F1: Mika Hakkinen, i 50 anni del pilota gentiluomo

F1: Mika Hakkinen, i 50 anni del pilota gentiluomo
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Mika Hakkinen compie 50 anni: ripercorriamo la storia del grande rivale di Michael Schumacher
27 settembre 2018

Il 28 settembre compie 50 anni. Incredibile che passi il tempo anche se a guardare Mika Hakkinen oggi non vedi alcun segno degli anni. Era un ragazzino all'epoca del debutto, lo è ancora oggi che entra nel mezzo secolo di vita. La sua storia e il nostro rapporto comincia un settembre di tanti anni fa, su una pista che lo ha segnato in qualche modo per sempre...

Imola, settembre 1990. E’ in programma una delle ultime gare del campionato italiano di F.1 e dall’Inghilterra è arrivato anche il dominatore della serie locale, un certo Mika Hakkinen. Un finlandese slavato, tranquillo, per niente impressionante. In Italia la Ralt, la monoposto con la quale corre Hakkinen, cerca clienti e quale migliore occasione di far vedere le proprie vetture all’opera in una serie dove i telai Dallara dettano legge? E infatti, appena arrivato sul circuito del Santerno, Mika Hakkinen mette tutti in riga, in prova e in gara. Vince a mani basse, ma quando gli si chiede se è stato facile, risponde che non lo è stato. “Le Dallara sono migliori” dirà. Apriti cielo, l’ambiente tricolore la prende come una offesa e Hakkinen fa subito la figura di quello che vince con la macchina migliore e se la tira.

Mika Hakkinen nel 1991
Mika Hakkinen nel 1991
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Pochi mesi dopo, ad aprile 1991, molti ragazzi della F.3 italiana hanno smesso di correre o stanno cercando ancora una vettura. A Imola va di scena il terzo GP della stagione e al volante di una scalcinata Lotus Judd verde ramarro, un ragazzino finlandese finisce al quinto posto, cogliendo i primi punti della carriera. Da quel momento in poi Mika Hakkinen diventa una presenza fissa nel mondiale di F.1, fino al punto da diventare il vero e unico rivale di Michael Schumacher nella corsa al titolo mondiale.

Hakkinen è un uomo che è vissuto due volte. Prima, fino al GP d’Australia del 1995, e poi. Dopo l’uscita di pista che lo ha mandato, in coma, per diversi mesi in un ospedale di Adelaide. Dal 1993 è pilota della McLaren. Nei primi mesi fa il collaudatore, partecipa a qualche gara di Porsche Cup per tenersi in allenamento. In questo periodo Mika mostra il lato ilare della sua persona. Quando arriva in pista, va subito alla base della Porsche e armeggia coi tecnici con centraline e mappature. Non sono per la macchina con la quale corre, ma per la propria Porsche personale che ha truccato e con la quale va spesso da Montecarlo a Brescia, alla sede della Scuderia Italia, dove correva l’altro finlandese Lehto, che invece nel 93 è passato alla Sauber. Solo che in Svizzera sono più severi coi limiti di velocità, mentre da Montecarlo a Brescia, Hakkinen ormai ha un tracciato conosciuto con dei tempi di percorrenza noti. Naturalmente da battere con le modifiche apportate alla sua Porsche…

Quando, dopo il GP di Monza del 93, Ron Dennis decide di appiedare Michael Andretti, Hakkinen capisce che è arrivata la sua occasione. Da collaudatore a pilota ufficiale. E in prova se la gioca con Ayrton Senna, uno da cui Mika ha imparato molto, stando dietro le quinte. Quando a fine 95 Hakkinen sta cercando di tirare fuori il massimo dalla McLaren, ecco l’incidente: Adelaide, sbatte duro, va in coma. Non si sa se tornerà normalmente al volante o sarà finita. Ron Dennis lo cura e lo segue come un figlio, Norbert Haug, boss della Mercedes, fa la spola dall’ospedale ai box e poi dalla Germania all’Australia per seguire la convalescenza di Mika. Nessuno è certo che ce la farà, il ritorno è lento, i problemi fisici enormi, ma la forza di volontà di Hakkinen, cui si è aggiunta Erja, diventata sua moglie, fanno il miracolo.

Alla McLaren Hakkinen è di casa, segue lo sviluppo delle monoposto, lotta e si trova a suo agio. Quando a Jerez 97, ultima gara della stagione, Villeneuve capisce di avere il titolo in mano, lascia strada alle due McLaren di Coulthard e Hakkinen. Il finlandese vince con un ordine di scuderia. D’altronde, fino a quel momento, ha sempre ubbidito e aiutato Coulthard. Fra i due i rapporti sono ottimi, ma quando parte il mondiale 98 la sorpresa: non sarà Coulthard il rivale di Schumacher, bensì Mika Hakkinen, cresciuto al punto da diventare la vera bestia nera del ferrarista. La lotta fra i due ha momenti esaltanti, ma sempre nei limiti della correttezza. Sorpassi, vittorie, duelli a ripetizione ne fanno il rivale per eccellenza. Nel 98 Hakkinen vince 8 GP, segna 9 pole position e diventa campione del mondo per la prima volta vincendo proprio a Suzuka, ultima gara della stagione, battendo Schumacher su una delle piste più difficili del mondiale. E nel giro di ritorno ai box, si scopre un aspetto inedito del pilota finlandese: sotto al casco canto a squarciagola “O sole mio” e i meccanici lo ascoltano via radio divertiti.

