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Con Monza fanno quattordici i gran premi disputati in questa stagione: il mondiale di Formula 1 è aritmeticamente a due terzi del suo svolgimento e Lewis Hamilton con i 30 punti di vantaggio accumulati su Sebastian Vettel sembra sempre più vicino alla 'quota Fangio', ovvero il 5° titolo iridato.
Perdere entrambi i titoli pur disponendo della formidabile SF71H è un rischio oggettivamente concreto e la premessa aumenta l'eventuale rimpianto. E' vero, i punti lasciati per strada da Vettel non sono pochi. Magari non 60 come sostengono i milioni di ingegneri del lunedì in servizio permanente effettivo nei migliori e peggiori bar d'Italia.
Chi critica il ragazzo di Heppenheim ha indubbie ragioni ma chi lo fa ad oltranza ha la memoria corta perchè questo significa ignorare corse eccezionali, Bahrein e Silverstone in primis. Le gare 'incriminate' sono 5, a partire da quella di Baku con l'attacco finale alla Mercedes di Bottas, costato a Seb vittoria e podio. C'è un dettaglio non trascurabile: su una pista con un rettilineo di oltre 2 km, non attaccare avrebbe potuto significare essere attaccato....e indovinate un po'chi si trovava dietro alla Ferrari numero 5 nel momento topico.
In Francia Sebastian ha un contatto con Bottas ritrovandosi in fondo al gruppo, penalizzato oltretutto di 5 secondi: grande la rimonta fino ad un quinto posto che però avrebbe potuto essere comodamente un terzo.
Alla luce delle performances sempre più plateali offerte attualmente in pista dal finlandese della Mercedes, non sarebbe un cattivo esercizio riguardare l'entrata in curva 1 dei due piloti delle Frecce d'Argento in quel frangente.
Il terzo episodio, in Austria, è in realtà un errore unicamente imputabile alla scuderia che durante il Q2 non ha avvisato il tedesco dell'arrivo della Renault di Sainz che viene involontariamente rallentato.
Nonostante lo stesso pilota spagnolo abbia minimizzato l'accaduto, i commissari hanno retrocesso la Ferrari numero 5 dal 3° al 6° posto sulla griglia. Il terzo posto finale di Vettel assume innegabilmente le sembianze del suicidio di squadra alla luce del doppio ritiro di Bottas e Hamilton.
Probabilmente sono due gli errori gravissimi commessi dal ferrarista. Il primo, 'in casa sua', sulla pista di Hockenheim: al giro 52 è l'unica vittima della pioggia che cade solo su alcune zone della pista.
E poi Monza, storia attuale.
E allora tutti ad affidarci alle statistiche del passato per trovare tracce di rimonte leggendarie.
Quella di Prost su Piquet-Mansell nel 1986.
Quella di Kimi su Alonso-Hamilton nel 2007.
E naturalmente Hunt su Lauda nel 1976.
Ma qualcuno ricorda l'estate del 2000?
Michael Schumacher è alla quinta stagione in Ferrari, con la sua F1-2000 ha calato un tris vincendo i primi 3 appuntamenti stagionali in Australia, Brasile e Imola.
Il primo scivolone della stagione avviene durante il gp di Monaco: Schumi domina ma a poco più di 20 giri dalla fine rallenta di colpo e rientra ai box con la sospensione posteriore sinistra danneggiata a causa di un problema con lo scarico. Tornato alla vittoria in Canada – cancellando l'erroraccio dell'anno precedente - il Kaiser non ha idea dell'estate da incubo che lo attende.
Domenica 2 luglio a Magny Cours parte in pole ma viene costretto al ritiro dalla rottura del motore mentre è secondo.
Due settimane dopo in Austria va ancora peggio. Schumi scatta dalla quarta casella ma alla prima curva viene tamponato da Ricardo Zonta (eh, i corsi e ricorsi storici del destino....), si gira e viene centrato da Jarno Trulli, che gli distrugge una sospensione e lo costringe al ritiro.
A coronamento di un luglio disastroso, lo start di Schumi nel gp di casa sembra un remake dell'Austria: questa volta è Fisichella a tamponarlo alla prima curva ponendo fine alla sua corsa. Quel giorno però è Barrichello il salvatore della patria rossa con una rimonta leggendaria dal 18° posto in griglia, in ogni modo Hakkinen e Coulthard salendo sul podio arrivano a -2 dal capoclassifica.
Cambia il mese ma non il copione, siamo pur sempre in estate. Il 13 agosto si corre in Ungheria e il Kaiser scatta dalla pole: male perchè Hakkinen lo brucia, si invola, vince e si porta pure in testa alla classifica. Per fortuna il mese prevede solo un altro gran premio, per giunta a Spa, roccaforte di Michael, ma parafrasando alla rovescia Ligabue, 'il peggio deve ancora venire'.
Hakkinen conquista la pole position davanti a Trulli e ad un giovanissimo Jenson Button, alla prima stagione in Formula 1, su Williams. Schumi scatta quarto su una pista bagnata che obbliga l'utilizzo della safety car per la procedura di partenza.
Poco male. Al 13° giro Hakkinen tocca la riga bianca alla curva Stavelot, va quasi in testacoda nell'erba e la Ferrari numero 3 passa al comando.
Sembra fatta. Sembra, perchè dopo il pit stop il finlandese spinge come un ossesso e al 40º giro sferra l'attacco sul rettilineo del Kemmel, con il rivale tedesco che lo chiude senza troppi complimenti costringendolo ad alzare il piede. Giro 41. Stesso punto, scenario mutato: davanti ai due c'è la BAR di Ricardo Zonta da doppiare.
Schumi passa all'esterno ma Hakkinen, dopo aver sfruttato tutta la scia disponibile, si butta all'interno spiazzandolo e completa il sorpasso alla staccata andando a vincere la gara. Mika, che dopo il Canada era sotto di 24 punti (56-32), comanda dopo la tappa belga con 6 punti di vantaggio sul Fenomeno di Kerpen.
Nel volgere di un'estate gli ha guadagnato complessivamente 30 punti. Con il vecchio sistema di punteggio. Pazzesco.
Passano appena 3 giorni e avviene un episodio emblematico. Giovedì 30 agosto Schumacher è a Monza per i consueti test che precedono il GP d'Italia. Si palesa a sorpresa l'Avvocato Gianni Agnelli, s'intrattiene con il suo pilota e c'è un'immagine che la dice lunga di quell'incontro: Michael con le mani mima il sorpasso subito da Mika.
I tabloid tedeschi nel frattempo approfittano del momento delicato per ipotizzare un addio tra le parti a fine stagione. Per fortuna, come cantavano i Righeira 'l'estate sta finendo' e da Monza Schumi piazza il break finale. Imperioso. D'altronde Michelone è il Kaiser della nostra era. Vince in Italia e si ripete negli Usa.
Domenica 8 ottobre, a Suzuka, interrompe un digiuno durato 21 anni ed inizia un ciclo irripetibile per la scuderia di Maranello.
Per la cronaca, in Malesia, sede dell'ultimo appuntamento stagionale, ottiene la nona vittoria stagionale.
Con i ricordi non si vincono i mondiali, nemmeno con le suggestioni numeriche. Questo Vettel lo sa bene e con lui tutta la squadra. Ed è paradossale l'idea che la rimonta rossa debba iniziare proprio da Singapore, circuito che lo scorso anno ha decretato l'inizio della fine dei sogni.
Ma le sfide difficili, a volte impossibili, a volte vinte e altre perse, sono la spina dorsale di un sogno immortale chiamato Ferrari.