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Quanto vale davvero un secondo in meno sui tempi a gennaio? Viene naturale chiederselo, leggendo le indiscrezioni che provengono da fonti affidabili sulla bontà della monoposto della Ferrari per la stagione 2023 di F1, per ora nome in codice 675, poi si vedrà. La Repubblica parla di una vettura che “va forte”, “mezzo secondo più veloce della sua antenata. Qualcuno, forse con troppo ottimismo, parla addirittura di un secondo di vantaggio”. Numeri, questi, che non possono che far drizzare le orecchie ai fan della Ferrari, che sperano di poter finalmente tornare ad assaporare una vittoria mondiale dopo tre lustri di digiuno.
Per ora si tratta, giocoforza, di dati la cui correlazione con quanto vedremo in pista è ancora tutta da dimostrare. Basti pensare a quanto successo lo scorso anno con la Mercedes W13, dipinta come un temibile tritacarne in grado di rivelarsi un secondo più veloce della versione vista nei test di Barcellona, ma mai in grado di concretizzare nella realtà quella performance stratosferica predetta dalle simulazioni. Queste ultime sono uno strumento valido – e necessario, in un’epoca in cui i test privati con le monoposto attuali sono vietati – ma non sempre il virtuale può prevedere esattamente la realtà.
Il nuovo simulatore della Rossa, che quest’anno sarà affidato a Davide Rigon e Antonio Fuoco, promette di scongiurare problemi di correlazione. Ma la pista dovrà anche sciogliere un altro dubbio, il confronto con la concorrenza. In sé, parlare di una monoposto più veloce di mezzo o un secondo rispetto alla vettura che l’ha preceduta lascia il tempo che trova senza un raffronto con il lavoro svolto dai rivali, che certamente non staranno a adagiarsi sugli allori o ad accontentarsi di quanto espresso lo scorso anno.
Capire dove ci si trova rispetto alla concorrenza non è semplice nemmeno a test in corso, come ci aveva spiegato il direttore tecnico di Alpine, Pat Fry, al termine della tre giorni di collaudi lo scorso anno a Barcellona. “La questione è capire quanto siamo veloci se comparati agli altri – aveva osservato -. So quantificare più o meno la performance potenziale della mia macchina, ma non quella della concorrenza”. Da cui, aveva assicurato, “c’è sempre da imparare”.
“Ho un’idea di dove potremmo trovarci, ma è molto difficile capirlo. Puoi guardare i dati GPS e capire quanto le altre scuderie stiano spingendo, se usano il DRS o no – sette decimi di differenza – ma come usano il motore, quanta benzina imbarcano, non possiamo saperlo”, aveva aggiunto. Un assunto che lo scorso anno, con un nuovo regolamento tecnico, era ancora più importante. Ma che resta valido anche 12 mesi dopo. Soprattutto perché i giorni di test prestagionali saranno solo tre, e non sei come lo scorso anno.
Per poter puntare al mondiale, inoltre, non basta solamente una monoposto competitiva e affidabile. Deve essere tutto perfetto, dalle operazioni in pista alle strategie, passando per i piloti. Senza contare l’importanza dello sviluppo nel corso dell’anno. Che l’erede della F1-75 possa essere un’arma potente nelle mani di Charles Leclerc e Carlos Sainz non stupisce, visto che si basa proprio sulla monoposto che l’ha preceduta, nata sotto una buona stella. Se i problemi di affidabilità sono stati messi alle spalle, le fondamenta sono ottime. Anche se i numeri, in questo momento, lasciano ancora il tempo che trovano.