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«Il 2020 è stato sicuramente un anno bizzarro, ma in pista, soprattutto in termini di risultati, non ho raggiunto i miei obiettivi. Ci sono state molte gare strane e sfortunate, e corse che avrei dovuto vincere e in cui Lewis mi ha battuto. Questo è un dato di fatto. Penso che ogni anno in F1 ti renda più forte: il 2020 non è diverso da questo punto di vista. Ho avuto alti e bassi in ogni stagione. Sicuramente ho imparato moltissimo da ogni sconfitta. Per questo non vedo l’ora di correre le ultime due gare e ripartire da zero nel 2021, sperando di avere una stagione lineare senza particolari sfortune. Io, comunque, divento più forte ogni anno». È un Valtteri Bottas dallo sguardo e dal piglio determinato, quello che ci racconta il suo 2020 da uno schermo del PC prima del GP di Sakhir.
Le interviste da remoto – lui confinato una stanza in Bahrain, noi a casa, in pieno stile 2020 - sono solo la punta dell’iceberg di una stagione bizzarra, a tratti grottesca. Per chi segue le gare dalla TV, tolta l’assenza del pubblico, sembra cambiare poco, ma la realtà dei piloti è stata stravolta. «Tutto viene gestito da remoto, non vedo i miei ingegneri di persona durante il weekend di gara. Ho la mia stanza nel paddock, con il portatile e le cuffie, in cui svolgo tutte le riunioni. Poi mi metto il casco, e vado nel garage solo con la visiera abbassata. Cerchiamo di minimizzare i rischi. Non avere i fan, non avere eventi fisici con gli sponsor, è molto diverso. Ma quando salgo in macchina, è business as usual».
Un business non facile, per Valtteri, visto che i punti di ritardo rispetto al blasonatissimo compagno di squadra, Lewis Hamilton, pesano come dei macigni. Bottas ci tiene a sottolineare un dato di fatto decisamente frustrante, lo si capisce dal tono in cui lo dice, dalla sua necessità di spiegarlo. «In termini di risultati, lo scorso anno è andata meglio, ma la mia performance è stata migliore nel 2020». È mancata, insomma, una diretta correlazione tra la sua percezione di essere cresciuto e quanto ha effettivamente ottenuto. Il problema, naturalmente, si chiama Lewis Hamilton, la stella della Stella a tre punte.
Bottas ne riconosce non solo i meriti, ma pure la difficoltà nel fare meglio di lui: «Guardando ai numeri, Lewis è il pilota di maggior successo nella storia della F1. Non è un tipo facile da battere, per cui cerco sempre di trovare qualcosa di nuovo». E ritorna ancora la discrepanza tra quello che Bottas sente di saper fare e quello che traspare dai risultati. «Lo so che i numeri raccontano un’altra storia, ma in qualifica so di poter essere al suo livello o anche meglio. Lui, però, è assai costante, è molto spesso al massimo delle sue potenzialità, giro dopo giro, gara dopo gara. Merito del talento, ma anche della grandissima esperienza. Devo fare in modo di riuscire a mettergli sempre pressione in pista. Sono le piccole cose che fanno la differenza, anche se dai punti la disparità sembra più grande. Posso solo imparare dai miei errori».
Ma Bottas non sembra arrendersi al mero dato statistico, aggrappandosi alle sue ambizioni. «Se dovessi avere una stagione senza problemi, sono consapevole del fatto di potermi giocare il titolo. Non mi arrenderò, sono pronto a ricominciare da capo il prossimo anno. Lavorare sodo paga, prima o poi. Cerco di imparare dai miei errori». Imperfezioni che, spiega Bottas, riguardano soprattutto la costanza in gara, evidente dal mero dato statistico: quindici partenze al palo contro nove vittorie in carriera. «Quando si ottiene la pole position, si dovrebbe vincere. Ma la domenica è più importante del sabato, e ci sono tante cose che possono andare male, tante cose che il tuo compagno di squadra può fare meglio».
