F1: la storia tra Michael Schumacher e la Ferrari, una monoposto alla volta [Video]

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Ripercorriamo l'epoca d'oro della Ferrari e di Michael Schumacher in Formula 1 attraverso le monoposto esposte alle Finali Mondiali della Rossa al Mugello
31 ottobre 2023

Michael Schumacher e la Ferrari hanno formato un sodalizio che ha fatto la storia della Formula 1. Insieme, il Kaiser e la Rossa hanno dominato la massima categoria del motorsport nei primi anni Duemila, annichilendo la concorrenza. Alle Finali Mondiali Ferrari al Mugello, nel Sancta Sanctorum delle monoposto che hanno fatto la storia della Rossa, abbiamo avuto modo di riavvolgere il nastro e ripercorrere l’epopea dell’era Schumacher, una monoposto alla volta.

Per cominciare a raccontare questa storia, serve un prequel, che ci riporta alla 412 T2, la prima monoposto della Rossa che il Kaiser abbia provato, a fine 1995. In quel test a Fiorano Michael rimase stupito dall’ultimo motore V12 proposto dalla Ferrari in F1. Un propulsore la cui cilindrata era scesa come da regolamento da 3,5 a 3 litri, con una potenza massima di 700 CV, bancata con angolo di 75° e con 10 kg in meno per l’uso di una lega leggera per il basamento del motore. “Come avete fatto a non vincere il mondiale con una macchina così?” chiese ai tecnici.

Prima che Schumacher ottenesse il titolo tanto sognato, sarebbero passati anni, conditi da cocenti delusioni. Come quella rimediata nel 1997 con la Ferrari F 310 B. Più convenzionale e vicina come filosofia progettuale alla Williams che aveva trionfato l’anno precedente, la F 310 B non era gentile con le gomme, ma era molto affidabile, cosa tutt’altro che scontata per l’epoca. Con un pilota come Michael alla guida, la sfida mondiale arrivò all’ultima gara. Sappiamo tutti come finì a Jerez: con Jacques Villeneuve fu contatto, squalifica, onta.

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Ci vollero altri tre anni prima che, per citare le parole dell’indimenticabile Gianfranco Mazzoni, i colori dell’arcobaleno tornassero sulle insegne del Cavallino Rampante. Era l’8 ottobre del 2000 quando Schumacher riportò l’iride piloti a Maranello dopo 21 anni di digiuno. Merito anche di una monoposto, la F1-2000, estremamente competitiva in ogni aspetto, con un motore, il V10 numero 049, costruito con un’architettura da cui non derivavano costrizioni aerodinamiche. Era la macchina migliore del lotto, e si vedeva.

Fu un successo incredibile, ma la Ferrari avrebbe superato sé stessa con la F2002, monoposto con cui Schumi vinse il mondiale addirittura a luglio, a Magny Cours. Per colpa della coppia Schumacher-F2002, fu persino cambiato il sistema di punteggio. Non sarebbe servito. La F2002 presentava una vera e propria chicca tecnica, un rivoluzionario cambio in fusione di titanio, che aveva consentito di ridurre le dimensioni del retrotreno per migliorare l’efficienza aerodinamica. Un lavoro di fino tipico di una scuderia che parte da un’ottima base che sarebbe continuato anche negli anni successivi, con le vittorie dei titoli mondiali 2003 e 2004.

Ogni ciclo, però, ha la sua fine. E l’avventura di Schumacher con la Rossa si concluse nel 2006 con la 284 F1, la prima monoposto della Rossa da oltre quarant’anni a montare un motore V8, posizionato longitudinalmente. Di quell’anno si ricordano tante cose, ma la memoria indelebile nella mente di tutti i tifosi è l’ultima vittoria di Schumacher in rosso, la numero 91 di una carriera straripante. La colse in Cina in condizioni miste. Schumacher arrivò a Suzuka a pari punti con Fernando, ma la rottura del motore pose fine ai suoi sogni e a un’era incredibile per la Rossa. Che ancora oggi i tifosi della Ferrari ricordano con il nostalgico affetto per un mondo che non esiste più.

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