F1. La FIA vuole aspettare un’altra tragedia prima di ascoltare i suoi piloti?

F1. La FIA vuole aspettare un’altra tragedia prima di ascoltare i suoi piloti?
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A Suzuka, otto anni dopo l'incidente costato la vita a Jules Bianchi, si è rivista una gru in pista in condizioni decisamente proibitive. Ma perché la Federazione si ostina a non ascoltare i piloti, che da tempo si battono affinché non succeda?
9 ottobre 2022

“Se fossi transitato due metri più a sinistra, sarei morto”. Gli occhi azzurri di Pierre Gasly erano sgranati come quelli di un reduce di guerra che ricorda un passato scioccante quando si è presentato davanti ai microfoni di Mara Sangiorgio per raccontare il modo in cui ha sfiorato la morte nel Gran Premio del Giappone 2022 di Formula 1. Per quanto sia cruda questa affermazione, è la corretta rappresentazione di ciò che è accaduto a Suzuka, otto anni dopo l’incidente che costò la vita a Jules Bianchi.

“Abbiamo già perso Jules – ha osservato Pierre – una persona straordinaria e un pilota eccezionale, per un incidente occorso nelle stesse condizioni, e con una gru. Com’è possibile che ce ne fosse una in pista? Mi sono spaventato. Se avessi perso la vettura come Sainz il giro prima sarei morto, a prescindere dalla velocità. È irrispettoso per Jules e la sua famiglia, e per noi piloti. Sono molto grato di essere ancora qui, e di poter andare dalla mia famiglia e dai miei cari. C’è bisogno di qualcuno che garantisca la nostra sicurezza”. 

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Gasly si è trovato sul percorso un mezzo di recupero in un momento in cui stava indubbiamente procedendo ad alta velocità. Stava cercando di raggiungere il gruppo dietro alla Safety Car dopo la sosta per rimuovere il cartellone raccolto nel bailamme in pista quando ha notato il pannello che segnalava la bandiera rossa. Ha alzato il piede, ma nell’arco di pochi secondi non avrebbe potuto inchiodare, né reagire in modo più tempestivo. La FIA, però, ha deciso di metterlo sotto investigazione, per la velocità mantenuta dopo l'incontro con la gru.

"Per quanto riguarda l'episodio nel terzo giro - si legge in una nota diffusa dalla Federazione - la Safety Car era stata mandata in pista e la gara neutralizzata. La macchina numero 10 (Gasly, ndr), che aveva accusato dei danni e si era fermata ai box in regime di Safety Car, stava procedendo ad alta velocità per riprendere il gruppo. Mentre le condizioni peggioravano, la bandiera rossa è stata esposta prima che la vettura numero 10 passasse nella zona dell'incidente dove era stata danneggiata nel giro precedente".

Alla fine, a Gasly è stato comminato l'equivalente di un drive through - 20 secondi - non per la sua velocità quando è transitato dove si trovava il trattore, bensì dopo. La telemetria ha infatti rilevato un picco di velocità di 251 km/h, eccessivo anche se inferiore alla rapidità massima possibile in quelle condizioni. E i commissari hanno tenuto conto anche dello "shock" di Gasly nel vedere una gru in pista in traiettoria. Ma se è giustificabile il fatto che fosse scosso, come può esserlo la presenza del mezzo in quelle condizioni?

Ma più che analizzare la penalità a Gasly, vogliamo invece investigare l’operato della stessa FIA. È davvero necessario mandare in pista un trattore a gruppo non ancora ricompattato, o senza che le monoposto siano arrivate ai box dopo la bandiera rossa, nel momento in cui la visibilità in pista è davvero scarsa? Le immagini dell’on-board della macchina incidentata di Sainz, ormai messa sulla gru, sono ancora più impressionanti. Si vede una saetta sfrecciare a pochi metri dal mezzo, con un commissario intento nelle operazioni di recupero.

La pioggia, la visibilità scarsissima, i piloti che corrono alla cieca sulla splendida, quanto beffarda pista di Suzuka: bastava questo a far scattare nella mente la suggestione di quell’infausto giorno del 2014 finito per costare la vita a Bianchi. La presenza di non uno, bensì due mezzi di recupero in pista ha fatto impazzire di rabbia i piloti. “Come possiamo fare per rendere chiaro che non vogliamo vedere mai una gru in pista? Abbiamo perso Jules per questo errore. Quello che è successo oggi è totalmente inaccettabile. Spero che sia l’ultima volta che accade”, ha tuonato Sergio Perez, che quel giorno del 2014 lo ricorda molto bene. 

Ma è un’opinione condivisa anche da chi non correva ancora in F1 all’epoca. “Com’è possibile che sia successo? – si chiede Lando Norris su Twitter – Abbiamo perso una vita in una situazione analoga anni fa. Rischiamo la pelle, specialmente in condizioni come questa. Vogliamo correre, ma questo è inaccettabile”. Dello stesso avviso è anche Carlos Sainz. “Non so se sia chiaro a tutti, ma anche alle spalle della Safety Car viaggiamo a velocità elevate, e in queste circostanze non vediamo nulla, anche dietro alla Safety Car”.

"Se un pilota decide di andare leggermente fuori traiettoria – riflette Carlos -  ha un piccolo aquaplaning, o deve cambiare un settaggio sul volante e esce dalla traiettoria e prende un trattore, è finita. Non capisco perché in queste condizioni ci prendiamo questi rischi, non ha senso. Se si ha intenzione di esporre la bandiera rossa, perché rischiare?”. La questione, peraltro, era stata sollevata già tempo fa nei briefing con il direttore di gara da Sebastian Vettel, uno dei decani di questo sport. E allora, perché non si tiene conto del parere di chi rischia in prima persona?

La verità è che i piloti non vengono ascoltati. Vengono redarguiti e pure multati per minuzie come i gioielli, quando altre macroscopiche problematiche sono sistematicamente ignorate. La FIA si concentra sulla pagliuzza altrui, senza curarsi della propria trave. E in giornate come questa viene davvero da pensare che il sacrificio di Jules Bianchi sia stato vano. Lo ha scritto anche suo papà, Philippe, che non può e non si potrà mai fare una ragione di una tragedia come quella che l’ha colpito. Così come non ci si può fare una ragione della miopia della Federazione. Perché si rifiuta di prendere sul serio la rabbia che si nasconde nello sguardo di chi, come Gasly, ha rischiato la vita per una circostanza che non dovrebbe più verificarsi.

Da Moto.it

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