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Dopo la gran gara di Fernando Alonso tutti a stupirsi del risultato e del duello che lo ha contrapposto a Sergio Perez. Ebbene, il segreto di Alonso non è solo nella guida a 42 anni in una categoria dove i riflessi e la gioventù regnano sovrani. No, il vero segreto di Alonso è questo regolamento bislacco che consente anche a chi, come il mitico Nando, di essere competitivo a 42 anni e passa. Perché direte voi. Semplicemente perché non è più una F.1 pancia a terra come una volta. La F.1 dei rifornimenti, dei 4 pit stop con stint da qualifica, quella del fiato sospeso è finita da un pezzo. Da quando le differenze fra qualifica e gara nei tempi sul giro sono diventate abissali.
Di solito, a quel tempo che fu (e parliamo di prima del 2014, anno del nuovo regolamento) la differenza fra qualifica e gara era di un secondo, al massimo 2 e in alcuni casi era migliore il tempo in gara di quello delle prove. Segno che si andava al limite in ogni momento. Adesso le cose sono cambiate. Ci sono 110 kg di carburante a bordo che devono bastare per i 310 km di corsa. Ci sono treni di gomme da gestire che devono consentire al massimo 2 soste, spesso una sola per ottemperare al regolamento che prevede l’uso delle due mescole come minimo. Questo porta a una differenza abissale fra qualifiche e gara, con l’apice toccato a Singapore dove Sainz, per gestire la gara, andava 10 secondi al giro più piano rispetto alle qualifiche. E lo stesso, con minori divari, è accaduto da altre parti.
Ovvero, è una F.1 da endurance, dove non conta la prestazione assoluto ma la gestione e quindi tempi sul giro più lenti, ma costanti, uso intelligente di recupero energia e consumo gomme. E qui che scatta il segreto di Alonso. In qualifica con queste macchine se la gioca benissimo anche se non ha più lo spunto dei 20 anni. In gara, con una macchina da gestire che va più piano che in qualifica, può ancora dire la sua. Sarebbe diverso e da provare, vedere un ultra quarantenne alle prese con stint da qualifica. In Qatar, fra caldo e cambi gomme rapidi (3 per pilota) le cose sono state diverse. Gente che ha sofferto di sicuro, quando di solito scendono dalla macchina più freschi dell’impiegato che ha finito il turno in ufficio. L’esperienza nelle gare di durata per Alonso fa la differenza.
Poi ci metti l’intelligenza di capire come fare. In Brasile c’erano solo due punti di sorpasso in cui Perez poteva farcela. In rettilineo col DRS il messicano guadagnava 3 decimi secchi, Alonso sapeva che doveva uscire dalle curve precedenti con un vantaggio di almeno 8 decimi o giù di lì. E poi controllare. Ha modificato i parametri del recupero energia, ha scaricato tutto in quelle due curve dove serviva avere quel vantaggio necessario a impedire a Perez di stargli attaccato. Poi la contromossa con un sorpasso con finta all’interno della curva 4, dove serve traiettoria esterna per via della pendenza in salita della curva e ha beffato Perez che, logicamente, ha chiuso all’interno pur sapendo di avere una uscita più lenta. Mettete tutto insieme e se le regole restano queste, uno come Alonso, ma anche Hamilton e gli altri “vecchi” (leggi Hulkenberg) piuttosto che andare nel WEC, dove adesso tirano come se fossero in F.1, li vedremo ancora a lungo nella Formula gestione e resistenza. Altro che sprint come era una volta…