Formula 1 Australia 2014: le curiosità del GP di Melbourne

Formula 1 Australia 2014: le curiosità del GP di Melbourne
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Tutte le curiosità del GP di Formula 1 di Melbourne: dai 30 km di cablaggi che sono presenti in una F1 moderna alle rivisitazioni aerodinamiche che inficiano però la sicurezza | <i>P. Ciccarone</i>
14 marzo 2014

Tante cose insieme, non tutte facili da capire, ma con una certezza: mai viste macchine così brutte in F.1 da anni a questa parte. Colpa delle nuove regole e di chi le ha scritte. Si volevano i musetti bassi per evitare problemi in caso di incidente, ebbene sono bassi, ma chi ha stabilito le norme forse si era distratto davanti a qualche litro di birra. Macchine brutte e pure pericolose, visto che dall’anno prossimo cambieranno ancora i parametri.

Cambiamenti estetici dovuti a riduzioni di performance aerodinamiche

Infatti si sono accorti che i rostri attuali, in caso di incidente, potrebbero essere più pericolosi dei musetti alti dell’anno scorso. Il tutto era nato con lo scopo di rallentare le prestazioni aerodinamiche. E infatti oltre ai musetti sono stati ridotti anche gli alettoni anteriori mentre quello posteriore non ha più i supporti dell’anno scorso ed è stato anche fatto sparire l’effetto soffiaggio degli scarichi che, mandando aria calda sotto allo scivolo, consentivano una specie di effetto aspirapolvere che teneva la macchina incollata a terra.

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I nuovi regolamenti hanno portato ad un nuovo design dei musetti. Lo scopo? Ridurre il carico aerodinamico sull'ala anteriore

It (doesn't) sound good

Quest’anno lo scarico è uno solo, posizionato in alto e dal rumore che fa sembra una vecchia teiera pronta a sfornare il the alle cinque del pomeriggio. Ma le complicazioni maggiori arrivano dai sistemi elettrici a bordo. Se l’anno scorso c’era un motore (il KERS) che per sette secondi spingeva con una potenza di 80 CV, quest’anno i tre motori garantiscono una spinta di 200 CV per 37 secondi e non è più il pilota a deciderlo, ma una centralina a bordo.

(Elettro)shock in my town

E con tutta questa potenza elettrica, sono aumentati i rischi di elettroshock da parte dei meccanici e di chi lavora a bordo pista. Un segnale verde sull’auto dice infatti quando ci si può avvicinare e si può toccare la carrozzeria.

E per i commissari di pista, che dovrebbero intervenire rapidamente, una complicazione in più perché se ai box la macchina è gestibile, quando va a sbattere entrano in gioco altri fattori. Un rischio enorme, che aumenta in caso di pioggia e di cortocircuiti.

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Una formula 1 odierna porta con sé un carico di tecnologia elevatissimo. Con dei sistemi così complessi le monoposto 2014 hanno a bordo più di 30 km di cablaggi

Più di 30 km di cablaggi su una F1

Dovrebbe essere tutto sotto controllo, ma in passato si sono viste esplodere delle auto nei box. A dire il vero è successo due volte alla Williams e una volta a una scuderia minore, ma qualcosa non quadra. Come non quadra un altro aspetto che pochi conoscono: per far andare tutte le centraline di controllo, il brake by wire (il sistema elettronico di frenata che Brembo ha sviluppato per prima e al meglio) e tutte le altre funzioni, una macchina di F.1 monta a bordo oltre 30 km di cavi a fibre ottiche.

Ogni cablaggio è fissato in alcuni punti della vettura, ma se manca la corrente o la comunicazione fra un punto e un altro, si ferma tutto senza sapere il perché. E la ricerca del guasto non è così semplice. Tanto per dirne una, la Red Bull è rimasta ferma un paio di giorni nei box prima di capire cosa fosse successo...

Un altro aspetto importante è che queste F.1 dietro non hanno praticamente i freni. Infatti, la ripartizione è dell’80 per cento davanti e del 20 per cento dietro, ma visto che le ruote posteriori sono collegate al KERS è come se dietro ci fosse una dinamo di bicicletta che ricarica le batterie invece dei freni. E quindi han dovuto capire come farli funzionare e non è del tutto semplice.

Orgoglio italiano

Anche in questo la Brembo è stata all’avanguardia perché aveva capito per tempo quali sarebbero stati i problemi. E nel controllo delle centraline, un’altra chicca italiana: la Magneti Marelli ha mostrato che gestire i 30 km di cavi è possibile, ora tocca ai rivali francesi e inglesi darci dentro, anche se i milanesi temono che possano ritirarsi tutti alla prima gara. Sarebbe davvero una pagliacciata senza precedenti. 

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