F1, Mattia Binotto: “Non firmerei per un secondo posto in Bahrain”

F1, Mattia Binotto: “Non firmerei per un secondo posto in Bahrain”
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In casa Ferrari si respira un clima di fiducia che non si vedeva da anni. E il team principal della Rossa, Mattia Binotto, traccia un quadro della F1-75 da cui emerge la solidità di una monoposto dotata di una power unit che ha quantomeno colmato il gap con la concorrenza
16 marzo 2022

“Firmerei per un secondo posto in Bahrain? No”. Mattia Binotto, a Maranello per poche ore prima di ripartire per Sakhir, non ha esitazioni nel rispondere a una domanda secca sulle potenzialità della F1-75. Ma il team principal della Ferrari è un uomo riflessivo, che misura accuratamente le parole. E così, dopo un attimo di concentrazione, aggiunge alla platea di media selezionati – Automoto.it compreso – le motivazioni di tanta sicurezza. “Penso che il nostro obiettivo sia competere, vogliamo poter lottare per ogni gara. In partenza non firmo per un secondo posto. Il che non vuol dire che abbia la presunzione di ritenerlo un risultato non soddisfacente. Ma desidero andare in Bahrain per lottare per il meglio”. 

Una fiducia nelle potenzialità del team, questa, che arriva non solo dal comportamento nei test della F1-75, l’ultima nata della casa di Maranello, ma, soprattutto, dai compiti a casa svolti prima di scendere in pista. “Ci siamo preparati bene per i test. L’obiettivo era girare il più possibile, con consistenza, e soprattutto acquisire dati. Bisognava ricostruire un mondo di correlazione tra il comportamento in pista e ciò che avevamo immaginato con i nostri strumenti a Maranello. Avevamo dei dati di base che dovevano essere completati dal lavoro in pista, con le percezioni del pilota. La correlazione è la base da cui partire per gli sviluppi successivi, perché possiamo essere fiduciosi che quello che stiamo studiando a Maranello possa funzionare in pista. La macchina, con un determinato assetto, si comportava come ci aspettavamo, e i limiti della vettura sono gli stessi”. 

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E a Maranello è stato possibile prevedere in anticipo soluzioni per il porpoising. Binotto rivela che, nonostante non fosse verificabile in galleria del vento, era già stato ipotizzato dai tecnici della Rossa. ”Siamo stati veloci a reagire perché di base avevamo già pensato a cosa avremmo potuto fare. E di questo sono soddisfatto. Abbiamo saputo anticiparlo, e l’abbiamo risolto, in gran parte. Una delle soluzioni, l’aggiunta di un tirante al fondo, è uguale per tutti i team. Non è previsto dal regolamento, ma per il venerdì del weekend di gara in Bahrain sarà votato e approvato da tutti. È un accorgimento che, irrigidendo il fondo sul posteriore, aiuta a risolvere in gran parte il problema”. Questo, insieme ad altre soluzioni elaborate dalla Ferrari, ha permesso alla Rossa di “riportare la vettura all’altezza da terra ottimale. Che sia risolto su tutte le piste, non lo sappiamo. Stiamo lavorando, simulando. La speranza è che nell’arco di cinque gare, al massimo, possa essere debellato”.  

Sul tavolo della Federazione c’è anche la questione degli specchietti, su cui lo stesso Binotto aveva attirato l’attenzione nei giorni scorsi. “La FIA ha sempre detto, in passato, che il supporto dello specchietto deve avere solo una funzione strumentale, mentre quella aerodinamica può essere solo incidentale. Se questo è il principio tenuto finora, oggi non c’è motivo di cambiare idea. Ritengo che certe soluzioni odierne non abbiano un’influenza solo incidentale, ma consentono un beneficio aerodinamico, e siano quindi contrarie allo spirito della FIA”. Più che un ricorso, Binotto invoca una direttiva tecnica, come quella che, nel 2018, aveva bandito lo specchietto montato sull’halo della Ferrari. “Nessuno sta mettendo in dubbio la legalità dello specchietto della Mercedes per come è scritto il regolamento. Visto che le direttive tecniche rappresentano un’interpretazione della FIA delle normative, sono curioso di sapere la loro opinione questa volta”. E la discussione, riflette Binotto, sarà tutt’altro che scontata. “Siamo dieci team, più la FIA e la F1. Dodici teste, dodici idee diverse. E ognuno cercherà di tirare acqua al proprio mulino”. 

La fiducia che si respira in casa Ferrari si evince anche quando Binotto tocca la questione dell’attesa power unit “Superfast”, chiamata a colmare il gap con i motoristi concorrenti riscontrato lo scorso anno. Discrepanza che il team principal della Ferrari quantifica in circa 20-25 CV. Posto che non è semplice fare delle valutazioni – “perché possiamo capirlo solo attraverso il GPS con misure indirette, che sono influenzate da alcune variabili, come il peso della vettura, che non conosciamo per le altre vetture nei test” – e che serviranno “almeno tre o quattro gare” per fare valutazioni, “per il poco che abbiamo visto, siamo a livello degli altri. Sicuramente non di meno, semmai qualcosina in più”. Altra affermazione, questa, che sottende un livello di fiducia che a Maranello non si vedeva da anni.

