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La prima scintilla del weekend del Gran Premio di Las Vegas 2023 di Formula 1 non è scaturita dal monitor dei tempi che si accendeva della voglia dei piloti di conoscere meglio la pista, né tantomeno dallo sfavillante contorno. Si è accesa per l’impatto della Ferrari SF23 di Carlos Sainz con un tombino, che ha creato un vero e proprio buco, martoriando la vettura fino al sedile, con danni alla batteria che costeranno a Sainz una penalità di dieci posizioni in griglia.
Fosse successo altrove, sarebbe comunque stato uno scandalo. Ma a gettare benzina sul fuoco pensa il tonfo dalla pacchiana opulenza della cerimonia di apertura della gara ai nove minuti di attività in pista visti prima della cancellazione delle FP1 e del rinvio di due ore e mezza delle FP2, alla fine disputate a notte fonda. Naturalmente sono due tematiche che si muovono su piani diversi. Da un lato c’è Liberty Media, che di questo GP è anche l’organizzatore. E dall’altro la FIA, che è responsabile della sicurezza dei circuiti.
In questo senso, continua a farsi sentire la mancanza di Charlie Whiting. La sua prematura scomparsa ha causato un vuoto incredibile nella complessa macchina organizzativa della F1, perché Whiting era molto di più di un semplice direttore di gara. Non è un caso che l’altro precedente di forti danni occorsi per via di un tombino, a Baku nel 2019, sia successivo alla morte di Whiting. Era un uomo estremamente meticoloso, che controllava personalmente fino all’ultimo dettaglio. Il caso di Las Vegas, peraltro, non è isolato, come dimostrano i recenti problemi legati ai cordoli in Qatar. Urgono rimedi.
Nel fiasco del giovedì di Las Vegas, comunque, c’è qualcosa di cui l’organizzazione stessa è responsabile. Complice una questione di lunghezza massima dei turni della sicurezza, il pubblico è stato fatto allontanare con l’aiuto della Polizia prima che iniziassero le FP2. Anche in questo caso si tratta di uno sfortunato caso di causa di forza maggiore, dovuto all’agenda distorta. Ma il messaggio mandato dagli organizzatori, in cui si lodava il lavoro svolto per riportare l’azione in pista, senza chiedere scusa a chi ha speso migliaia di dollari per non vedere nulla, la dice lunga, soprattutto sulle possibilità che i malcapitati vengano rimborsati.
Chi era presente in circuito parla di una sensazione distopica, di eterna attesa senza sapere cosa si sarebbe visto in pista. Un clima di insofferenza generale da parte di addetti ai lavori devastati dal jet lag, a cominciare dai piloti, che si sono ritrovati ancora in pista alle quattro di notte. I giornalisti che sono usciti dalla sala stampa mentre albeggiava avranno probabilmente avuto la stessa sensazione di stordimento di chi è reduce da una serata brava, mentre i meccanici lavoravano ancora in attesa del coprifuoco.
In queste circostanze il nervosismo è salito alle stelle, come dimostra la reazione di petto di Toto Wolff alle critiche di un giornalista sull’evento. Il motivo è molto semplice: la F1 ci ha messo la faccia, investendo somme ingenti per portare l’azione nel cuore della Strip. Se Las Vegas è un fiasco, lo è per l’intera F1. Però criticare quanto successo oggi non è un esercizio fine a stesso di chi avrebbe comunque trovato da ridire su Las Vegas. Perché la scintilla partita dalla vettura di Sainz ha generato una farsesca reazione a catena che ha danneggiato soprattutto il pubblico che per primo ha creduto all’hype di Las Vegas, spendendo fior di quattrini per esserci. E questo è innegabile, con buona pace di Wolff.