F1, Niki Lauda è morto: austriaco re delle strategie 3 volte iridato, su Ferrari e McLaren [Video]

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Vero asso del volante capace di risorgere dopo un incidente quasi mortale. Campione del mondo con le Rosse e poi manager di grandi Team oltre che imprenditore. In pista usò talvolta il fondoschiena, ma soprattutto la testa
21 maggio 2019

Chi non lo conosceva non conosceva la F1, punto. Tutti gli over40 sono cresciuti giocando anche con le piccole F1 rosse replica della sua. Tutti i giovani di oggi lo hanno visto nei box quale consulente della Mercedes, vincente in pista con le F1 ibride.

Niki Lauda se n’è andato a soli 70 anni, ma che vita intensa. Non solo quella narrata nel film Rush (la sfida, contro James Hunt). L'ex pilota austriaco Niki Lauda è, specialmente ora che se n’è andato, una leggenda della Formula 1. Tre volte campione del mondo (1975, 1977 e 1984) mito per i ferraristi ma anche esempio, per i piloti più giovani di lui, a partire da quell’ex-compagno di squadra in McLaren, Alain Prost (divenuto in parte suo erede, nel modo di gestire le gare, ndr). E' stato poi imprenditore, che mette il suo nome e cognome su aerei che viaggiano, per tutto il mondo.

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Quell’immagine legata ai cappellini, un tempo a logo Parmalat, era anche per coprire i segni del tremendo fuoco che lo stava per uccidere nel 1976. La sua fine, oggi, è avvenuta all’ombra dai riflettori in Svizzera, nello stretto riserbo tra i suoi familiari. “Un modello e un punto di riferimento per tutti noi, un marito amorevole e premuroso, un padre e nonno lontano dal pubblico, e ci mancherà", scrivono i suoi nell'annunciarne la morte.

Quella morte che lo aveva più che sfiorato, come tanti suoi colleghi degli anni dove il pilota poteva andarsene, molto facilmente, a ogni giro di pista; ma graziato per lasciargli l'opportunità, perseguita e consacrata oggi: essere simbolo eterno del Motorsport quello rischioso e puro, della meccanica e del fuoco in tutti i sensi (dentro e fuori) ma fatto "con la testa" e quindi redditizio.

 

La sua carriera nel circus è praticamente stata ininterrotta, anche durante le fasi di assenza fisica dalle piste. Da pilota è stato capace di ritornare e divenire nuovamente campione in età matura, passando per monoposto di March, BRM, Ferrari, Brabham e McLaren, Abile gestore di gara, grazie all'indole e all'esperienza, è poi stato manager vicino ai maggiori team, inclusa la Ferrari capitanata da Montezemolo, la Jaguar e la Mercedes. I soprannomi che gli furono dati, ispirati alla sua figura fin troppo tranquilla, non rendevano giustizia alla reale, fine e astuta, capacità di guida, e a quella di porsi nei confronti della dirigenza. Incluso il Drake Enzo Ferrari e la Federazione, presso cui si è battuto per correre ma in sicurezza.

Il piccolo ricordo di chi scrive è che da bimbo, avvicinarlo per avere l'autografo metteva davvero impressione, perchè era un grande ma anche per quei suoi segni sulla pelle, vistosi nonostante il cappellino "milionario" (per la relativa sponsorizzazione). Poi però, acoltarlo faceva sorridere, per quell'accento un po' tedesco e la battuta ogni tanto messa tra i commenti, tipo: "Ferrari zempre krande kazino" oppure "Kon bagnato macchina zi guida anche zentendo il k...o!".

 

Quel “kulo” che il buon Arturio (Merzario, suo ex-collega in F1) gli aveva in parte salvato aiutandolo a uscire vivo dalla sua monoposto in fiamme, al Nurburgring. Lo stesso che poi, scherzando, un altro collega e amico, pilota, un po’ “gli tirava” ricordando a Lauda che lui, il grande Lauda, non riusciva mai a vincere un GP Italia F1 in quel di Monza, per lasciare il nome sull’albo d’oro della gara più ambita, da un pilota della Ferrari.

Ma adesso, adesso che non è più vivo come il suo amico con cui scherzava (Clay Regazzoni) il nome magari a margine di una statua dorata celebrativa glielo metteranno e non solo a Vienna, dove nacque nel febbraio 1949. Che poi, a dirlo a quelli che videro il Gran Premio a Monza nel 1976, un’impresa da vincente, non comune Lauda la fece tornando a correrci dopo quell’incidente di pochi mesi prima e finendo quarto. Peccato poi solo che quel sedere magico, all'ultimo GP corso in mezzo al diluvio giapponese, non bastò, per fare quello che rischiando sarebbe stato un poker iridato. Subentrò la ragione, giustamente, quella che ha portato Lauda a essere quello che è stato, fino al 20 maggio 2019, fino a impressionare l'asso del volante di oggi, Lewis Hamilton.

Due piloti, compagni, amici: Lauda e Regazzoni
Due piloti, compagni, amici: Lauda e Regazzoni
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