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L'ultima volta in cui Fernando Alonso si era installato tra i primi due in qualifica prima di oggi, nel Gran Premio di Germania 2012, Max Verstappen era un quattordicenne di belle speranze nei kart, Yuki Tsunoda frequentava le scuole medie e Lewis Hamilton aveva conquistato solo uno dei suoi sette titoli mondiali. Dieci anni sono un'eternità. Pochi piloti possono vantare una carriera lunga un decennio in F1, figuriamoci sperare di ritornare a centrare un risultato del genere dopo una pausa infinita. In questa decade, Fernando Alonso non ha mai perso la voglia di lottare. Si è dovuto prendere una pausa dalla Formula 1 per capire che quel capitolo non era ancora chiuso. Voleva concluderlo con i suoi modi e i suoi tempi, un privilegio di cui possono godere solo i veri campioni.
Muovendosi come un gatto sulla scivolosa pista di Montréal, guidato da quell'istinto animalesco che non lo abbandona mai, Alonso si è insinuato là dove non avrebbe potuto portarsi ragionevolmente. Ma non c'è nulla di razionale in una qualifica sotto la pioggia, né tantomeno nell'amore viscerale per le corse che ancora oggi funge da carburante dell'ambizione di un pilota eccezionale, che ha indubbiamente vinto meno di quanto il suo talento avrebbe meritato. Ed è proprio questa bruciante sensazione di non finito che consente ad Alonso di vivere con immutata intensità il proprio approccio alle corse. Tutti i grandi della sua generazione se ne sono andati. Lui no. E non ha alcuna intenzione di farsi da parte.
Perché dovrebbe farlo, dopotutto? L'Alonso del 2022 è un pilota con la fame del novellino alle prime armi e un'aggressività straripante, ben più convincente del Fernando visto in pista lo scorso anno. A domanda di Jacques Villeneuve nel post qualifica sulla partenza, Alonso ha sorriso con l'espressione sorniona di chi sa esattamente cosa deve fare per prendersi il palcoscenico almeno per un momento, per qualche giro. Fernando vive per questo, per la goduriosa botta di adrenalina che gli suscita la consapevolezza di poter dire la sua, fosse anche solo per il minuto e 21 secondi del crono di oggi. Valeva dieci anni fa, così come adesso. Perché per un pilota come Alonso, il talento non ha una data di scadenza. E nemmeno l'ambizione.