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Quando a Imola sono scoccate le 14.17 del 1° maggio e alla curva del Tamburello è sceso il silenzio, ha cominciato a piovere. Bagnati dalle prime gocce, anche gli animi più razionali non hanno potuto fare a meno di pensare che non si trattasse di una casualità. Dopotutto, Ayrton Senna, di cui oggi all’Autodromo Enzo e Dino Ferrari si commemorava il trentesimo anniversario della scomparsa, si esaltava sul bagnato.
Dopo aver perso una gara con i kart perché finito lungo proprio in quelle condizioni, il giovane Senna si mise in testa di doversi migliorare fino ad avvicinarsi il più possibile alla perfezione e non ricadere nell’errore. Ogni volta in cui pioveva, si metteva il casco e si allenava, con la tenacia con cui avrebbe vissuto tutta la sua esistenza. Fu così che Senna pose le basi per alcune delle sue prestazioni più memorabili: Estoril 1985, Suzuka 1988, Donington 1993. Il denominatore comune? La pioggia.
Non può essere frutto del caso che a trent’anni esatti dallo schianto in cui Ayrton Senna perse la vita, alla curva in cui terminò la sua esistenza si sia messo a piovere. Prima qualche goccia, poi sempre più battente, come se Ayrton in qualche modo volesse far sentire la propria presenza. Lo ha sottolineato anche suo nipote Bruno, presente come rappresentante della sua famiglia a Imola per la ricorrenza, così come Rudolf e Margit Ratzenberger lo sono stati per il figlio Roland.
C’era un’atmosfera surreale a Imola nel giorno di Roland e Ayrton, con una coltre di polline a muoversi dolcemente nel vento, come ad accompagnare le tantissime persone accorse in autodromo per ricordare Ratzenberger e Senna. Percorrendo quelli che sono stati gli ultimi metri della loro vita, l’aria brulicava di parole di tante lingue diverse. Brasiliani, giapponesi e non solo: tutti accorsi da lontano per omaggiare due uomini la cui vita si interruppe troppo presto.
Risulta incredibile come Senna ancora oggi, a trent’anni dalla sua scomparsa, eserciti un magnetismo incredibile. Talmente potente da affascinare anche i bambini di oggi. Due piccoli, in sella alle loro biciclette, si sono fermati incantati a osservare le bandiere e gli altri oggetti appesi intorno al memoriale di Senna. Erano più piccoli di quanto non fossi io quando trent’anni fa accadde l'irreparabile, eppure ci siamo ritrovati insieme, a percepire l’amore che gira intorno alla statua di Senna.
I bambini assorbono tutto, come se fossero delle spugne. Così come io, in quel lontano giorno del 1994, capii che era successo qualcosa di tragico, oggi loro hanno sentito qualcosa di speciale, che li ha accomunati ai grandi. È una nuova generazione di appassionati che naturalmente è destinata a gravitare verso un pilota e un uomo unico, capace di attraversare i confini dello spazio e del tempo per raggiungerli.
Mentre la pioggia continuava a scendere, ha preso la parola Rudolf Ratzenberger, che da trent’anni, insieme alla moglie Margit, gira il mondo per ricordare Roland. Riesce difficile pensare a qualcosa di più straziante di due genitori che, con una compostezza incredibile, da tre decenni vivono l’assenza pesantissima di un figlio che è rimasto stregato dalle corse senza che loro potessero fargli cambiare in alcun modo idea.
Finita la commemorazione, cui hanno partecipato, tra gli altri, anche Stefano Domenicali e Gian Carlo Minardi, oltre alle autorità nazionali, internazionali e locali, ha smesso di piovere. Così come era arrivata dal nulla proprio quando il clima sembrava tenere, la pioggia se n’è andata. Dopo aver segnato alcune delle pagine più significative della carriera di Senna, ha voluto ricordarci che Ayrton, così come Roland, resta nascosto nella fibra della pista dove si è conclusa la sua corsa, alle 14.17 di domenica 1° maggio 1994.