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Brasiliano, di San Paolo, come Ayrton Senna e Rubens Barrichello. Ma Felipe Massa, come carattere, ricorda più Nelson Piquet, che è di Rio, rispetto ai suoi illustri compaesani. La storia di Felipe, come pilota, ricorda quella di Rubens Barrichello. Anche Massa, come Rubens, è di origini italiane (i bisnonni sono di Cerignola, in provincia di Foggia) e come Rubens ha mosso i primi passi affidandosi a quella fucina di campioni che è la Draco Racing di Adriano Morini. Il destino dei due piloti paulisti sembra scritto in un libro in cui le storie si divertono ad intrecciarsi. Gli inizi, con le formule promozionali, sono state in comune, ma il carattere di Felipe, rispetto a quello sensibile di Barrichello, è tutta un’altra storia.
Massa: un giovane ribelle alla Sauber
Lo sa bene Adriano Morini che per svezzare questo ragazzino tutto talento, ci ha impiegato del tempo e degli sforzi inutili: carattere difficile, guascone e sfrontato. Di chi è sicuro di quello che fa e non teme confronti. Un brutto soggetto da plasmare, ma dal talento enorme che una volta instradato è certo darà grandi soddisfazioni. E in quegli anni Morini di soddisfazioni ne ha avute. Felipe viveva praticamente in casa in Versilia, ma mentre Barrichello andava a mangiare in autogrill e guardava le auto sfrecciare in autostrada, Felipe cercava subito il lato migliore delle cose. Ovvero, andava alla scoperta del meglio che potesse offrire il posto, come mare, sole, ristoranti e ragazze. Un’altra scorza, insomma, uno che andava forte ma non sapeva il perché. In quegli anni di apprendistato Morini ha cercato di dare una via da seguire a Massa e i titoli europei nella F.3000 e i risultati ottenuti un po’ qua e un po’ là, gli hanno dato ragione.
Dopo questo inizio garibaldino, il problema più grosso era fare il passo definitivo verso la F.1 e Felipe Massa non ci ha messo molto a convincere Peter Sauber. Ma dire Sauber voleva dire Ferrari, che forniva i motori alla scuderia svizzera, per cui fin dall’inizio, ovvero dal 2001, la carriera di Massa è stata seguita sotto la lente da chi conta a Maranello. Quando prendi un giovane di talento e lo metti al volante di una F.1, i casi sono due: o va talmente piano perché si fa intimorire dalla vettura, o va come un ossesso rischiando di rovinare l’approccio. La giusta via di mezzo è quella che cercava Peter Sauber e quando a fine 2001 dovette sostituire Kimi Raikkonen, passato alla McLaren, ci furono pochi dubbi su chi affiancare a Nick Heidfeld. A distanza di tempo Sauber ricorda ancora il pregio che lo colpì di Felipe Massa: “La velocità nelle curve del Mugello, per uno debuttante vedere che in telemetria faceva le stesse cose, se non meglio, di Heidfeld, era il sintomo che il ragazzo aveva i numeri e le qualità per affrontare la F.1”. E così fu: nella stagione 2002 Peter Sauber affidò una monoposto al giovane Massa che alla seconda gara andò subito a punti, cogliendo un sesto posto in Malesia.
L'incontro con Nicholas Todt: è la svolta
Insomma, la scommessa era vinta: il giovane aveva i numeri al volante, mancava qualcosa a livello caratteriale. La F.1 per il giovane Felipe era un gioco, un ambiente divertente tutto da scoprire con le sue tentazioni e le sue trasgressioni. Quando si è giovani, appena 21 anni, è facile perdere di vista la strada giusta e fu così che, durante quella stagione, in Peter Sauber cresceva la rabbia nel vedere un talento enorme sprecato per mancanza di disciplina. Sauber divenne più duro, impose dei ritmi di vita a Massa che il pilota soffriva. E si arrivò alla rottura: il costruttore svizzero decise di lasciare a piedi Massa nella stagione 2003, ma qui arrivò la chiamata provvidenziale della Ferrari, perché Sauber non aveva scaricato Felipe per incapacità, ma solo perché non capiva che la vita del pilota di F.1 andava vissuta in maniera diversa. In quell’epoca accade un altro episodio che cambiò la vita di Massa.
