F1: Toro Rosso, viaggio in una factory di Formula 1

F1: Toro Rosso, viaggio in una factory di Formula 1
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Viaggio nella factory della Toro Rosso a Faenza: ecco come si lavora in uno stabilimento di un team di Formula 1
7 giugno 2017

Quattro auto all'anno, forse cinque a seconda delle necessità. Come fabbrica è molto particolare ma in F.1 la regola è quella: due auto in pista la domenica, due di scorta e la quinta in caso di incidente. La Toro Rosso non fa eccezione e pur essendo una scuderia di media classifica, la tecnologia necessaria per competere è la stessa dei top team.

La differenza la fa il budget. Se per una scuderia come Ferrari e Mercedes la base di spesa è di 350 milioni di euro all'anno, la Toro Rosso ha un bilancio che non arriva a 120 milioni (117 per la precisione). Ad eccezione del motore (Renault) si costruisce tutto in casa, dal telaio alle sospensioni, dai dadi portamozzo al cambio. Carrozzerie comprese.

Intanto diamo un po' di numeri tanto per cominciare: 13 mila metri quadrati di superficie occupata, divisi in due capannoni, alla periferia di Faenza. 400 dipendenti, di cui oltre la metà con specializzazione e laurea in ingegneria meccanica, chimica e informatica. Un budget di spesa annuale di 117 milioni di euro (di cui il 20 per cento circa relativo alle spese del personale) e 59 milioni di incassi nel 2016 dovuti ai premi per il 7. posto nella classifica del mondiale costruttori e il restante introito derivante da sponsorizzazioni e lavorazioni esterne. Il bilancio di una squadra di media grandezza di F.1 si può riassumere in questi numeri, dove la tecnologia la fa da padrona e dove le spese riguardano gli investimenti in ricerca e sviluppo con l'unico scopo di andare più veloci possibili la domenica di un Gran Premio. 

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La storia della Toro Rosso è emblematica sotto certi aspetti. Quando si chiamava ancora Minardi, l'ufficio tecnico era composto da tre o quattro persone. Gente di valore, visto che Aldo Costa, il capo dell'epoca, è diventato il numero 1 dei tecnici Mercedes campioni del mondo dopo una lunga (e vincente) esperienza alla Ferrari nello stesso ruolo. Insomma, pochi ma buoni. Dopo l'acquisizione da parte della Red Bull per farne lo junior team in cui svezzare i campioni del domani (ricordiamo Vettel, Ricciardo, Buemi, Verstappen tanto per fare i nomi dei campionissimi ultima generazione) la Toro Rosso (traduzione italiana del nome inglese) è una realtà consolidata nel territorio.

Quando si chiamava ancora Minardi, l'ufficio tecnico era composto da tre o quattro persone. Gente di valore, visto che Aldo Costa, il capo dell'epoca, è diventato il numero 1 dei tecnici Mercedes

La ricerca e sviluppo avviene con un reparto tecnico che conta 40 persone, oltre 11 volte quelli che poteva permettersi la Minardi all'epoca. Ma anche il doppio di quelli che aveva la Ferrari nello stesso periodo se è per questo. Come dire che oggi, solo per competere nella metà classifica della F.1, ci vogliono investimenti importanti che non erano pensabile poco tempo fa.

E lo dimostra la continua ricerca nei nuovi materiali, come il windform, un misto di polietilene e polvere di carbonio, che viene usato con le stampanti in 3D per produrre dei pezzi da montare sulla vettura o da portare poi nelle 4 autoclavi per la cottura delle scocche e dei vari pezzi in carbonio. La ricerca di nuovi materiali, la sintesi di sostanze nuove e di applicazioni in settori disparati, fa della fabbrica di F.1 un gioiello sprecato al pensiero che serva solo per costruire 4 o 5 monoposto all'anno.

