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Tutti gli anni la stessa storia. “Senti maaaaaaaaa, quando si corre a Monza?” ti chiedono con la vocetta in falsetto come se fosse la cosa più importante della loro vita. “Domenica prossima” rispondi con educazione. “Ah lo avevo sentito alla TV, ma non sapevo se fosse vero” Bravo fesso se si corre perché dovrebbero darti una informazione falsa… “ma ci vai a Monza?”
Secondo te? Sono finito in Corea e posti infami, e salto Monza che è casa mia? “No è che magari se ci vai magari sai come è” e via di manfrina fino alla sentenza:“Senti maaaaaaaa, si riesce ad avere qualche biglietto, pagando si intende, magari per farci un giro, chessò entrare nei box mi porti tu e faccio un giro alla Ferrari, parlo con Alonso, magari se vedo Montezemolo ci dico un paio di cose, non do fastidio…”
Non ci tentare
Risposta secca: “I biglietti, se li vuoi comprare, li vendono e per i box, scordatelo, adesso manco i giornalisti entrano nella corsia dei box figurati uno che non c’entra…” Replica sfrontata “Ma visto che ci lavori, che ti costa portarmici un po’ in giro? E poi quanto costa un biglietto?” quando gli dici che il prato parte da 90 euro e che le tribune dai 250 ai 540 euro, il tizio in questione sbianca, cambia colore e la butta lì” Az carucci, non pensavo, ma la gente ci va?” sempre meno a dire il vero, però ci vanno.
“Vabbè, allora se riesci mi fai avere in cinque o sei biglietti ingresso, gratis se ti riesce, che porto la famiglia, gli amici e pure il nonno?” Alla risposta “Non se ne parla nemmeno, non so neanche se mi daranno un ingresso gratis a me che ci lavoro, figurati il resto” il soggetto ci resta male, poi ti snobba e ti classifica come uno che non conta una beata mazza.
“La caccia al biglietto aggratis, come lo chiamano, contagia tutti. Pure alcuni carabinieri che magari ti chiamano a casa, ricordando il lavoro che fai e convocandoti in caserma”
Non farmi pagare...
La caccia al biglietto aggratis, come lo chiamano, contagia tutti. Pure alcuni carabinieri che magari ti chiamano a casa, ricordando il lavoro che fai e convocandoti in caserma. E mentre pensi a cosa hai combinato (traffico compreso) a denuncie sparse, magari di qualche ex mollata sull’altare, ti senti fare la stessa richiesta: “Senta maaaaaa”.
O il vicino di casa, arrivato da due anni che non ti saluta nemmeno sul pianerottolo e poi ti suona alla porta e comincia con il solito “Senti maaaaaaa” E al diavolo Monza! E’ la gara peggiore dell’anno sotto questo aspetto. Tutti che chiedono, tutti che si aspettano un favore o altro e la borsa che piange miseria al punto che bisogna mettersi in fila ad elemosinare.
Persino vicedirettori di giornali, che sulla F.1 non danno mai il minimo spazio, si scoprono interessati alla presenza in loco. Ma mica in tribuna, no; nei box in prima fila! Come se quando uno lavora in ufficio si porta dietro moglie e figli a vedere come fa a sfangare la giornata. Nulla da fare. Non entra nella testa della gente.
Una tradizione dai lunghi trascorsi
E pensare che la storia era cominciata tantissimi anni fa, da ragazzini, sui dodici tredici anni, con un imperativo che ci contagiava tutti: entrare a Monza per la gara e non pagare il biglietto. Una impresa, ma la banda del buco funzionava alla grande. Scorciatoie, reti tagliate e saltate, inseguimenti coi cani poliziotti alle calcagna, preferito il lato Mirabello, quello del campo da golf, tanto per capirci.
