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I pit stop in Formula 1 negli anni sono diventati sempre più veloci. Attualmente, si è scesi addirittura sotto i due secondi. Nel 2021, la Red Bull ci è riuscita tre volte con Max Verstappen: 1,93 secondi in Bahrain e 1,98 secondi in Azerbaijan e in Portogallo. Delle tempistiche, queste, che sembrano incompatibili con i tempi di reazione umani. Analizzando le soste, la FIA ha ipotizzato che il livello di automazione dei pit stop possa essere più elevato di quanto consentito dal regolamento. L'articolo 12.8.4 permette l'utilizzo di dispositivi con sensori, che, tuttavia, possono "agire solamente in modo passivo". Ed è questo il punto delle normative più spinoso. Sebbene la Red Bull si sia distinta nell'ambito delle soste, il dito non è però puntato contro un team specifico.
Il problema è legato alla sicurezza: il fatto di avere un certo livello di automazione in alcune procedure può aprire il fianco a pericoli. Per questo, a partire dal Gran Premio di Ungheria, ad inizio agosto, saranno introdotte delle soglie di tolleranza per determinate fasi dei pit stop, in modo tale da evitare una rapidità tale da escludere tempi di reazione umani. Dovranno passare almeno 0,15 secondi dal serraggio di un dado con la pistola al momento in cui viene tolto il martinetto per rilasciare la monoposto.
Il lasso di tempo dall'abbassamento del martinetto al segnale di ripartenza dato al pilota, invece, dovrà essere di almeno 0,2 secondi. Si tratta di una logica che, per certi versi, è simile a quella della falsa partenza. Se i tempi di reazione mostrati allo start di una corsa sono eccessivamente veloci, significa che il pilota potrebbe avere anticipato il via. Anche nelle soste, dunque, si ragionerà in termini di tempi di reazione umani plausibili. I team, precisano dalla FIA, avranno tre GP di tempo per adeguare le proprie procedure alle nuove normative imposte dalla Federazione.