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Niente di nuovo sul fronte occidentale. La F1 Commission, organismo composto dai team di Formula 1, ha bocciato la proposta della FIA e della Fom di introdurre a partire dal 2017 propulsori clienti biturbo di 2.5 litri di cilindrata, dal costo contenuto rispetto alle power unit attuali. Si parlava, infatti, di 12 milioni di euro annui per le forniture, contro gli attuali 20. Una cifra gravosa per le piccole scuderie, costrette spesso a tirare la cinghia per sopravvivere e, nei casi più estremi, per arrivare al termine della stagione.
Attualmente sono quattro i fornitori di power unit in F1: Ferrari, Renault, Mercedes e Honda, scesa in pista ad inizio 2015. A questi si sarebbero potuti aggiungere – potenzialmente – Ilmor Engineering, Mecachrome ed Aer. Lo Strategy Group e la F1 Commissions si sono imposti di abbassare i costi, più che aprire ai nuovi fornitori, optando anche per una semplificazione tecnica decisa degli attuali V6, oltre al must del miglioramento del sound globale.
Interessante una clausola in cui viene stabilito il numero minimo di team da fornire per i motoristi, assicurando così i propulsori a tutte le scuderie presenti sulla griglia. Ciò è stato fatto sull'onda di quanto successo a Red Bull che, scaricata Renault dopo una partnership grazie alla quale sono arrivati i quattro allori iridati del team di Milton Keynes, ha trovato difficoltà a chiudere un accordo con Honda, oltre alle porte sprangate dalla Scuderia di Maranello.
Proprio la casa nipponica ha fatto sapere di avere tutti i crismi del caso per poter fornire una seconda scuderia a partire proprio dal 2017. Bisognerà tuttavia vedere i progressi della power unit attualmente montata dalla McLare e che risulta, senza alcuna cattiveria, l'ultima tra le forze in campo.