Il curvone, col muro esterno di Biassono, troppo rischioso e si restava bloccati. Dalla parabolica alla Ascari, invece, il bosco aiutava, eccome. C’era il problema della sopraelevata da saltare, con le scarpe con la suola in cuoio e asfalto viscido, era come lanciarsi da un trampolino olimpico senza gli sci e senza sapere dove si atterra.
“E pensare che la storia era cominciata tantissimi anni fa, da ragazzini, sui dodici tredici anni, con un imperativo che ci contagiava tutti: entrare a Monza per la gara e non pagare il biglietto. Una impresa, ma la banda del buco funzionava alla grande”
Quell'anno in cui vinse Villeneuve
Mitica una edizione, 1979, con la Ferrari che si gioca il mondiale, i controlli alle reti fatti dai francesi coi cani lupo e militari incazzati come mai. Primo tentativo, a vuoto, beccati dopo la prima rete di cinta. Salita sul cellulare della polizia, accompagnati all’ingresso. Secondo tentativo, un poco meglio, rete bucata, fuga solitaria fino alla sopraelevata esterna e tac! Francese del cavolo con cane alle caviglie e cellulare che ti carica la seconda volta e poliziotto che fa “A guagliò, ma a vuoi firnì?” Ragazzo, la smetti? Diventa una questione di principio, o si salta o si paga. Mai nella vita!
Terzo tentativo, schivata alla rete, driblata del francese col cane, carabiniere che insegue, militare che urla, salto della staccionata, lancio giù dalla sopraelevata, atterraggio sulla rete opposta, lancio della sacca coi panini e le bibite oltre la rete, cinque metri da scavalcare in un lampo, con cane lupo che tenta un attacco, la coscia che parte in alto, scavalcamento della rete e atterraggio perfetto, recupero panini e via verso rettilineo parabolica.
Altro sforamento di rete e infine, via verso la prima variante col trabatello in terza fila (il massimo disponibile) e bandierone Ferrari d’ordinanza. Poi il resto è storia, la doppietta Ferrari, il mondiale, lo champagne di Villeneuve sulla capoccia e via in autostop verso casa la sera, distrutti e felici. Era questo lo spirito che animava le trasferte monzesi ed essere arrivati ad entrare gratis dalla porta principale, finire nei box ed essere pure pagati è stato il coronamento di una vita da infiltrato.
“Non è un Gran Premio, è il GP dell’anno, gli altri dove andiamo sono solo il corollario di Monza, dopo questo, la domenica sera, la stagione è finita”
LA gara
Ma questo genere di passione, portandoti a stretto contatto coi commissari, pubblico di tifosi e addetti ai lavori, ti permette di andare a Monza e sentirti a casa. Conosci il commissario della postazione 1, quello della 14, sai i loro nomi, esperienze familiari e casini vari, conosci il custode, la sua storia e via di questo passo, per cui quando entri in autodromo, ritrovi dopo anni lo stesso clima, lo stesso ambiente che ti ha fatto fare questa scelta di vita.
Non è un Gran Premio, è il GP dell’anno, gli altri dove andiamo sono solo il corollario di Monza, dopo questo, la domenica sera, la stagione è finita, si pensa già alla prossima anche se mancano 7 gare, anche se la prossima trasferta a Singapore avrà altri dettagli, altre sfide, altri problemi.
E’ qui che è nata la passione, è qui che si è sviluppata, è qui che si è conosciuto il gruppo più nutrito di giornalisti, e fotografi del mondiale. Dai colleghi alla Cremonesi, da Ercole Colombo e Alberto Crippa, ai fratelli Scandinaro a Giampiero Agosti e a tutti gli altri, un vero e proprio clan dei monzesi che conoscono vita e opere di ogni singola pietra di questo autodromo.
Chi non c’è mai stato, non potrà mai capirlo. C’è la F.1 e c’è Monza. Se qualcuno pensa di rovinarlo, deve fare i conti con una pattuglia agguerrita di appassionati che hanno fatto diventare questa passione la loro professione.