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Erano le 14.17 del 1° maggio del 1994 quando Ayrton Senna si schiantò al Tamburello, andando incontro alla fine della sua esistenza e cambiando per sempre la Formula 1. Nei trent’anni passati da quel momento, si è raccontato così tanto dell’incidente, delle responsabilità e delle conseguenze. Ma oggi, a 30 anni da quel weekend nero, vogliamo ricordare Senna per l’uomo e il pilota che è stato, non per la conclusione della sua esistenza.
Dopotutto, Ayrton Senna ancora oggi vive, capace com’è di attraversare i confini del tempo e dello spazio per affascinare generazioni di appassionati che non erano ancora venuti al mondo quando solcava le piste, scrivendo pagine indimenticabili di quello sport di cui avrebbe rappresentato appieno tutte le sfaccettature, crudeltà compresa. Senna è un simbolo talmente potente della Formula 1 da essere l’idolo di piloti nati ben dopo la sua scomparsa.
Il Senna non ancora leggenda, ma uomo, è colui che tutti inseguono. Chi c’era, rivendica i suoi racconti di prima mano, le fiere testimonianze di aver assistito ad una delle pagine più entusiasmanti della storia della F1. Chi era troppo piccolo per capire appieno si aggrappa a ricordi forse indotti, a lacrime infantili e inconsolabili, che per un giorno lo avevano accomunato ai grandi. Chi non era nato cerca di capire, rapito, chi fosse davvero Ayrton.
La ragione di tutta questa fascinazione è semplice. C’è un motivo se Senna veniva chiamato Magic. Era magico, per davvero. Oggi è materia dei sogni di chi non l’ha potuto conoscere, tessuto dei rimpianti di chi lo ha vissuto. 30 anni dopo Senna vive. Perché quelli come lui, in fondo, non muoiono mai. Ed è per questo che, a tre decenni da quel tragico schianto al Tamburello, vogliamo ricordarlo ripercorrendo la sua carriera attraverso alcune delle auto più significative che l’hanno accompagnato nel suo percorso, arrivate al MAUTO di Torino per la mostra Ayrton Senna Forever, a cura di Carlo Cavicchi.
Riprese: Camilla Pellegatta
Montaggio: Giovanna Tralli