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Max Verstappen il Gran Premio del Giappone 2025 di Formula 1 l’ha vinto ieri, con quella pole position contro ragione che gli ha permesso di controllare la corsa di oggi con la freddezza di chi è abituato al successo. Su un tracciato su cui sorpassare è tutt’altro che semplice, il quattro volte campione del mondo ha sfruttato sapientemente il vantaggio di posizione di pista, dopo aver regolato in partenza Lando Norris senza alcuna difficoltà. Il paradosso della F1 di oggi, in cui avvicinarsi troppo all’avversario che si tallona rischia di compromettere la gara dell’inseguitore, ha annichilito il vantaggio in termini di performance della McLaren MCL39.
Certo è che Lando Norris dovrebbe avere qualcosa da recriminarsi. In un contesto in cui il degrado contenuto degli pneumatici ha nuovamente appiattito le strategie, Norris è stato aggressivo nell’unico momento in cui non aveva senso esserlo. Il suo tentativo matto e disperatissimo di passare Verstappen all’uscita dai box gettandosi sull’erba non è servito a nulla, così come le sue lamentele via radio per un’ostruzione da parte di Verstappen che non si era verificata davvero. Poi è rimasto alle spalle di Max come un leone in gabbia. Forse per la paura di compromettere le sue gomme nell’aria sporca, o forse perché sapeva che Verstappen è un cliente molto scomodo.
Viene da pensare che Norris avrebbe potuto perfezionare almeno un tentativo di attacco, anche se il secondo e il terzo posto colti dalla McLaren rappresentano un risultato pesante in ottica Costruttori. Se Norris vuole vincere davvero il mondiale piloti - per ora è ancora primo in classifica, poi si vedrà – conviene che cominci a adottare lo stesso atteggiamento di Oscar Piastri, arrembante sul finale nel giorno del suo ventiquattresimo compleanno. A impedirgli di lottare per la vittoria oggi è stata la qualifica, in cui per pochi millesimi si è dovuto accomodare sulla terza casella.
Piastri nel corso della gara ha sottolineato di avere un ritmo migliore rispetto a Norris, ed effettivamente era così. Viene da chiedersi cosa avrebbe potuto fare Piastri se si fosse trovato al posto del suo compagno di squadra. Ma un avvicendamento tra i due piloti papaya sarebbe stato potenzialmente rischioso, e raccogliere il massimo numero di punti era la cosa più importante. Oscar, però, ha la mentalità e il piede per avere un ruolo di primissimo piano in McLaren quest’anno, a patto che sia costantemente efficace in qualifica, circostanza in cui Norris fa ancora la differenza.
Non avrebbe potuto fare meglio del quarto posto, invece, Charles Leclerc. Forse George Russell ha compromesso la possibilità di stargli davanti a fine gara rimanendo nella sua orbita per parecchi giri nel primo stint con le medie, e così Leclerc ha portato a casa il miglior risultato possibile. Che lo sia un posto ai piedi del podio è il segnale della difficoltà di un team che avrebbe dovuto puntare alla vittoria. Il problema, come sottolineava Leclerc già prima del weekend di gara e ha ribadito dopo Suzuka, è che alla SF-25 manca performance. Il gap di circa tre decimi al giro sulla McLaren è stato esposto chiaramente in una corsa lineare in cui la Ferrari, a livello di esecuzione, non ha sbagliato nulla. Pensare di colmare il divario con l’aggiornamento del Bahrain – che, ricordiamo, è stato deliberato ben prima che fossero esposte le debolezze della SF-25 – è utopico.
Lewis Hamilton ieri ha confermato che la Ferrari SF-25 non viaggia all’altezza da terra ideale, e questo non può che avere un influsso anche in gara, tenendo conto, oltretutto, del maggior quantitativo di carburante a bordo. Ma è solo la conseguenza del problema di controllo della piattaforma i cui correttivi dovranno giocoforza attendere. Ci vorrà del tempo perché in pista si possano vedere degli aggiornamenti mirati, e fino a quel momento sarà difficile estrarre più performance rispetto a quanto visto finora.
In ogni caso è stata una gara negativa per Hamilton, ancora ben lontano dal poter sfruttare al meglio il pacchetto a sua disposizione. Se è vero, come ha sottolineato Vasseur nel post-gara, che il delta prestazionale tra media e hard era contenuto, lo è altrettanto che il ritmo di Hamilton è stato insufficiente. Le esitazioni del sette volte campione del mondo nelle parti più veloci del tracciato dimostrano che è ancora lontano dal limite. La scelta di assetto deliberata per essere più efficace in gara non ha pagato, e Hamilton non riesce ancora a dare un contributo fattivo in questo senso. Leclerc, dal canto suo, si dice certo di aver capito che direzione prendere per il suo stile di guida.
In ogni caso, l’ampio divario tra Carlos Sainz e Alexander Albon in Williams dimostra come nella F1 di oggi cambiare team – e sperimentare un motore mai usato prima – abbia un peso notevole sulle sorti dei piloti. Ma da un campione come Hamilton ci si attende ragionevolmente di più. La Sprint della Cina ha dimostrato che Lewis nelle circostanze giuste può ancora dire la sua. Ma con la SF-25 a Suzuka ha brancolato nel buio. A proposito di adattamento, Yuki Tsunoda ha fatto meglio di Liam Lawson in Red Bull, ma c’è tanto da affinare. Probabilmente era difficile che facesse di più con un’auto il cui picco di performance è difficilissimo da raggiungere per chi non si chiama Max Verstappen. Il potenziale per ridurre il gap, però, in questo caso sembra esserci.
E che grande potenziale ha Andrea Kimi Antonelli, il più giovane pilota di sempre a diventare leader di un GP di Formula 1 e a cogliere il giro veloce in gara. La sua progressione con le hard a fine gara dimostra la sua capacità di estrarre velocità dalla propria monoposto. Deve lavorare sulla performance con le soft per qualifica, ma contando che a Suzuka non aveva mai corso prima, la sua prestazione è stata convincente. È il primo rookie a cogliere punti nelle prime tre gare stagionali dopo quel Lewis Hamilton che oggi ha surclassato in pista. Roba da far tremare i polsi a chiunque. Ma come il vincitore di oggi, Max Verstappen, anche Antonelli non è uno qualunque.