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Lewis Hamilton compie 40 anni, e non possiamo fare a meno di chiederci chi sia davvero oggi il sette volte campione di Formula 1. È ancora il cannibale assetato di vittorie di qualche anno fa o il tempo gli ha fatto perdere smalto? Se lo domandano i tifosi della Ferrari, pronti a venerarlo come una divinità se dovesse riportare l’iride a Maranello. Ma lo spettro della “data di scadenza” era già stato evocato da Toto Wolff. Ingeneroso? Forse, vista la storia complessa e ricchissima che ha condiviso con un pilota che per lui è stato anche un amico.
Nessun atleta, però, scappa da queste suggestioni. Lo stesso Hamilton in passato ha spiegato di essersi chiesto se il problema fosse lui o la macchina. Ed è un quesito che torna in auge vista la difficile stagione 2024 di Lewis. Che Hamilton, uno dei qualificatori più micidiali della storia della F1, possa aver perso smalto sul giro secco non è un’ipotesi così azzardata. Dopotutto, la performance su un singolo tentativo lanciato è forse la capacità che tende a sbiadire di più con il tempo. Ma per giudicare Lewis non si può prescindere dal contesto.
La sensazione è che la Mercedes dopo anni non abbia ancora trovato il bandolo della matassa dell’attuale regolamento tecnico. La W15, terza vettura della nuova era dell’effetto suolo progettata dai tecnici di Brackley, aveva una finestra di utilizzo ideale minuscola, e risultava decisamente capricciosa una volta uscita dalle rare condizioni in cui si accendeva. Che in Mercedes ci siano dei quesiti irrisolti lo si capisce bene dalle parole dei piloti, che in caso di prestazioni positive non sapevano darsi una spiegazione di questi exploit, oltre a lamentarsi dell’involuzione dell’auto nel corso del weekend, come se plafonasse.
Si dirà – a ragione – che George Russell a differenza di Hamilton il suo sul giro secco l’ha saputo dire a prescindere dalle circostanze. Viene da pensare che lo sviluppo della W15 abbia in qualche modo penalizzato Hamilton, soprattutto dopo l’introduzione delle novità all’ala anteriore per renderla più flessibile, una strada che in Ferrari non è stata intrapresa negli stessi termini. Ma c’è qualcosa di più profondo di tutto questo nelle difficoltà di Hamilton, da ricercare nello stile di guida di Lewis.
Le sue frenate profonde e brusche, da sempre un suo marchio di fabbrica, non si sposano al meglio con monoposto che rispetto alla generazione precedente rispondono in maniera diversa a input come questi, vicine come sono all’asfalto. E così l’arma più affilata dell’arsenale di Lewis sembra spuntata, impedendogli di distinguersi rispetto alla concorrenza. Oltretutto, Hamilton sul giro secco continua a mostrare la tendenza a spingersi il più possibile verso il limite della vettura, nonostante queste monoposto paradossalmente siano più efficaci se si spinge leggermente meno, vista la tendenza naturale che hanno a scomporsi.
Se la futura monoposto della Ferrari dovesse avere le caratteristiche meccaniche per consentire a Hamilton maggior agio nell’impiego del suo stile di guida, la storia potrebbe essere diversa per il 2025. Ma ci sono anche altri fattori chiave, come la motivazione. Hamilton ha paragonato la fine del suo percorso in Mercedes a quello di una storia d’amore importante. L’affetto rimane, ma a cambiare sono le dinamiche. Il lunghissimo addio tra Hamilton e la Mercedes, consumato nell’arco di quasi un anno, non può che essere stato complesso, come è inevitabile che sia quando si conclude una parentesi ultradecennale fatta non solo di traguardi professionali, ma anche di rapporti personali costruiti gioia per gioia, dolore per dolore.
Di motivazione Hamilton ne avrà da vendere, nel suo nuovo percorso in Ferrari. La sola idea che Hamilton possa battere il record di titoli mondiali che oggi condivide con Michael Schumacher proprio con la scuderia con cui il Kaiser colse la maggior parte dei suoi successi fa tremare i polsi. Che rimanga solo una suggestione da brivido dipende non solo dalla competitività del progetto 677, ma anche dalla rivalità con Charles Leclerc, ormai pronto a laurearsi campione del mondo con quella Rossa che ama con la passione di un vero tifoso.
Come valore aggiunto Lewis in Ferrari non porta solo il peso del suo brand, che varca i confini della Formula 1 stessa, funzionale a una varietà di operazioni di marketing che non possono altro che far gola a un marchio che si sta sempre di più allargando sul fronte del lifestyle. Hamilton sa come si vince, e può aiutare la Ferrari a fare quell’ultimo salto di qualità che le consentirebbe di ritornare a essere vincente. Un pilota dell’esperienza e della caratura di Hamilton, oltre a brillare sulla distanza di gara, può fare da guida, chiedendo e ottenendo il massimo in ogni sfaccettatura delle operazioni in pista.
Che Hamilton non sia più lo stesso del 2007 è nel naturale ordine delle cose. Di acqua sotto i ponti da quando era un rookie indiavolato ne è passata parecchia, ed è inevitabile che oggi Lewis sia un pilota e un uomo diverso. Nel tempo è diventato un personaggio dalle mille sfaccettature, mostrando con fierezza lati della sua personalità e convinzioni che prima non avrebbe concesso al mondo. L’Hamilton quarantenne, poi, trasmette una sensazione di calma quando interagisce con la stampa che prima non sembrava possedere.
La vera misura di ciò che è Hamilton in pista oggi la scopriremo in una stagione che si preannuncia sensazionale. Ma prima di tutto questo, quando sarà ancora tutto possibile, arriveranno le prime suggestioni, con quel test a Fiorano nella seconda parte di gennaio che fa parte di un programma serrato, come aveva sottolineato Vasseur prima di Natale. Forse solo allora, vedendolo vestito dei colori della Ferrari, ci renderemo conto che tutto questo sta succedendo davvero. E daremo per la prima volta uno sguardo al futuro di un uomo che a 40 anni ha deciso di reinventarsi. Perché, come ha sottolineato lui, i cambiamenti vanno abbracciati.