Bottas è onesto riguardo alle sue mancanze: «Sicuramente nella mia carriera sono partito male alcune volte dalla pole, ma ho imparato da questi sbagli. Diciamo che negli ultimi anni, la mia performance in qualifica è stata migliore del mio passo gara. Ma ho fatto progressi». E sulle ipotesi che non solo i fan, ma pure alcuni suoi colleghi, hanno fatto sulla possibilità di vincere con la Mercedes, dice: «Non è un segreto che essere nel team giusto faccia la differenza in F1. È sempre stato così. Sono solo supposizioni, quelle su chi vincerebbe in squadra con Lewis. Quest’anno è stato superiore, e penso che nessuno avrebbe potuto fare un lavoro migliore del mio con la macchina».
«La Mercedes – osserva, non a torto, e con un certo grado di fierezza, Bottas - potrebbe scegliere qualsiasi pilota sullo schieramento, e continuano ad optare per me, quindi so che percepiscono il lavoro che sto svolgendo. Ed è molto importante il mio rapporto con Lewis: possiamo batterci in pista, ma restiamo sempre una squadra. Senza conflitti interni, il team può crescere». E in effetti la coppia Hamilton-Bottas è a prova di scaramucce e dispetti in pista, a differenza di quanto successo prima con Nico Rosberg. Bottas riconosce anche di aver imparato molto da Hamilton, «e spero sia stato lo stesso anche per lui». Una convivenza perfetta, insomma, in un team che rimane una macchina da guerra, anche grazie a dei partner importanti.
Come Petronas, che lavora a stretto contatto con Mercedes da più di dieci anni, contribuendo, riflette Bottas, «molto di più di quanti possano pensare. È come se il motore fosse il cuore della macchina e il carburante il sangue. Ci sono molti fluidi che contribuiscono alla performance della vettura, e Petronas ci aiuta ad essere molto affidabili, uno dei nostri punti di forza. Ma anche in termini di prestazione: molto spesso, sono i millesimi a fare la differenza, e una partnership di questo genere, che va ben al di là di un logo sulla macchina, ci ha fatto fare passi da gigante negli anni».
Gli ingegneri di Petronas presenti in pista «svolgono un lavoro fondamentale nel weekend di gara. Se commettessero un errore, la macchina si fermerebbe in pista. Esattamente come la gara finirebbe nel caso di un mio, di sbaglio». Ma Petronas sarà pure un asset fondamentale nel caso in cui, come si ipotizza, il futuro della F1 sarà all’insegna dei carburanti ecosostenibili. «Sono sicuro che Petronas ci stia già lavorando. Avere un partner come Petronas, con mezzi notevoli e obiettivi sfidanti, aiuta moltissimo. E la sostenibilità è un valore importante. Se davvero i regolamenti cambiassero, inizialmente potrebbe fare una grossa differenza in termini di performance. Con Petronas, non ho dubbi che avremo un vantaggio».
In un anno in cui ha visitato nuove piste – la sua preferita il Mugello, «incredibilmente veloce», con curve che consentono traiettorie diverse – e ha sentito la mancanza di altre - Suzuka, «la pista migliore al mondo» – Bottas ha tratto alcuni insegnamenti di grande valore. «La cosa più importante che ho capito è che c’è vita dopo la Formula 1. Ci sono così tante belle cose da fare, una volta che la mia carriera in F1 sarà terminata. Essere riuscito a stare senza F1 per mesi ed essere comunque felice è stato importantissimo. Un anno del genere ti aiuta ad avere una prospettiva diversa su tante cose». Ma per ora Bottas rimane un punto fermo della Mercedes, forte di un contratto per il 2021 negoziato direttamente dal Dottor Ola Kallenius, CEO di Daimler. Alla faccia di chi vorrebbe prendere il suo posto.