Lo sanno anche gli sponsor che hanno aderito al programma F.1. Ad esempio, la Casio che produce orologi, ha studiato un modello chiamato Edifice EQB 501 TRC in cui l'applicazione dell'elettronica delle comunicazioni, fra box e vettura in corsa, serve anche nelle connessioni dell'orologio applicato allo smartphone. Il tutto usando gli stessi materiali sofisticati e leggeri usati sulla monoposto.

Una sveglia da corsa, che invece di andare avanti deve spaccare il decimo di secondo con precisione assoluta. E infatti anche gli orologi da F.1 sono collegati ai satelliti con un margine di errore di un millesimo di secondo ogni 100 anni... Una cosa incredibile se si pensa che tutta la tecnologia applicata alle monoposto serve solo a far andare più veloci le vetture di Sainz a Kvyat, lo spagnolo e il russo che Toro Rosso sta costruendo come campioni del domani.

Le applicazioni tecnologiche studiate per la F.1 trovano riscontro anche nel campo della sanità. Ad esempio, dai compositi in carbonio per la F.1, l'allora team Minardi costruì le prime protesi per le gambe e le braccia sviluppate all'ospedale Rizzoli di Bologna. Oggi le stampanti in 3D usate con i materiali sintetici, oltre alle protesi possono produrre cuori artificiali, reni e altro ancora nella terapia medica. Di solito servono per fare sospensioni, telai, alettoni e altro ancora. Le stampanti funzionano collegate a computer cad cam. Il progetto viene replicato nella macchina dove uno spruzzatore inietta polietilene da un lato e polvere di carbonio dall'altra. Le due componenti vengono lavorate al laser che seguendo il progetto iniziale ne forgia le forme, il peso e sgrezza le parti superflue.

Le applicazioni tecnologiche studiate per la F.1 trovano riscontro anche nel campo della sanità. Ad esempio, dai compositi in carbonio per la F.1, l'allora team Minardi costruì le prime protesi per le gambe e le braccia sviluppate all'ospedale Rizzoli di Bologna

Per ora si producono parti di sospensioni e scocca, che non devono sopportare certe sollecitazioni. Le stesse stampanti costruiscono il modello della scocca che servirà per il telaio. Il windform al momento non ha la resistenza agli urti del composito usato per la scocca. Il progetto viene però realizzato partendo dallo stesso principio e quindi dal cad cam si realizza un campione di scocca, sul quale verranno poi spalmate le pelli di carbonio nell'ordine previsto dal progetto. Si ottiene un manichino che funge poi da stampo al telaio vero e proprio che viene sottoposto poi a crash test nei laboratori di Bollate, una volta ottenuta l'omologazione, si passa alla realizzazione di tutti i telai necessari nelle sale a umidità e temperatura controllata.

La lavorazione dei compositi, poi, è un altro fiore all'occhiello. In questo reparto, tenuto sotto controllo ambientale per avere umidità e temperature costanti, lavorano molte donne (l'80 per cento) perché le signore sono più brave e attente nella stesura dei fogli di carbonio rispetto ai maschi. Eppure, nonostante tutte queste attrezzature e tecnologia, la Toro Rosso è una squadra che non ha una galleria del vento come Red Bull, Ferrari e Mercedes, i motori li fornisce la Renault chiavi in mano (22 milioni il costo del noleggio annuo) e si limita a costruire telai, sospensioni, cambi e tutto quello che serve. Sempre il più velocemente possibile rispetto ai rivali. Anche questa è F.1, ma vista dall'altro lato della barricata.

Il materiale di scarto delle lavorazioni viene buttato. Il carbonio, infatti, non può essere riusato. Ma è anche vero che l'accuratezza nella produzione prevede che il 98 per cento di quanto si costruisce in composito sia già perfetto. I costi? Un alettone anteriore, una volta finito e ammortizzato i costi di ricerca in galleria del vento, può arrivare a 150 mila euro, 120 mila un telaio (è meno complicato). La cosa che costa meno? I dadi delle ruote, realizzati in alluminio da un blocco di pieno. Con 200 euro si può comprare un dado. Peccato che fra prove e gara, in seguito ai numerosi pit stop, ce ne vogliano una decina di pezzi...

 

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