F1, Senna e non più Senna: i piloti salvati grazie alla sicurezza post Imola

F1, Senna e non più Senna: i piloti salvati grazie alla sicurezza post Imola
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L’incidente mortale occorso ad Ayrton Senna nel 1994 ad Imola portò ad aumento della sicurezza che negli anni ha salvato la vita a molti piloti. Ecco qualche esempio
30 aprile 2020

La tragica scomparsa di Ayrton Senna ad Imola nel Gran Premio di San Marino del 1994 provocò una rivoluzione copernicana in termini di sicurezza in Formula 1. La morte della stella più brillante del firmamento del Circus dell’epoca, paragonabile in quanto a magnitudine solo a quella di Jim Clark 26 anni prima, scatenò una serie di cambiamenti alle piste e alle vetture che finirono per salvare la vita ad alcuni piloti negli anni successivi.  

Lannus horribilis della F1, quel 1994 che oltre alla morte di Roland Ratzenberger e Ayrton Senna a Imola vide anche gravi incidenti per Pedro Lamy e Karl Wendlinger, finito in coma dopo un forte impatto occorso a Montecarlo, portò ad un aumento della sicurezza in pista, consentendo a diversi piloti nel corso degli anni di uscire indenni da incidenti che solo qualche tempo prima si sarebbero potuti rivelare fatali.

Basti pensare a quanto successo a Martin Brundle nel Gran Premio d’Australia 1996 a Melbourne. Nel corso del primo giro della corsa, Jean Alesi sopravanzò Hakkinen e Barrichello, scatenando una reazione a catena di frenate dei piloti che seguivano per evitare il prossimo. In questa fase, Coulthard scartò sulla sinistra e toccò Herbert, costringendo quest’ultimo ad una brusca decelerazione

Alle spalle di Coulthard e Herbert c’era Brundle, che non riuscì ad evitare i due piloti che lo precedevano. L’inglese fu letteralmente spedito in aria e finì capovolto nella ghiaia in curva 3. Anche se la sua Jordan 196 riportò gravi danni – fu quasi spezzata in due – Brundle riuscì ad uscire con le proprie gambe dalla sua monoposto. Non solo: si precipitò ai box per salire sul muletto e riprendere la corsa.

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Quattro anni più tardi, il campione del mondo di F1 in carica, Jacques Villeneuve, andò a sbattere violentemente all’Eau Rouge-Radillon nel corso delle qualifiche del Gran Premio del Belgio del 1998. Anche la gara, disputata sotto una pioggia battente, non sarebbe stata esente da incidenti: il maxitamponamento innescato da David Coulthard, finito a muro e poi tornato in pista come una scheggia impazzita, coinvolse ben 13 vetture, ma fortunatamente ne uscirono tutti illesi.

Villeneuve, peraltro, finì di nuovo a muro a Spa anche nel 1999, alla prima stagione con la Bar dopo il passaggio, rivelatosi poco felice, dalla Williams. Poco dopo, andò a sbattere anche il suo compagno di squadra, Ricardo Zonta. Avevano cercato entrambi di affrontare l’Eau Rouge in pieno: oggi i piloti ci riescono senza problemi, allora era praticamente impossibile.

Uno degli incidenti più impressionanti occorsi in F1 negli ultimi vent’anni è sicuramente quello che vide protagonista Robert Kubica nel corso del Gran Premio del Canada 2007. Dopo aver tamponato Trulli, la BMW Sauber di Kubica finì fuori strada dopo aver toccato l’erba e finì violentemente a muro mentre procedeva a 300 km/h. Ormai fuori controllo, la monoposto attraversò nuovamente la pista girandosi su se stessa. 

Quando finalmente la sua F1.07 interruppe la sua corsa impazzita, della vettura era rimasto praticamente solo l’abitacolo: si intravedevano addirittura i piedi di Kubica. Nel violentissimo incidente Kubica riportò solamente la lussazione di una caviglia e una leggera commozione cerebrale. Il polacco per precauzione saltò il GP degli USA due settimane più tardi: al suo posto BMW scelse un certo Sebastian Vettel, che andò a punti al debutto in F1. Purtroppo un altro incidente, questa volta in un rally, avrebbe interrotto per anni la carriera di Kubica.

Avvicinandoci ai giorni nostri, si ricorda l’incidente occorso a Fernando Alonso nella gara inaugurale della stagione 2016 di Formula 1. Dopo l’impatto con il posteriore della monoposto di Gutierrez, la MP4-31 di Alonso decollò e finì contro le barriere, per poi tornare in pista ribaltandosi più volte e finendo la sua corsa capovolta contro le protezioni. Alonso, senza halo, riuscì ad uscire dalla vettura con le sue gambe.

Se in occasione dei 20 anni dalla scomparsa di Senna si poteva dire che nessun altro pilota aveva perso la vita in F1 dopo di lui, così non è trascorsi 26 anni. Purtroppo proprio nel 2014 Jules Bianchi ebbe il drammatico incidente a Suzuka che gli costò la vita nove mesi più tardi. Il danno assonale diffuso occorso a Bianchi in seguito alla fortissima decelerazione dovuta all’impatto contro una gru presente in pista non gli lasciò scampo. Una tragica fatalità, questa, da cui il motorsport, pur sempre pericoloso, ha dovuto imparare un’altra lezione. 

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