Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su info@moto.it
La Red Bull, nella giornata di ieri, ha annunciato il rinnovo del contratto con Max Verstappen, blindandolo fino al 2028. L’accordo, di fatto un’estensione quinquennale dell’intesa fino al 2023 siglata a inizio 2020, dovrebbe garantire cifre astronomiche per l’olandese, sull’ordine dei 50 milioni di euro a stagione. Lauto stipendio a parte, quello tra Verstappen e Red Bull, più che da F1, pare un contratto da calciatore.
E il caso di Verstappen è tutt’altro che isolato. Anche altri giovani talenti della F1 si sono legati a lungo termine con il team che ha dato loro fiducia. Charles Leclerc, dopo una sola stagione in Ferrari, a fine 2019 siglò un quinquennale, con scadenza nel 2024. Lando Norris, invece, ha recentemente rinnovato con la McLaren fino al 2025. Intese, queste, che nascono da sodalizi profondi e – perché no – anche da valori condivisi. Leclerc e Norris, dopotutto, sembrano perfetti per Ferrari e McLaren, così come Verstappen lo è per la Red Bull.
Si tratta di una tendenza che in passato non si ravvisava nemmeno nel caso di sodalizi di lunghissimo termine, come quello tra Michael Schumacher e la Ferrari. Gli accordi tra Schumacher e la Rossa, infatti, solitamente erano impostati su base biennale o triennale. La vera differenza, probabilmente, sta nell’età dei piloti. Sono talmente giovani da avere davanti a sé più di dieci anni di potenziale carriera. E i team preferiscono blindare i propri talenti per evitare problemi in scadenza di contratto.
Curiosamente, lo stesso trend a lunghissimo termine sta interessando pure i circuiti, come dimostrano gli accordi monstre del Qatar – decennale – e, soprattutto del Bahrain, fino al 2036. Il senso di queste operazioni, in fondo, è lo stesso: assicurarsi una stabilità a lungo termine. Nel caso dei team, senza preoccuparsi troppo del corteggiamento da parte di altre scuderie. A questo si aggiunge una variabile potenzialmente esplosiva, un eventuale tetto agli stipendi che potrebbe porre fine in futuro a stipendi faraonici come quello di Verstappen. Ma la possibilità di avere un compenso astronomico più a lungo rispetto alla concorrenza potrebbe non essere sufficiente a trattenere un pilota come Max, se la Red Bull non dovesse garantirgli una monoposto competitiva nel tempo.
I contratti, in F1 così come nel resto dello sport, sono fatti per essere stracciati. O, quantomeno, presentano spesso delle clausole di uscita legate alle prestazioni. Sebastian Vettel, ad esempio, a fine 2014 riuscì a liberarsi anzitempo dal contratto con la Red Bull, in scadenza al termine della stagione 2015, per accomodarsi in Ferrari proprio grazie a un’opzione nel suo accordo che gli consentiva di sciogliere l’intesa prima del tempo. È lo stesso tipo di clausola che Verstappen – stando alle parole di Chris Horner lo scorso anno – aveva già nel contratto fino al 2023, poi esteso al 2028.
Il fatto che Verstappen abbia la velleità di diventare una bandiera della Red Bull - per quanto sia un’intenzione genuina - non vuol dire che Max non possa cambiare idea, in futuro. E in ogni caso nel 2028 Verstappen, a 31 anni, sarà abbastanza giovane per poter siglare ancora un paio di contratti a medio termine. Il tempo, così per come Norris e Leclerc, è dalla sua. Resta solo da capire chi, tra i talenti della F1 di oggi, imboccherà la strada giusta per un avvenire all'insegna del successo. E non è semplice comprenderlo al momento dell’accordo. Basta pensare a quanti avevano interpretato il passaggio di Hamilton in Mercedes come una mossa suicida per la carriera dell’inglese. Max oggi ha lo stesso numero di titoli in bacheca di Hamilton al momento dell’approdo in Mercedes. Solo il tempo ci rivelerà la bontà della sua scelta, che oggi appare più che sensata.