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Come se volesse rivaleggiare con le abbaglianti luci della Strip, la Mercedes W15 si è accesa nelle mani di George Russell nelle qualifiche del Gran Premio di Las Vegas 2024 di Formula 1. Nel freddo gelido della notte nel deserto, la monoposto si è accomodata docilmente in quella finestra di utilizzo che sembra sfuggire in altre circostanze, consentendo a Russell di prodursi in un primo settore che gli ha consentito di annichilire la concorrenza. Se le rivali non erano ancora pronte a dare il loro meglio nelle prime curve, la diva W15 questa volta ha risposto alla perfezione agli spunti di Russell.
È il lato bello di una monoposto che sovente mostra un comportamento spiazzante in pista, anche per gli stessi piloti. Con il freddo, toccandole i tasti giusti, si può costruire qualcosa di speciale, come era già successo nel glaciale sabato di Silverstone. Ma la doppietta di quel giorno non si è concretizzata a Las Vegas. Se Russell ha mantenuto il sangue freddo, Lewis Hamilton si è sciolto in un mare di errori quando contava davvero cogliere un tempo competitivo. Le illusioni di una pole sono svanite nel momento in cui Lewis ha commesso il primo sbaglio nel tentativo lanciato nella Q3, condannandosi con un solo colpo a disposizione a prodursi in un giro perfetto mai arrivato.
Ad approfittare della debacle di un pilota che sul giro secco sembra solo l’ombra del cannibale di un tempo ha pensato Carlos Sainz, capace di aggrapparsi a una prima fila carica di speranze per domani. Tempi alla mano, Sainz si è dimostrato decisamente più efficace di Charles Leclerc nel preparare la gomma per risultare più efficace nel primo settore. Un affinamento, questo, che con il suo piglio da ingegnere ha studiato nel corso delle qualifiche stesse, cercando di trovare la soluzione ottimale per accendere le gomme e contenere i danni nel settore in cui la Rossa non avrebbe potuto che soffrire, vista la delicatezza della SF-24 con gli pneumatici.
Per la Ferrari la prima fila di Sainz è un’ottima notizia, visto che sul passo gara la Rossa sembra avere una marcia in più rispetto alla Mercedes, come se i valori in campo si rovesciassero sulla lunghezza di gara. E su una pista sulla quale sorpassare non è un’utopia, avere due piloti tra i primi quattro al via costituisce un vantaggio per la Ferrari, che ha bisogno di massimizzare il risultato a Las Vegas in vista di una trasferta potenzialmente difficile come quella in Qatar la prossima settimana. Soprattutto perché la McLaren parte indietro.
Si parla moltissimo di quanto la mancanza del famigerato mini-DRS possa aver influito sull’economia dell’unico weekend di gara in cui la McLaren avrebbe adottato il componente dopo Baku, ma la pista di Las Vegas sicuramente non esalta le qualità della MCL38. Las Vegas lo scorso anno fu uno dei weekend peggiori in assoluto per la scuderia di Woking, che dodici mesi dopo si ritrova ad affrontare una gara con uno spettro che non faciliterà il compito di Oscar Piastri e Lando Norris, il graining.
Norris ieri aveva definito “scioccante” il passo gara della MCL38, e domani la McLaren sarà costretta a modulare attentamente l’introduzione della gomma a inizio stint per evitare di essere penalizzata rispetto alle rivali. Ma questo fenomeno potrebbe portare anche a una strategia conservativa, un po’ come successo a Monza, quando la McLaren, anche se potenzialmente più veloce della Ferrari, si ritrovò castrata dallo svantaggio di posizione. Con le sue speranze mondiali ridotte al lumicino, Norris si ritrova alle spalle di un Max Verstappen che dopo la fine delle qualifiche ha osservato scuotendo la testa il monitor dei tempi.
C’è moltissimo di Verstappen nel quinto posto colto a Las Vegas, come si evince chiaramente dal paragone con Sergio Perez, talmente lontano da indurre a suggestioni sul fatto che in Red Bull ci siano due vetture diverse. La verità è che su una pista cittadina, sulla quale la fiducia nel mezzo è tutto, la forbice prestazionale tra Verstappen e Perez non poteva che aprirsi in maniera drammatica. Ritrovatosi in pista con un’ala posteriore troppo carica per Las Vegas pure nella versione “riprofilata” con cui la Red Bull ha provato a tamponare i danni, Max ha cercato di trovare una forza nella debolezza della sua macchina.
Lo si vede dal modo in cui Verstappen ha costruito il suo crono, cercando di compensare il mancato spunto sul dritto eccellendo nel secondo settore, il più guidato, sfruttando il maggior carico a sua disposizione. Con un intertempo sui livelli di quello di Sainz nel T2, Verstappen ha compensato le difficoltà nel terzo settore. Per quanto la sua delusione fosse evidente, non avrebbe ragionevolmente potuto fare più di così. I miracoli, dopotutto, in Formula 1 non esistono, nemmeno nel caso di un’Alpine rinata.
Lo stupefacente terzo posto colto da Pierre Gasly nelle qualifiche di Las Vegas non è solamente frutto di un giro perfetto da parte sua. È la dimostrazione della crescita di una scuderia partita con la monoposto più pesante e aerodinamicamente inefficace del lotto, per giunta penalizzata dal motore meno performante. Dopo i recenti aggiornamenti, la A524 ha cambiato faccia, dando la possibilità ai suoi piloti di mostrare le qualità che prima venivano strozzate dai suoi spunti azzoppati. Senza tutto questo, Pierre non avrebbe potuto diventare tutt’uno con la sua compagna di avventura.
È proprio questo feeling ciò che Franco Colapinto stava cercando nel momento in cui è andato violentemente a muro distruggendo la sua Williams FW46. L’impatto da 50G cui è stato sottoposto Franco non ha messo in ginocchio solo lui, ma anche e soprattutto una scuderia costretta a un superlavoro dopo Interlagos per portare in pista due vetture. Lo sguardo dei meccanici che hanno sopportato turni da 24 ore rovistando tra i rottami delle monoposto di Albon e Colapinto trasmetteva tutta la delusione per l’ennesimo incidente costosissimo.
A fronte degli schianti di Colapinto in Brasile e a Las Vegas, la mente corre ai ripetuti incidenti di Logan Sargeant. Ma si tratta di situazioni ben diverse. Sargeant sbatteva a muro perché arrivava al suo limite di guida ben prima di raggiungere quello della sua monoposto. Colapinto, invece, come un novello Icaro vola troppo vicino al sole, con un atteggiamento troppo volitivo che risulta controproducente in circostanze sfidanti come il diluvio di Interlagos e la pista liquida di Las Vegas. Per assicurarsi il sedile per il prossimo anno che tanto sogna, gli servirebbe l’algida compostezza di George Russell, glaciale come le temperature di Las Vegas anche quando ha baciato il muro nel suo primo tentativo lanciato in Q3.