L’anno seguente il copione si ripete, ma dopo Silverstone il rivale non sarà più Schumacher, fermo a letto con una gamba rotta dopo l’uscita di pista al primo giro, bensì l’altro ferrarista: Eddie Irvine. Anche con Irvine la lotta è senza esclusione di colpi, ma sempre corretta. Hakkinen si dimostra uno sportivo, un pilota leale e un avversario eccellente. Nei suoi duelli non commette mai una cattiveria. Mentre Schumacher con Damon Hill è ricorso spesso alle ruotate, Hakkinen non lo fa mai con nessuno. E il tedesco lo capisce: infatti fra i due non ci sono stati quasi mai momenti poco chiari. Solo una volta, in Francia, Schumacher fece una manovra un po’ al limite e Hakkinen lo prese da parte spiegandogli il suo punto di vista, senza acrimonia ma con la calma forza dei vincenti.

Mika Hakkinen nel 1999
Mika Hakkinen nel 1999

Con un’altra vittoria a Suzuka, Hakkinen vince il secondo titolo mondiale nel 99. Gli sono bastate cinque vittorie, anche se ha ottenuto 11 pole position. E’ ormai un campione completo, l’uomo dalle due vite, di cui la seconda migliore della prima perché rafforzata dalla sofferenza e dalla privazione iniziale. Infatti, nei primi anni di corse in Inghilterra, Hakkinen era un clandestino. Se la polizia avesse controllato i documenti, lo avrebbe espulso dalla nazione. Lo racconterà divertito lo stesso pilota quando deciderà di ritirarsi dalla F.1. Ormai con Schumacher il bottino è alla pari: due titoli il tedesco, due per Mika.

In F.1 il campione finlandese lascia dopo 161 GP, 26 pole position, 20 vittorie, ma lascia soprattutto come l’unico pilota capace di battere il numero uno di sempre per successi e titoli iridati, ovvero Michael Schumacher

La stagione 2000 vede il duello feroce fra i due e il sorpasso più bello, entrato nella storia della F.1. Succede in Belgio, durante il GP. Schumacher è in testa ma mentre l’asfalto si asciuga, la McLaren di Hakkinen rimonta. Dopo la salita del Raidillon Hakkinen vede davanti a sé la rossa Ferrari che sta per doppiare la BAR di Ricardo Zonta. Schumacher si butta a sinistra, tenendo la traiettoria migliore. Zonta sta per spostarsi per agevolare il sorpasso quando vede a pochi centimetri arrivare lanciatissimo Hakkinen. Zonta resta in linea, quando Schumacher va per frenare ed entrare in traiettoria, si ritrova Hakkinen che gli ha rubato il punto di corda e si infila per primo in curva. E’ una manovra da applausi a scena aperta, da vero campione e Schumacher renderà onore al rivale sul podio. Ma è anche la molla che spinge il ferrarista a riscattare l’onta subita. Schumacher, dopo il GP del Belgio, infila quattro vittorie consecutive e vince il terzo titolo mondiale, che segna anche il ritorno al vertice della Ferrari dopo 21 anni di astinenza.

La lotta fra Schumacher e Hakkinen si ripresenta anche nel 2001, ma qualcosa è cambiato nella mente del pilota finlandese. Succede a Montecarlo, quando in gara la McLaren di Mika subisce un improvviso rallentamento. Hakkinen sostiene che qualcosa non funziona nella monoposto, sente che si comporta in modo strano. La fiducia che aveva fino a quel momento, pare essere smarrita. Al box il DS della McLaren, Jo Ramirez, che ha lavorato coi più grandi campioni della F.1, controlla la vettura, analizza i dati e capisce che è cambiato qualcosa nella mente di Hakkinen, che a metà stagione annuncia il ritiro dalla F.1, anche se il bottino finale lo vede ancora vincitore a Silverstone e a Indianapolis. Schumacher diventa, in Ungheria, campione del mondo per la quarta volta, Hakkinen capisce che le motivazioni non ci sono più ed è inutile rischiare. Lo deve a Ron Dennis, che ha creduto in lui fin dal principio, e lo deve alla Mercedes, che lo vorrà ancora pilota nel campionato turismo tedesco, il noto DTM, dove Hakkinen vince ancora qualche gara. In F.1 il campione finlandese lascia dopo 161 GP, 26 pole position, 20 vittorie, ma lascia soprattutto come l’unico pilota capace di battere il numero uno di sempre per successi e titoli iridati, ovvero Michael Schumacher, e la soddisfazione di aver corso insieme all’altro grande della sua generazione, Ayrton Senna. E con entrambi ha retto il confronto da vero campione, nella vita e nello sport. Un vero pilota e gentiluomo.

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