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Chi è Ayrton Senna? È una domanda che molti degli appassionati recenti della Formula 1 si sono fatti nel corso della vita. Non si può rispondere a questo quesito in poche righe, è impossibile perché Ayrton è tutto e nulla, è un secondo ma anche un’eternità. Ayrton non lo racconti con poche semplici storie. Ayrton non è solamente uno dei piloti più importanti del Circus ricordato per la sua morte tragica, arrivata in quella fatidica domenica del 1° maggio 1994 ad Imola, al Tamburello. Ma cosa vuol dire Ayrton Senna per qualcuno che non l’ha mai potuto vivere in prima persona?
Ecco questa è la domanda che io mi sono fatta. Scrivo con un certo timore queste parole per il semplice fatto che io di Senna essenzialmente non so nulla. Non mi sento degna di parlare di un pilota come lui perché io, nel 1994, non ero neanche nata. Questo discorso lo posso benissimo applicare anche a Michael Schumacher dato che ha vinto il suo ultimo titolo quando avevo appena un anno. Ma basta nomare il nome di Ayrton per far partire i brividi lungo la mia spina dorsale. Perché? Non me lo so spiegare neanche io. Non voglio parlare di chi è stato o di come è morto perché non posso. Quell’1° maggio io non ero davanti alla televisione a vedere il Gran Premio di San Marino 1994, non ho vissuto con apprensione quegli istanti concitati che sapevano già di morte dopo l’impatto con le barriere del Tamburello. Quelle 14:17 del 1° maggio 1994 io non le ho potute vivere. Non ho dovuto dire addio a Rolawnd Ratzenberger il giorno prima e non ho neanche dovuto assistere all’incidente del venerdì di Barrichello. Eppure, fatale scherzo del destino, io avrei voluto. Eccome se avrei voluto vedere Ayrton Senna guidare in pista dal vivo, magari andare ad un Gran Premio per poi vedere lui sul gradino più alto del podio.
Quello che so io di Ayrton Senna, come tutti i giovani appassionati della Formula 1 nati dopo il 1994, è frutto di racconti, libri, articoli, film e documentari perché la forza della memoria va oltre ad ogni confine. L’impronta lasciata da Ayrton Senna è magica, non a caso veniva chiamato Magic, perché è riuscita ad attraversare ogni limite temporale possibile ed immaginabile e sarà ancora così tanti e tanti anni ancora. Celebreremo chi era, è e sarà Ayrton Senna tra dieci anni, venti, trenta e così via perché un pilota come lui non lo si ricorda solo per i titoli mondiali. Senna è stato tra i primi piloti ad usare il proprio ruolo di spicco nel panorama internazionale per fare del bene, e continua a farlo grazie all’associazione portata avanti dalla famiglia per aiutare chi ne ha bisogno, ispirando così anche tutti gli altri piloti che sono venuti dopo di lui. Non è neanche un evento fortuito che un altro pilota che ha fatto la storia della Formula 1 con sette titoli mondiali, ovvero Lewis Hamilton, abbia lui come idolo, che segua le sue orme dentro e fuori la pista. Ma Hamilton non è l’unico. Basta chiedere a Charles Leclerc oppure Oscar Piastri che non erano neanche nati.
Con le lacrime agli occhi, nonostante conosca il finale della storia di Senna ancor prima di sapere i suoi albori, mi chiedo perché io stia scrivendo di lui, perché tanti altri giovani ragazzi continuano a correre con la sua bandiera, con il suo casco iconico e perché oggi l’Autodromo di Imola è pieno zeppo di persone nonostante il brutto tempo. La risposta è ancora più “banale” della domanda. Ayrton Senna è Ayrton Senna. Non può una storia come la sua rimanere solamente nella memoria di chi l’ha vissuto, di chi l’ha visto correre e vincere in pista e di chi l’ha visto anche morire. Senna va tramandato alle giovani generazioni perché lui è l’emblema di come la Formula 1 sia cambiata, come si sia evoluta da quell’1°maggio 1994. Lui, come tanti altri piloti prima, hanno inconsapevolmente cambiato le carte in tavola del Circus. La mente umana è tanto affascinante quanto contorta: perché abbiamo dovuto attendere questi tragici eventi per poter cambiare la F1? Questo mi domando io a trenta anni da quel fatale incidente. Se qualcosa fosse cambiato prima, forse, oggi noi giovani appassionati avremmo potuto vedere il volto rugoso di Ayrton girovagare per il paddock, salire sul podio di Interlagos per dare quel premio che lui stesso fece fatica ad alzare al vincitore del Gran Premio del Brasile. Avremmo potuto ascoltare la sua storia dalle sue stesse labbra, con gli occhi commossi di chi si ricorda quanto ha fatto per questo sport. Chissà quali talenti avrebbe potuto scoprire ed aiutare come hanno fatto i suoi colleghi. Quante iniziative avrebbe potuto promuovere e come avrebbe annunciato il suo addio. Magari adesso in pista ci sarebbero potuti essere i suoi figli, un po’ come Jos e Max Verstappen. In questo modo nessun libro, video, film o documentario avrebbe parlato per lui o di lui.
Per me Ayrton è un dolore di chi sa che la storia, per qualche accortezza in più, sarebbe potuta andare diversamente, con un finale ancora da scrivere. Un libro con tante pagine ancora da riempire. Eppure, la parola fine è già stata scritta, lasciandolo ai posteri come un ricordo. Ayrton Senna morto il 1° maggio 1994 alla curva Tamburello di Imola. Troppe parole poche parole per ricordare Senna, eppure è tutto quello a cui noi giovani ci dobbiamo aggrappare ad ogni commemorazione. Ayrton aveva un accordo tacito con la sua famiglia. Dopo ogni incidente avrebbe fatto tre movimenti di assenzo con la testa per tranquillizzarli. Quel giorno ne arrivò solamente uno. Continuiamo a parlare di lui come se gli altri due fossero arrivati dal cielo, con un sorriso commosso che permetta a chi non era ancora nato di sognare ad occhi aperti chi era Ayrton Senna. Che lui continui ad essere un’ispirazione per le generazioni future. Per i giovani talenti che oltre ad essere piloti dovranno essere persone dal cuore nobile e gentile come lui, per chi questo mondo lo vuole raccontare a 360°, andando oltre alla visiera che separa il pilota dal mondo circostante. Per chi vuole vivere la Formula 1 proprio come la viveva lui, mettendoci anima, cuore e cervello.