Formula 1. A Monza il rispetto non vale un fischio

Formula 1. A Monza il rispetto non vale un fischio
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La bordata di fischi rivolti a Max Verstappen a Monza è il segno di una mancanza di rispetto che non dovrebbe trovare posto in uno sport come la Formula 1
12 settembre 2022

A qualche minuto dalla fine del Gran Premio d’Italia 2022 a Monza, un tuono ha squarciato la sala stampa. Era la bordata di fischi proveniente dalla marea rossa riversatasi in pista per assistere alla premiazione. Le coreografie frutto della passione degli appassionati che da tempo attendevano di poter sfogare la loro straripante passione, fino a poco prima pronte a restituire un’immagine romantica, hanno assunto connotati distorti dall’odio riversato su Max Verstappen, reo di aver vinto la corsa di casa di Charles Leclerc.

In molti, Mattia Binotto in primis, hanno sostenuto che i fischi non fossero tanto indirizzati al campione del mondo in carica, quanto alla FIA, rea di aver portato la corsa a concludersi in regime di Safety Car senza dare a Leclerc la possibilità di sferrare un attacco ai danni di Verstappen. Ci riesce difficile pensare che sia davvero così, visto che le espressioni di disappunto sono cominciate proprio nel momento in cui Verstappen ha proferito verbo nel post gara e si sono ripetute all’atto della sua premiazione. 

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Anche lo storico dei tifosi di Monza non depone a loro favore, in tutta franchezza. Chi scrive frequenta il GP d’Italia da tre lustri, nell’arco dei quali ha avuto modo di sentir fischiare nomi del calibro di Fernando Alonso, Lewis Hamilton e Sebastian Vettel. L’unico scampato al rito è Nico Rosberg, che nel 2016 fu capace di ingraziarsi il pubblico parlando in italiano e, soprattutto, intonando Seven Nation Army, cavallo di battaglia delle tifoserie italiane dai Mondiali di calcio del 2006. Volendo riavvolgere ulteriormente il nastro, chi è più agé si ricorderà sicuramente un episodio ancora più grave, i sassi lanciati ad Alain Prost nel 1985.

Se si tratta di una pratica di lunga data, ci si chiederà, perché puntare il dito contro i fischi? In uno sport come la F1, i cui protagonisti si producono in imprese ad alto rischio – forse non percepito a sufficienza, ma comunque esistente – il rispetto per l’avversario dovrebbe essere una regola, e non l’eccezione. Riconoscere la caratura di un pilota come Verstappen non sminuisce certamente le qualità degli avversari, anzi. E basta un pizzico di onestà intellettuale per riconoscere che Max ha meritato il successo. Che, aggiungiamo noi, avrebbe ottenuto anche se la neutralizzazione fosse stata gestita diversamente.

Ma c’è di peggio. Nel corso del weekend di gara sui social alcuni spettatori hanno documentato episodi di intimidazione da parte dei tifosi della Ferrari nei confronti di persone che indossavano cappellini o magliette della Red Bull. Per esperienza personale, possiamo attestare che fino a qualche tempo fa le tribune di F1 accoglievano senza pregiudizi sostenitori con casacche ben diverse tra loro senza che nessuno si permettesse di criticare o, peggio, di mettere in difficoltà gli altri.

Il problema non è circoscritto a Monza, ma è sistemico. In Austria, oltre alle molestie denunciate da alcune spettatrici, diversi fan di Lewis Hamilton hanno fatto sapere di essere stati messi alle strette da estimatori di Verstappen. E di fronte a testimonianze come quella di una ragazza cui era stato alzato il vestito perché “i fan di Hamilton non meritano rispetto”, la FIA e la F1 si producono in dichiarazioni di circostanza, scaricando la responsabilità degli abusi online ai social su cui si verificano e lasciando a terzi il compito di creare reti di supporto.

Alla base c’è la mancanza di rispetto. Sia nei confronti dei piloti rivali, diventati bersagli di odio gratuito, che delle persone che li tifano. Per chi fischia non esistono sfumature, solo il bianco o il nero. Pronti a denigrare i campioni degli altri team, lo sono altrettanto nel salire sul carrozzone nel caso in cui dovessero approdare nella scuderia che tifano. Dopotutto, non è difficile immaginare un Verstappen venerato dalle folle rosse se un giorno dovesse approdare in quel di Maranello, così come è stato per tanti prima di lui, a cominciare da Michael Schumacher. Non si può che avvertire l’amaro in bocca, sentendo certi fischi tonanti dal vivo. Perché se l’amore è cieco, l’odio, pur sembrando miope, in realtà ci vede benissimo. E finisce per guastare la festa rossa di Monza.

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