F1. No, Bearman non ha stupito con la Ferrari a Jeddah perché le monoposto di oggi sono facili da guidare

F1. No, Bearman non ha stupito con la Ferrari a Jeddah perché le monoposto di oggi sono facili da guidare
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Oliver Bearman a Jeddah è riuscito a ben figurare in sostituzione di Carlos Sainz in Ferrari. Ma la presunta facilità di guida delle monoposto di oggi non c'entra nulla
11 marzo 2024

Se un diciottenne impegnato in Formula 2 come Oliver Bearman è riuscito a non sfigurare in Arabia Saudita, allora le monoposto attuali di Formula 1 sono troppo semplici da guidare? È una tesi che sarà sicuramente sostenuta di chi definisce i giovani protagonisti di oggi “piloti da Playstation”. Ma in realtà non sono le macchine a essere più semplici da gestire. I piloti delle categorie minori oggi sono semplicemente molto più preparati di quanto non fossero i loro omologhi anche solo vent’anni fa.

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“A 18 anni non ero assolutamente pronto per la Formula 1”, ha dichiarato ad Autosport Lewis Hamilton, che aveva 22 anni quando debuttò nel Circus nel 2007. “I tempi sono cambiati – ha aggiunto -. Le auto di Formula 2 sono più veloci”. Il mondo delle categorie minori dall’epoca in cui vi militava Hamilton è cambiato molto, diventando decisamente più professionale. Max Verstappen, esordiente in F1 da minorenne, ha in qualche modo alzato l’asticella della preparazione di chi aspira a diventare un pilota di Formula 1.

Lo dimostrano tante cose, a cominciare dalla compostezza che le nuove leve del motorsport hanno davanti alla stampa. Oggi i piloti imparano come interfacciarsi con i media con maggiore professionalità sin da quando sono adolescenti. Lo si è visto chiaramente nelle interviste rilasciate da Bearman nel weekend di gara di Jeddah. In qualche frangente si è visto un lampo di indole bambina, come quando Oliver ha corretto una collega di Sky UK per aver frainteso il messaggio via radio in cui ha detto che Hulkenberg era lento. Ma per il resto Bearman ha avuto il piglio da professionista consumato.

Lo stesso vale anche per il modo decisamente analitico con cui ha analizzato via radio con il suo ingegnere di pista, Riccardo Adami, la sua prima gara in Formula 1 subito dopo averla conclusa. Anziché lasciarsi andare a un comprensibile entusiasmo, ha mantenuto una compostezza incredibile per un ragazzo di diciotto anni che ha ancora il viso del bambino che era fino a pochi anni fa.

Ma che il livello di preparazione di un pilota di Formula 2 sia elevato – in questo caso dal punto di vista fisico – lo si capisce dal fatto che Bearman sia riuscito a terminare la corsa reggendo le fortissime sollecitazioni a cui è stato sottoposto. Certo, l’adrenalina ha avuto il suo peso, e Ollie è stato aiutato da Lewis Hamilton a scendere dalla monoposto che gli aveva martoriato il collo. Ma pure Nyck De Vries, all’epoca campione del mondo in carica di Formula E, aveva avuto bisogno di assistenza per uscire dalla sua Williams al debutto a Monza.

Le monoposto di Formula 1 di oggi restano molto sfidanti, “fisiche” in un modo diametralmente opposto rispetto a un tempo. Ieri era la guida in sé a temprare i piloti, oggi ci pensano le sollecitazioni a mettere alla prova i colli taurini dei protagonisti del Circus. La verità è che i ragazzi ora sono pronti prima per la F1 perché le categorie minori sono sempre più impegnative, a cominciare dagli investimenti. Basti pensare che già nei kart si investono centinaia di migliaia di euro.

Infine, bisogna anche fare un plauso alla Ferrari, perché la SF-24 è una vettura talmente docile e sincera da assecondare le esitazioni e i bisogni di un giovane pilota che si è trovato improvvisamente a prendere le misure con la massima categoria del motorsport. Se Bearman avesse avuto per le mani qualcuna delle “dive” dello schieramento, il compito sarebbe stato meno semplice. In ogni caso le monoposto di oggi non sono semplici da guidare. È solo che chi si approccia oggi alla F1 è molto più preparato. A patto che abbia una grande dose di talento. Come Ollie.

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