Nonostante il balzo prestazionale della power unit, però, Binotto non si sbilancia sui valori in campo. “Non so dove siamo di preciso, onestamente. Secondo me serviranno 4/5 gare per capire il vero potenziale di queste macchine. Un giudizio oggi sarebbe prematuro, anche se dovessimo trovare una buona prestazione in Bahrain. Un buon risultato potrebbe essere una semplice illusione. Credo saremo competitivi in Bahrain. Quanto – due decimi davanti, due dietro - non lo so dire. La Red Bull mi è sembrata molto forte, magari una delle loro vetture ci starà davanti e l’altra dietro. Però credo che se ci fosse una differenza non sarebbe incolmabile nell’arco di quattro o cinque gare. Il punto di partenza è buono. Quanto, lo scopriremo”. 

La vera incognita per il prosieguo della stagione riguarda la “la nostra capacità di sviluppo paragonata a quella degli altri”. Non per demeriti del team, quanto per una nuova variabile: “Ho totale fiducia in questa squadra, che ha dato vita alla vettura come è oggi. Ma oggi esiste un ulteriore limite all’equazione, il budget cap. La capacità di sviluppo non è solo legata alla creatività degli ingegneri, ma ci sono dei limiti del tetto di spese, che pesa su ogni scuderia in modo diverso a seconda dell’interpretazione dei regolamenti, e a come siamo strutturati. Come ha detto Christian Horner, non può essere un budget cap a influenzare una stagione sportiva. Sta pesando su tutti noi. È in parte vero quello che dice Christian, dobbiamo essere sicuri di stare competendo tutti con gli stessi mezzi”.

Il fatto che la monoposto si comporti “per come l’abbiamo concepita”, è un “punto di partenza buono e sano”, e la condizione migliore per lo sviluppo. E questa consapevolezza ha fatto tirare un sospiro di sollievo a Binotto, che non nasconde l’inevitabile apprensione provata prima di scendere in pista a Barcellona. “È da molto che lavoriamo su questa macchina, e veniamo da stagioni difficili. Questo è un gruppo che ha voglia di riscattarsi e su cui, personalmente, non ho mai avuto dubbi. La macchina è sana, e oggi c’è più leggerezza, superata l’apprensione dei primi giri in pista. Resta quella del primo confronto in gara. Si sta anche trasformando in una voglia di far bene, di ottenere quello che pensiamo possa essere colto”.

E se per Binotto la bontà della sua squadra non è certo una sorpresa, lo è stata, invece, la varietà delle soluzioni portate in pista dalle varie scuderie. “Mi ha stupito vedere tanta differenza di geometrie tra le varie vetture, non me lo aspettavo. Ne abbiamo provate tante, e sapevamo che ci fosse la flessibilità di fare scelte diverse. Ma mi aspettavo più convergenza. Mi ha sorpreso in positivo, è il bello del nostro sport”. Questa varietà, tuttavia, non impedirà un livellamento delle performance, secondo Binotto. “Le prestazioni, più prima che poi, convergeranno. E ci troveremo con delle vetture che ogni gara potranno lottare per qualcosa. La mia sensazione è che questo regolamento stia centrando gli obiettivi che si era prefissato. Credo che le distanze tra i top team e le scuderie di seconda fascia siano diminuite. I piloti stessi confermano che è più facile seguire da vicino gli avversari. Io mi aspetto più spettacolo, con più team che di volta in volta potranno vincere”.

La F1-75, per quanto si è visto nei test, sembra essere nata sotto una buona stella. E dalle dichiarazioni di Binotto sulla monoposto traspare un quadro di grande solidità. “È una macchina che si sta comportando abbastanza bene in tante aree. Queste monoposto sono molto rapide nelle curve veloci. Nelle curve lente credo si possano apprezzare le differenze tra una vettura e l’altra. Oggi la nostra macchina nelle curve lente – vedi il terzo settore di Barcellona – è sicuramente buona. Lo sono anche altre. Lo è la Red Bull, e magari la Mercedes ci sorprenderà”. E i due piloti della Rossa, Charles Leclerc e Carlos Sainz, sembrano essersi adattati alla perfezione allo stile di guida necessario per queste nuove monoposto. Anche se Charles aveva un piccolo vantaggio, avendo “guidato delle F2 rigide e basse da terra”, simili alle F1 attuali, “entrambi si sono adattati velocemente, e credo valga anche per gli altri, visto che il livello in F1, oggi, è altissimo”. 

E la monoposto della Ferrari è frutto di una progettazione accurata, nella cui prima fase sono state esplorate anche soluzioni adottate da altri team. “Quando inizi un progetto cominci dal concetto più generale – dal passo della vettura, al layout dei radiatori – che dettano la forma della cupola. Poi le sospensioni. Quest’anno ci siamo dati il tempo di spaziare su ognuno di questi aspetti, andando a cercare quello che ritenevamo il giusto compromesso. Se abbiamo optato per queste scelte è perché le consideriamo le migliori per i test che abbiamo fatto. Detto questo, l’effetto suolo è la parte predominante della prestazione aerodinamica di queste vetture. L'aspetto determinante – il fondo – è identico quasi per tutti. Per questo le prestazioni andranno a convergere. Disegnato il fondo, che contribuisce al 90% della performance, ci siamo divertiti sul 10% restante, che, se fatto bene, dà gli ultimi due decimi”. E la sensazione, vedendo Binotto a qualche giorno dall’inizio del mondiale, è che saranno proprio pochissimi decimi a fare la differenza tra la Ferrari e la diretta, blasonata, concorrenza. E non è detto che stavolta sia la Rossa a inseguire. 

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