F1. Perché Lewis Hamilton non va paragonato a nessun altro pilota? "Sono nero, non ho moglie o figli. La mia priorità è vincere"

F1. Perché Lewis Hamilton non va paragonato a nessun altro pilota? "Sono nero, non ho moglie o figli. La mia priorità è vincere"
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Lewis Hamilton, in una lunga intervista al Time, ha raccontato i perché dietro il suo passaggio alla Ferrari
2 marzo 2025

Il primo febbraio 2024 il mondo della Formula 1 è stato scosso da una notizia che ha fatto tremare le fondamenta di due team storici come Mercedes e Ferrari. Dopo oltre un decennio insieme, Lewis Hamilton non avrebbe più vestito di colori del team di Brackley, prossima destinazione? Maranello. È passato oltre un anno da quel fatidico annuncio e il passaggio del sette volte campione del mondo è diventato realtà.

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Sembra ieri che il comunicato stampa della Mercedes confermava la volontà di Lewis Hamilton di affrontare nuove sfide, ritrovare una motivazione che aveva perso da qualche tempo. Di ritiro non se n’è mai parlato ma neanche di cambiare team. Eppure, a quasi quarant’anni il numero #44 ha deciso di provarci per davvero, partendo completamente da zero. Non solo squadra, concetto aerodinamico, monoposto, freni, sedile e volante, ma soprattutto power unit, un dato non da poco per lui che fin dal suo esordio in Formula 1 ha sempre utilizzato motori della Mercedes. Ora a spingere le sue vetture ci sono dei cavalli, più precisamente dei Cavallini Rampanti.

La sua avventura in Ferrari è iniziata lo scorso gennaio, quando ha varcato per la prima volta da pilota ufficiale della Rossa la soglia della sede di Maranello. Dopo solamente due giorni era a bordo di una monoposto della Scuderia a Fiorano per il debutto ufficiale. Ma tutto è diventato realtà quando lo scorso 19 febbraio, sempre sullo storico tracciato voluto da Michael Schumacher a due passi dal quartier generale, ha guidato la SF-25, la vettura che lui e Charles Leclerc utilizzeranno per il mondiale 2025 di Formula 1. Il momento solenne si è poi replicato in Bahrain questa settimana quando è sceso in pista per i test prestagionali. Era la prima volta per lui che si trovava a camminare per un paddock di F1 con i colori della Ferrari indosso e il Cavallino Rampante stampato sul petto, a passare davanti ai box della Mercedes e non poterci più entrare come aveva fatto fino a qualche mese prima.

Quando Hamilton ha annunciato alla Mercedes che avrebbe firmato con la Ferrari, Toto Wolff a primo impatto non l’ha presa al meglio, ma poi ci ha ragionato su. “Questa mossa in un certo senso ci ha aiutati – si legge nel libro Inside Mercedes F1: Life in the Fast Lane – perché ci ha evitato il momento in cui avremmo dovuto dire al pilota più iconico di questo sport che avremmo voluto fermarci...Qui l’acutezza cognitiva è estremamente importante e credo che tutti abbiano una scadenza”. Ma il sette volte campione del mondo, che ha da poco spento 40 candeline, non si è detto infastidito di questa osservazione del suo ormai ex team principal. Anche altri atletici di un certo calibro, come Tom Brady o LeBron James, hanno raggiunto il successo dopo i 40 anni. Tuttavia, Hamilton ci ha tenuto a sottolineare un aspetto fondamentale.

Non paragonatemi mai a nessun altro – ha dichiarato in una lunga intervista al Time - Sono il primo e unico pilota nero che abbia mai praticato questo sport. Sono costruito in modo diverso. Ho attraversato molte cose. Ho avuto il mio percorso. Non puoi paragonarmi a un altro pilota di Formula 1 quarantenne, passato o presente, nella storia. Perché non sono per niente come me. Sono affamato, motivato, non ho moglie e figli. Sono concentrato su una cosa, ed è vincere. Questa è la mia priorità numero 1”.

Il suo obiettivo, infatti, non è tanto quello di battere il record di Micheal Schumacher, che ha già eguagliato nel 2020, vincendo l’ottavo titolo piloti, ma vincere il primo con la Scuderia Ferrari, che dal 2007, grazie a Kimi Raikkonen, non raggiunge questo obiettivo. Le parole di Hamilton sono cariche anche di un altro significato che affonda radici profonde, a quando era un ragazzino nero che correva sui kart. E quando stava per firmare per la Ferrari un fattore stava pesando negativamente sulla sua scelta finale. Quando aveva 12 anni, infatti, si è recato diverse volte in Italia per alcune gare, dove ha subito abusi razzisti, proprio come in Inghilterra. “Non voglio soffermarmi su questo – ha proseguito il pilota, perfettamente al corrente dei numerosi cori razzisti diretti in particolare ai calciatori neri della Serie A - Non mentirò, mi è sicuramente passato per la testa quando ho pensato alla mia decisione. Come in tante cose, è spesso un gruppo così piccolo di persone a stabilire quella tendenza per molti. Non penso che sarà un problema”.

La diversità della Ferrari, o la sua mancanza, era la preoccupazione più urgente di Hamilton. Sulla scia dell'omicidio di George Floyd del 2020, come parte del movimento di protesta sportiva mondiale contro l'ingiustizia razziale, il #44 ha dato vita alla Hamilton Commission per offrire raccomandazioni per una maggiore rappresentanza dei neri negli sport motoristici del Regno Unito e non solo data la recente collaborazione con la Formula 1. Mercedes ha lanciato la propria iniziativa sulla diversità nei mesi successivi ed ha iniziato ad assumere personale da gruppi sottorappresentati, tra cui ingegneri neri. "Ho pensato, Oh mio Dio, ho finalmente un ambiente di lavoro più diversificato che abbiamo costruito nel tempo. Ed ora torno all'inizio del mio periodo in Mercedes, dove non c'era diversità". Anche Ferrari ha firmato una carta per la diversità e l'inclusione insieme agli altri team di F1.

Tutto quello che posso fare è cercare di assicurarmi che nel mio spazio, nel mio ambiente, io stia cercando di elevare le persone. Ci saranno forze lungo la strada che non lo vorranno, per qualche ragione che non riesco a comprendere. Questo non mi fermerà. È una lotta che continueremo a combattere” ha chiosato, fiducioso che la Ferrari si stia impegnando sempre di più per l’inclusione anche se potrebbe non essere il principale obiettivo del team di Maranello. Infatti, Frédéric Vasseur, sempre interpellato dal Time, ha aggiunto che “Non è politicamente corretto, ma prima di tutto c'è la performance. Sono desideroso di andare nella direzione della diversità e così via. Stiamo facendo del nostro meglio. Stiamo cercando di spingere in questa direzione, ma voglio costruire il miglior team".

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