F1. Umberto Benassi: "Se non corri per Ferrari ti manca qualcosa e spero che Hamilton vinca l'ottavo titolo"

F1. Umberto Benassi: "Se non corri per Ferrari ti manca qualcosa e spero che Hamilton vinca l'ottavo titolo"
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Umberto Benassi, storico "angelo del box" di Maranello, racconta l'evoluzione della Scuderia Ferrari dagli arbori all'arrivo di Michael Schumacher, e sull'ingaggio di Lewis Hamilton dice che...
7 ottobre 2024

Questa è una storia che potrebbe cominciare col classico “c’era una volta…”. Infatti, se guardiamo alla F.1 di oggi e la confrontiamo con quella di ieri, senza andare nemmeno troppo lontano nel tempo, c’erano delle figure altrettanto mitiche a fianco di quelli che erano i piloti o i costruttori di un tempo che fu. Alla Ferrari, per esempio, non c’erano solo i vari Villeneuve o Alboreto, Schumacher o Prost, per dirla tutta. C’era un gruppetto di angeli del box che erano la vera anima di una squadra da corsa. Parliamo di Ferrari, ma valeva per tutte le formazioni che disputavano il mondiale.

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Noi oggi abbiamo voluto dedicare uno spazio a uno degli angeli del box come Umberto Benassi, età indefinita, passione eterna per le corse. Entrato alla Ferrari nel 1969, ha seguito l’evoluzione della squadra che da artigianale è diventata una vera industria mondiale quando, a metà degli anni 2000, ha lasciato per raggiunti limiti di età. Ma nei box, quando capita, ci bazzica ancora: “Ogni tanto sento il richiamo della foresta” dice ridendo. “Poi mi vergogno a chiedere un pass perché oggi è diventato tutto così difficile e schematizzato, ma fra Domenicali e la Ferrari, devo dire sono sempre molto gentili e mi danno l’occasione per bazzicare i box a Imola e Monza quando capita”. Stavolta era capitato a Imola, dove con sguardo curioso guardava i giovani colleghi alle prese con le F.1 di oggi: “Tutta altra roba rispetto a quello che ho vissuto io – dice con umiltà – sono partito che eravamo in un capannone lungo e stretto, siamo arrivati poi a una gestione industriale da grande azienda. Avevo cominciato con Enzo Ferrari, sono arrivato a un presidente e a un CDA, ma la passione quella è rimasta sempre la stessa” ci dice mentre vorrebbe saltare dentro un box e armeggiare sulle auto di oggi: “Molto belle, complicate, incredibile l’evoluzione tecnica, ma ai miei tempi ogni tanto ci toglievamo delle soddisfazioni belle grosse…”. Quali, ad esempio, lo racconta lo stesso Benassi quasi con le lacrime agli occhi: “Vedi, oggi arrivi a una certa ora e vai fuori dal box, ai miei tempi si restava fino a tardi, a volte si dormiva nel paddock. Ricordo quando con Gilles Villeneuve passavamo le notti a riparare le auto, perché all’epoca mica si cambiava un pezzo, se potevi lo riparavi. E trascorrevi le serate a mangiare un piatto di pasta magari sulla fiancata dell’auto. Con Gilles c’era un bel rapporto, si parlava di tutto, era uno che andava forte con tutto quello che aveva per le mani”.

"Il pilota che ha influito di più su di me è stato Alain Prost"

Vero, ma oggi vige il coprifuoco e i 55 membri del team devono uscire altrimenti sforano il regolamento. “Ai miei tempi eravamo pochi, nemmeno una quindicina di meccanici. Però c’era un contatto diretto coi tifosi. Mi ricordo a Montecarlo con Alboreto che aveva distrutto la macchina in prova per colpa di Senna, mi pare. Abbiamo lavorato tutta notte per ricostruirla e verso l’alba, quando abbiamo messo in moto la macchina, è partito l’applauso dei tifosi che hanno seguito tutte le operazioni. Oggi è impensabile, anche perché non li fanno mica avvicinare al paddock”. Dal 1969 ad oggi, tanti piloti che hanno lasciato il segno, quale il più incisivo? “Guarda, farei un torto a qualcuno perché ognuno aveva una sua caratteristica precisa. Ma se devo essere sincero, il pilota che ha influito di più su di me è stato Alain Prost. Arrivava al box e ti diceva come andava la macchina, cosa fare e in che modo. Analitico, preciso, incredibile. Lì c’è stata una svolta, poi con Schumacher è cambiato l’approccio, il metodo, i sistemi ma erano anche altre macchine, per cui c’è sempre stata una evoluzione”. Hai fatto anche la controfigura nel film su Enzo Ferrari, eri insieme al povero Corradini e altri della tua epoca: “E’ stata una bella esperienza, serviva gente che avesse lavorato davvero in Ferrari e il regista ci ha presi per fare il nostro mestiere, in fondo dovevamo recitare da meccanici ed eravamo meccanici. Incredibile le volte che abbiamo dovuto rifare una scena, sempre con gli stessi gesti, sempre con particolari diversi. E’ stato bello, dai, spero sia piaciuto”. A dire il vero Benassi aveva già… recitato una parte a Vallelunga, 1999 per le finali mondiali della Ferrari. Al Nurburgring era sparita la famosa ruota posteriore di Irvine e a Vallelunga, durante il pit stop, Benassi si presentò vestito con una tuta bianca a strisce nere e il numero della Banda Bassotti, personaggi dei fumetti di Topolino. Rubò la gomma durante la sosta e scomparve nei box. Una Ferrari autoironica che sapeva ridere delle proprie disgrazie.

"Mi auguro che possa vincere il mondiale con la rossa"

Adesso si guarda al futuro, arriva Hamilton con Leclerc, come la vedi? “Dico che Hamilton alla Ferrari è il giusto coronamento di un pilota fortissimo, uno dei più grandi della storia della F.1 e se non corri per la Ferrari, ti manca qualcosa. Mi auguro che possa vincere il mondiale con la rossa, sarebbe la conclusione perfetta per entrambi. Mi piaceva molto Sainz, un bravo ragazzo, un lavoratore, educato, uno per bene. Ma sai, avendo la Ferrari nel cuore, poi alla fine conta che vinca quella macchina qua (e indica la rossa col cavallino) perché è lei che portiamo nel cuore”. Degna conclusione di una chiacchierata amichevole all’ombra di un motorhome, dove Umberto Benassi rappresenta la storia, la leggenda e quegli angeli del box che con lui, come Paolino Scaramelli, Corradini, Borsari e tanti altri, erano figure di riferimento per gli appassionati, eroi sconosciuti ma apprezzati dai tifosi di una volta che portano per sempre nel cuore le loro gesta.

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