Al fianco di Michael Schumacher, Massa ha imparato come affrontare una gara, come preparare una monoposto, che visione di gara avere nei diversi frangenti
Divenne amico di Nicholas Todt, il figlio di Jean, il responsabile della GES Ferrari. I due andavano d’accordo, erano giovani e appassionati, ma l’esempio illustre del padre al timone della Ferrari e l’esperienza maturata, fecero capire a Nicholas Todt che bisognava imporre un cambiamento nella vita di Felipe. Un conto era se a farlo Peter Sauber, un uomo di una certa età che un giovane vede sempre come un essere di un altro pianeta, un altro se è uno della tua età, o poco più, che ti consiglia da amico. In quella stagione 2003, al volante della Ferrari, ma solo nei test, Massa capì che per sfondare in F.1 non bastava solo il talento. Fu un anno di apprendistato, in cui Massa con Todt jr strinse un rapporto di collaborazione più stretto, fino a quando, a fine stagione, Felipe si ripresentò da Sauber per essere rimesso alla prova. Ma con Nicholas Todt nelle vesti di manager e consigliere. In squadra c’era Giancarlo Fisichella, uno esperto e fra i più quotati piloti della F.1, il confronto era duro ma stimolante.
Il periodo in Ferrari e il sogno Mondiale
Nel 2005 fu la volta di Jacques Villeneuve a spronare Felipe e quando a fine stagione la Ferrari annunciò l’ingaggio di Massa per la stagione 2006, era evidente che il processo di maturazione del giovane brasiliano si stava compiendo. Nel frattempo era accaduto un altro episodio che aveva cambiato la vita di Felipe: la conoscenza di Rafaela, il fidanzamento, poi il matrimonio e il figlio, e lo stringere un rapporto più maturo che gli ha dato una visione completamente diversa del fare il pilota di F.1 rispetto al debutto, ma anche una stabilità umana che prima non aveva. La consapevolezza di essere maturato, la capacità di sfruttare al massimo una monoposto di F.1 e il saper stare in una grande squadra come la Ferrari, hanno completato il quadro umano e sportivo di Felipe Massa. La stagione 2006 è stata importante al pari di quella del 2003, l’anno della panchina. Al fianco di Michael Schumacher, Massa ha imparato come affrontare una gara, come preparare una monoposto, che visione di gara avere nei diversi frangenti. La crescita è stata costante, con qualche incidente di percorso inevitabile quando si diventa grandi. Come al via del primo GP in Australia, quando Massa fu coinvolto in un incidente multiplo alla prima curva. Ma in Malesia ci furono i primi punti e al Nurburgring il primo podio.
E’ stata una stagione in crescendo tenendo sempre di mira il maestro, il campione che senza volerlo dava insegnamenti al giovane Felipe. Osservare e fare tesoro delle esperienze di Schumacher, è stato questo l’altro passo in avanti di Massa come pilota, al punto che in una caotica gara come quella di Istanbul, anno 2006, Felipe è riuscito a cogliere la prima vittoria in F.1, anche se la prima pole, ottenuta appena 24 ore prima, sembrava il frutto del caso. Invece no, erano i sintomi della maturazione di Massa come pilota di vertice, in grado di lottare per la vittoria come deve essere un pilota della Ferrari. Il finale di stagione è stato esaltante, con un’altra pole position a Suzuka, la pista fra le più complete del mondiale. Andare forte lì vuol dire andare forte dappertutto.
Oggi, a distanza di anni, vedendo Felipe Massa e quello che ha fatto, Peter Sauber è contento
Il trionfo in Brasile, davanti al suo pubblico
E poi il tripudio: in Brasile, gara maledetta per i piloti locali, dopo la pole la cavalcata solitaria e la vittoria nella corsa di casa, quella dove i piloti brasiliani darebbero anni della loro vita pur di primeggiare. In precedenza c’era riuscito Ayrton Senna, da allora a Rubens Barrichello era sempre mancato qualcosa. A Felipe Massa no, quel giorno di ottobre a San Paolo, il pilota della Ferrari non ha sbagliato nulla. E con quella visione negli occhi, il sapore del successo ottenuto e il terzo posto nel mondiale piloti, Felipe Massa ha capito che per la Ferrari si può osare di più. Si può sognare un titolo mondiale oltre alle vittorie in gara. Lo ha fatto anche nel 2007, quando al posto di Michael Schumacher, il destino gli ha messo a fianco Kimi Raikkonen, un pilota cresciuto anch’egli alla scuola di Peter Sauber, l’orco severo della F.1 e forgiatore di campioni.
Poi la disastrosa e incredibile stagione 2008, quella del titolo mancato per 500 metri all’ultima gara, l’incidente a Budapest l’anno dopo, la convalescenza, la ripresa e l’addio alla Ferrari per trovare nuova vita alla Williams. Oggi, a distanza di anni, vedendo Felipe Massa e quello che ha fatto, Peter Sauber è contento: la sua durezza nel punire un carattere ribelle per farne un campione, ha avuto ragione. Anche se quel campione, oggi, corre con altra squadra, ma è un sacrificio che da Hinwill Peter Sauber aveva messo in conto fin dal primo momento.