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Porpoising è indubbiamente il termine più ricercato dagli appassionati della Formula 1 nell'ultima settimana. Le vistose oscillazioni delle monoposto 2022 impegnate nei test di Barcellona hanno attirato subito l'attenzione, generando una serie di interrogativi, a cui cercheremo di rispondere in questa piccola guida sull'effetto pompaggio.
Bumpy road to the top for Charles Leclerc! 🤕#F1 pic.twitter.com/Z6a5e6d3bo
— Formula 1 (@F1) February 24, 2022
Il porpoising è un effetto collaterale delle vetture ad effetto suolo. Più il fondo si avvicina all'asfalto, più è probabile che i flussi sul fondo si separino, generando uno stallo aerodinamico, che comporta una perdita improvvisa di carico. La monoposto, di conseguenza, si alza da terra, per poi riabbassarsi repentinamente una volta generata nuovamente deportanza. Ne derivano forti oscillazioni, simili al modo in cui nuotano i delfini. Di qui la scelta del termine porpoise - focena - per descrivere il fenomeno.
No. Come spiegavamo prima, il porpoising è un effetto collaterale di cui possono soffrire tutte le vetture che sfruttano l'effetto suolo. Lo accusavano anche le monoposto di Formula 1 all'epoca della prima era dell'effetto suolo nel Circus, terminata a inizio anni Ottanta. E anche alcuni prototipi protagonisti della 24 Ore di Le Mans hanno subito questo fenomeno. L'instabilità della deportanza generata da queste vetture è la sfida più complessa per i tecnici della F1, che erano indubbiamente consapevoli che il problema potesse verificarsi.
Il porpoising è un fenomeno che si verifica in condizioni estreme sia in termini di velocità, che di altezza da terra. In galleria del vento non è possibile riprodurre un'altezza da terra così contenuta, né tantomeno la rapidità a cui si verifica l'effetto. Si arriva a 180 km/h, ma a Barcellona si è manifestato intorno ai 300 km/h. Non è nemmeno agevole calcolarlo correttamente con l'analisi computazionale della fluidodinamica, visto che, con l'avvicinarsi del fondo al suolo, le equazioni raggiungono un grado di complessità tale da rendere assai difficile l'elaborazione dei dati. L'unica prova del nove, quindi, era l'atto pratico.
Il porpoising, soprattutto se pronunciato come successo a Barcellona, causa non pochi problemi fisici ai piloti. Charles Leclerc, a margine dei test, lo ha paragonato a una forte turbolenza in aereo. Chi ha viaggiato su un volo particolarmente "ballerino" sa bene quanto possa causare nausea. A questo, nel caso di piloti, si aggiungono sensazioni di stordimento, e, nei casi peggiori, anche problemi visivi. Dipende, naturalmente, dal layout del tracciato. Alcune piste esacerberanno il fenomeno.
La soluzione più semplice per ovviare al porpoising sarebbe aumentare l'altezza da terra. Il problema è che un intervento del genere renderebbe meno efficace la monoposto, con un calo potenzialmente vistoso della performance. Metterci una pezza, insomma, non è così complesso. La vera sfida riguarda riuscirci senza sacrificare le prestazioni sull'altare del benessere dei piloti. La sensazione è che trovare un compromesso non sarà semplice. E le soluzioni che alcuni team - come la Ferrari - hanno già implementato sul fondo dovranno superare la prova del nove della massima performance. Perché un conto è risolvere il problema, un altro farlo senza perdere decimi preziosi.
Il porpoising si è sostanzialmente rivelato un male comune per le scuderie di F1. Ma c'è chi ne ha sofferto meno. La McLaren, per la filosofia progettuale adottata dai tecnici di Woking, ha dimostrato di accusare il porpoising solo in maniera lieve, e solo quando ha adottato accorgimenti aerodinamici successivamente scartati. Più che di una volontà progettuale di evitare il porpoising, si è trattato di un caso di serendipità. E questa fortunata conseguenza potrebbe favorire la McLaren nelle prime gare stagionali, se gli altri team non trovassero soluzioni ottimali in fretta.