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Lasciato il Belgio per godersi qualche giorno al caldo, il ritorno in F.1 in Olanda rappresenta quel salto quantistico temporale che fa rimpiangere le spiagge appena lasciate. Non è un viaggio nello spazio che separa l’Italia dall’Olanda, quanto un viaggio che separa agosto da novembre inoltrato. Le condizioni meteo sono tali da far presagire un anticipo di inverno, ma agli olandesi non lo hanno detto. Perché con 15 gradi, pioggia e vento forte, loro si vestono secondo il calendario. Come gli inglesi.
All’atterraggio del nostro volo, fra salti, ballonzoli, traversi e altro ancora, tocchiamo terra dopo aver, nell’ordine, ringraziato tutti i santi in calendario e già che c’eravamo anche gli altri dei oltre ai nostri, in modo che abbiamo fatto contente tutte le religioni esistenti in quei 10 minuti da infarto con un tempo infame anche se è agosto. E’ agosto, quindi estate? E i locali in canotta e infradito, al massimo un cappellino per la testa, incuranti della pioggia fitta. Noi, più modestamente, ipotizzando un clima pessimo, ci eravamo organizzati a strati. Maglioncino, giubbino pesante anti acqua, scarpe adeguate (dopo la pessima esperienza dell’anno prima) e cappellino per gli scarsi capelli rimasti in sede. Il fit check era adeguato, quindi. Mancava un must have locale, l’ombrellino. Comprato in un negozio di souvenir vicino all’hotel, a due passi dalla stazione. Apriamo parentesi: la prenotazione è stata fatta mesi prima, perché si dava il tutto esaurito e pertanto per una stanza di 8 metri quadrati, con letto da 1,78 di lunghezza e 50 centimetri di larghezza, che impone di dormire piegati, con un finestrone sopra la testa coperto da una tendina risalente a due secoli prima, il modico costo era di 220 euro a notte. Visto che la ladrata era insufficiente, ci hanno fatto pagare altri 50 euro di supplemento al check in perché la colazione, obbligatoria, era stata inclusa nel servizio.
Due giorni prima del GP, invece, saltano fuori diverse opzioni a prezzi dimezzati con servizi e hotel migliori, ma ormai avevamo dovuto pagare in anticipo tutto e la fregatura è servita… Tornando al must have del GP, l’ombrellino, pagato la bellezza di 5 euro cash, la sua durata è stata quella di un gatto in autostrada. Il tempo di entrare in un bar, obbligati a posare l’ombrello sotto al bancone, prendere il caffè, pagare e scoprire che l’ombrellino ci è stato fregato sotto al naso… Tornati mogi e incazzati al negozio di prima, la commessa ci guarda stupita nel vedere che abbiamo preso un altro ombrellino (sempre 5 euro) e ha chiesto se si fosse rotto l’altro: “No, ce lo hanno rubato” abbiamo risposto. “Ah, succede quando piove”. Grazie, non lo avevamo capito… Andiamo in stazione, prendiamo un treno super affollato (andata e ritorno 14 euro) e troviamo una folla di tifosi di Verstappen di ogni età. Il controllore via radio ogni tanto ricorda le stazioni prima di Zandvoort e alla fine urla sempre un “Forza Max” fino all’arrivo dove l’orda scende dal treno sotto una pioggia fitta, senza ombrellini (hai visto mai che li freghino…) e il controllore seduto in alto con un megafono in mano, urla ai tifosi “Dai facciamo sentire il tifo per Maxxxxxxx” e via così.
La stradina che porta al circuito diventa una sorta di bar a cielo aperto, con bibite, panini, caffè offerti (prezzi modici) dagli abitanti. Se non che due tifosi italiani (in rigoroso abbigliamento Red Bull!) parlando fra loro si fanno scappare propositi commerciali: “Guarda, qui verrebbe da prendere in affitto una casa, ci mettiamo dentro 150 persone per il GP e ci siamo pagati affitto trasferta e guadagno”. Bel proposito, nulla da dire. Resta il problema di come prendere in affitto qualcosa che serve ai locali. Per fortuna quest’anno la viabilità è stata modificata. La serie di ponti con trabatelli per scavalcare le strade, sono stati rimossi. Erano circa 80 gradini alla volta. Adesso una sbarra, azionata da personale di servizio, blocca le auto e fa passare i tifosi a piedi. Semplice, pratico, poco costoso rispetto ai ponti, ma soprattutto meno faticoso per tutti. Poco prima dell’ingresso in circuito, in una duna seminascosta, compaiono dei funghi di plastica grigia ad altezza uomo e cabine arancio. Sono le toilet a cielo aperto. Con litri di birra in corpo (rigorosamente sponsor del GP) dal bar al fungo è un via vai continuo, con litri di birra trasformati in fertilizzante poco dopo. Pratico senza dubbio, anche se nella fretta qualcuno gira per strada con l’attrezzatura pronta all’uso, cosa che non scandalizza le gentili signore che in quanto a birra e servizi, fanno concorrenza ai maschietti.
Si passa il controllo dal cancello VIP- Crew e veniamo instradati verso la corsia del pubblico normale. Perché c’è anche un servizio navetta che porta dalla stazione di servizio al paddock, dove la sala stampa è allestita su un capannone in tensostruttura. Per accedere dobbiamo seguire la calca, spintonare qua e là e discutere con l’addetto al controllo che non ne vuole sapere. Dopo i 3 km a piedi sotto la pioggia, lo sguardo cattivo del “ti spiezzo in due” con accento da film Rocky, ha sortito l’effetto sperato. Saliamo sul cart elettrico che dovrebbe portarci in pista (per 400 metri di percorso…) e la mobilità elettrica fa cilecca: “Scusate, dobbiamo ancora tenerlo sotto carica” ci dice il ragazzo alla guida, aggiungendo “sa, è la prima volta che lo uso, lei è il primo cliente che porto a bordo”. Ringraziamo, salutiamo, e ci facciamo gli ultimi 400 metri a piedi. Tanto ormai il percorso quotidiano di circa 14 km a piedi aiuta a mantenere la linea, compresi i prezzi dei ristoranti in centro. Una bistecchina da 200 grammi con acqua, appena…42 euro. E’ il GP, si sa. E in quanto alle famose vetrine di Amsterdam, sarà la crisi, sarà che ormai hanno perso appeal, ma sono più i cartelli con scritto affittasi che quelle operanti. C’era una volta Amsterdam…