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“Sono una persona emotiva, e collego i luoghi alle sensazioni che ho provato. Qui ho avvertito il dolore più grande della mia vita, ma allo stesso tempo è una delle mie piste preferite. Sono emozioni contrastanti. Amo questo tracciato, amo correrci, ma non mi dimenticherò mai cosa provai quando mi fu comunicata la notizia della morte di Anthoine. Accetto i rischi di questo sport e purtroppo certe cose sono parte della vita, anche se sono difficili da accettare”. Da come parla di Anthoine Hubert, si capisce che Pierre Gasly non potrà mai davvero farsi una ragione di quanto successo a Spa nel 2019.
Sarebbe impossibile il contrario, legato com’era all’amico fraterno che ha perso. Ma l’arma più potente per mantenere viva una persona che non c’è più è il ricordo. Gasly, con il supporto di Alpine, ha deciso di organizzare una corsa in memoria di Anthoine, aperta a tutti gli addetti ai lavori. “Sembrerà anche una cosa piccola da fuori – ha spiegato - ma ha un grande significato per me”. “Tutti sanno quanto fossi legato ad Anthoine, e quanto lui lo fosse all’Alpine, faceva parte dell’Academy”. E proprio da questo doppio filo conduttore nasce la ragione per cui mi sono ritrovata in pista sotto la pioggia battente, insieme a tanti colleghi.
Non ero mai stata a Spa-Francorchamps prima di oggi. La prima volta che ho scorto l’Eau Rouge, questa mattina, mi è salito il cuore in gola. La seconda volta mi si è torto lo stomaco. La stavo percorrendo a piedi, notando le asperità del terreno e la pendenza che la TV finisce inevitabilmente per appiattire, per raggiungere il punto in cui poco prima Gasly aveva deposto dei fiori davanti alla foto di Anthoine. Ero arrivata là dove, poco meno di quattro anni fa, la vita di Hubert era giunta al termine.
Di lì a pochi metri, un’altra tragedia, quella costata la vita a Dilano van ’t Hoff. Quando ho raggiunto il punto in cui meno di un mese fa si è interrotta l’esistenza di Dilano, intorno a me c’erano diversi giovani piloti. Li vedi stropicciarsi gli occhi, sciogliersi in un pianto liberatorio abbracciati a un’addetta stampa, e ti rendi conto che, una volta tolto il casco, i talenti delle categorie minori assomigliano ancora ai bambini che sono stati fino a poco tempo fa.
Sono ancora dei ragazzini, ma ogni volta che scendono in pista accettano il rischio che possa succedere loro qualcosa con la stessa sicurezza con cui lo fanno i piloti adulti che sperano di emulare un giorno non lontano. È il frutto di quella passione che unisce tutta la comunità del paddock, che Gasly ha voluto riunire sotto la pioggia battente di una giornata autunnale, uggiosa come i pensieri di chi silenziosamente ripercorreva gli ultimi metri di Dilano e di Anthoine.
“Tutti coloro che fanno parte del mondo della F1, ma anche della F2 e della F3, formano una famiglia ed è bello ricordare insieme un grande talento perso troppo presto. Non conta che il tempo sia brutto, l’importante è che si riunisca un piccolo mondo fatto di persone che condividono una vita unica”. Votata a quella passione che gratifica, arricchisce e forse complica anche l’esistenza. Ma che ancora oggi, a volte può uccidere. Ne sono testimonianza concreta i luoghi che ho percorso durante una track walk che non dimenticherò facilmente. Perché è stata uno schiaffo in pieno viso. Nascosta tra i saliscendi della pista di Spa c’è la vera crudeltà delle corse. Quella che a volte fa pagare il prezzo più alto a chi ha avuto come unica colpa la propria passione. La stessa che muove la mia vita.