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Max Verstappen si è rivelato veloce, con la sua RB21 nei test prestagionali 2025 della Formula 1 in Bahrain. Il suo tentativo sul giro secco messo a segno venerdì pomeriggio sembrava una dichiarazione di intenti verso il suo quinto mondiale consecutivo. Ma mai come nei test il cronometro è bugiardo. Per quanto si è visto a Sahkir, la Red Bull è destinata a inseguire, e non a essere inseguita, nell’ultima stagione dell’attuale regolamento tecnico. Per capire il perché, bisogna ripercorrere il modo in cui Verstappen è arrivato a ottenere il suo tempo.
Ci sono volute ore di tentativi a livello di assetto, con un continuo scambio delle due specifiche dell’ala anteriore portate in Bahrain e lunghe modifiche alle regolazioni, per portare Verstappen nelle condizioni di esprimersi al meglio in pista. Che la Red Bull stesse ancora cercando risposte mentre i test volgevano al termine lo si è capito dall’uso del flow-viz, la paraffina impiegata dai team per studiare accuratamente i flussi durante l’attività in pista. C’è qualcosa che continua a sfuggire, nonostante i cambiamenti apportati alla RB21 rispetto alla vettura che l’ha preceduta.
Vista di primo acchito nelle immagini dello shakedown della scorsa settimana, sembrava che la RB21 fosse un clone della RB20. Ma in realtà i tecnici di Milton Keynes sono intervenuti sul fondo e sulla filosofia delle masse radianti, tornando sui loro passi rispetto al packaging soffocante che lo scorso anno aveva messo a repentaglio l’affidabilità del pacchetto per una maggiore efficienza aerodinamica. È l’atto finale di un dietrofront cominciato nel 2024 in Ungheria con un aggiornamento volto a preservare la tenuta della macchina.
La speranza della Red Bull era che questi correttivi potessero allungare la coperta corta a livello di bilanciamento che ha fortemente condizionato la scorsa stagione del team. Ma in Bahrain si è rivista la disconnessione in termini di bilanciamento del 2024, con una limitazione in termini di rotazione della macchina evidente soprattutto nelle curve a media velocità. Non sarà un mostro inguidabile come lo era la RB20 a Monza, ma la RB21 per ora non riesce a mettersi alle spalle le debolezze della monoposto che l’ha preceduta.
A ben vedere, il crono colto da Verstappen non sorprende. Anche lo scorso anno sul giro secco in alcune circostanze Max era stato capace di piazzare una zampata. Ma farlo con costanza sulla distanza di gara è un altro paio di maniche. Potrebbero anche essere semplicemente problemi di gioventù, ma gli indizi portano a dei potenziali inconvenienti di correlazione, simili a quelli già visti lo scorso anno. D’altronde, la galleria del vento della Red Bull resta obsoleta, in attesa che la nuova, già in fase di costruzione a Milton Keynes, sia completata.
Lo scorso anno a Monza Christian Horner usò un’efficace metafora per far comprendere quanto sia complesso leggere i dati provenienti dalle diverse fonti a disposizione dei team: “è come stabilire l’ora esatta con tre orologi diversi”. E diventa pure più complesso se uno di questi non è sufficientemente preciso. Che la Red Bull possa soffrire ancora di problemi di correlazione lo si intuisce dalle lunghissime tempistiche per trovare una base da cui lavorare sul bilanciamento nel corso dei test.
Se non si hanno queste fondamenta, arrivare preparati in pista diventa un esercizio complesso. In un normale weekend di gara il tempo a disposizione per fare esperimenti è decisamente più limitato rispetto ai test. E nei fine settimana con le Sprint, con una sola sessione di prove libere, lo è ancora di più. Il problema della Red Bull RB21 non è il fatto di non poter essere veloce, ma il tempo che le serve per diventarlo. Delle scuderie di testa, la Red Bull sembra arrivata in affanno alla corsa per il mondiale. Ma sono solo le prime sensazioni, di cui avremo conferma da Melbourne in poi.