternati Stefano Domenicali (fino al 2014) poi Marco Mattiacci (sei mesi appena) Maurizio Arrivabene e da gennaio Mattia Binotto.
Anche se la struttura è sempre la stessa, i cambi al vertice denotano instabilità e incostanza nei programmi. Il confronto con Mercedes e Red Bull deve partire da questo punto. Dopo di che si possono analizzare anche i piloti, tutti di altissimo livello. Perché Fernando Alonso, approdato in Ferrari nel 2010 e subito vincente alla prima gara (come Raikkonen nel 2007) aveva al fianco un prodotto del vivaio Ferrari come Felipe Massa, arrivato da ragazzino come tester, poi girato alla Sauber infine promosso al fianco di Schumacher nel 2006 e per poco mondiale nel 2008. Dopo Alonso è arrivato Raikkonen, altro campione del mondo, che nella breve coesistenza con lo spagnolo nel 2014 ha avuto al suo fianco un altro campione come Sebastian Vettel. Se si guarda il decennio appena trascorso, sono poche le squadre che hanno avuto al volante tre campioni del mondo e un vice come Massa. Insomma, era il massimo in circolazione e la Ferrari li aveva assunti.
Anche se la struttura è sempre la stessa, i cambi al vertice denotano instabilità e incostanza nei programmi
Da quest'anno, con l'arrivo di Leclerc, si è puntato sul giovane ed è stato un rischio. Ripagato dalla bravura e dai risultati di Charles, che a Monza, dieci anni dopo Alonso, ha riportato una Ferrari al vertice. Il decennio, quindi, è stato tutto un inseguimento dei rivali e quando si era davanti (vedi 2008 e 2010 nonché 2012) ci si è fatti scappare il titolo per errori o decisioni sbagliate al muretto dei box. Non mancava il potenziale, ma sono mancati i momenti che hanno determinato il risultato. Nell'era ibrida la Ferrari si è fatta trovare impreparata (come gli altri costruttori che non fossero Mercedes) e la rimonta non è stata facile. Adesso, alla vigilia dell'ultima stagione con le stesse regole, la rossa si gioca nel 2020 l'asso piglia tutto. O vince oppure, visto che dal 2021 si cambia di nuovo, il rischio di dover inseguire ancora è dietro l'angolo.