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Daniil Kvyat è stato scaricato dalla Red Bull dopo il GP degli USA. Il pilota russo, dopo essere stato appiedato a favore di Gasly in Giappone, è stato richiamato al volante della Toro Rosso per sostituire il francese impegnato nell'ultima gara di Superformula. Al fianco di Kvyat c'era il neozelandese Hartley. Fin qui le note di cronaca.
Quello che è successo dopo serve solo a far capire come funziona la filiera Red Bull, apprezzata da tutti quando si tratta di sfornare piloti come Vettel, Ricciardo e Verstappen, ma taciuta quando si tratta di eliminare, in modo anche poco educato, il resto della truppa che non serve. Piloti a perdere, come i vuoti delle bottiglie. Solo che questi, spesso, non riescono a riciclarsi. Kvyat, dopo aver disputato una bella gara, aver portato a punti la Toro Rosso ed essere stato più veloce di Hartley, si è sentito dire da Helmut Marko, il capo in pista delle operazioni Red Bull che "Il suo apporto alla squadra era finito e pertanto doveva lasciare subito i box". Cosa che Kvyat ha fatto senza poter salutare nessuno del team.
Un tocco di classe in più non avrebbe guastato, ma si vede che Marko considera i piloti come le gettoniere al supermercato: inserisci la monetina, usi il carrello e poi lo molli. Inutile entrare nel merito se Kvyat meritasse o meno di essere trattato in questo modo, in fondo fin dalle categorie minori era un predestinato. La Red Bull gli ha spianato la strada in F.Renault, poi in F.1 dapprima con Toro Rosso e poi Red Bull, con la quale concluse il campionato davanti a Ricciardo prima di essere scaricato, l'anno seguente, per Verstappen che vinse al debutto in Spagna.
La Red Bull è una filiera che crea piloti a profusione, mette sotto contratto una infinità di ragazzini che sperano di arrivare in F.1. Sono poche le strutture che garantiscono questi passaggi, ma è anche vero che il metodo di lavoro Red Bull è senza scrupoli, senza rispetto per i ragazzi che vi finiscono dentro. Certo, hanno la possibilità di arrivare in F.1 e alcuni anche di dominare. Ma tolti i tre citati in apertura, Vettel, Ricciardo e Verstappen, per tutti gli altri si è trattato di umiliazioni a raffica.
A questo punto si capisce meglio perché Carlos Sainz, che per fortuna è intelligente e ha un padre campione del mondo, ha fatto di tutto per mollare la squadra. Non ne poteva più, era stanco e stufo di come era trattato. L'approdo in Renault lo ha salvato da un trattamento simile a quello ottenuto da Kvyat. Almeno lui non farà la fine degli scarti e dei vuoti a rendere tanto cari a Helmut Marko
Partendo dal passato, dopo Coulthard e Webber (che avevano un loro spessore e Marko se ne guardava bene dal parlare di più, anche se Webber potrebbe raccontare qualcosa di poco carino su quanto accaduto in squadra con Vettel) la Red Bull ha bruciato piloti come Christian Klien, il nostro Tonio Liuzzi, Buemi, Alguersari, Speed, Kvyat e altri ancora. Alcuni, come Buemi, si sono riciclati nel mondiale prototipi e hanno vinto anche in F.E, dimostrando di avere le qualità. Altri come Alguersari hanno detto addio alle corse, schifati dal mondo che amavano.
Adesso tocca a Kvyat, senza entrare nello specifico, esiste una educazione e un rispetto per l'uomo, il professionista, che va oltre quello che ha fatto Helmut Marko. A casa loro decidono loro, senza dubbio, ma il metodo negli anni ha creato più vittime che campioni. E a questo punto si capisce meglio perché Carlos Sainz, che per fortuna è intelligente e ha un padre campione del mondo, ha fatto di tutto per mollare la squadra. Non ne poteva più, era stanco e stufo di come era trattato. L'approdo in Renault lo ha salvato da un trattamento simile a quello ottenuto da Kvyat. Almeno lui non farà la fine degli scarti e dei vuoti a rendere tanto cari a Helmut Marko.