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Il comunicato di Liberty Media sull'arrivo di un nuovo sponsor dell'Arabia Saudita apre scenari nuovi per la F.1. Il contratto pluriennale fra la Saudi Aramco, la principale produttrice di petrolio, e la F.1 porterà soldi alle casse del circus. Non solo scritte lungo il tracciato ma anche tre GP sponsorizzati, a partire dal GP USA ad Austin (non casuale visti i rapporti con l'amministrazione Trump) il GP di Spagna e quello d'Ungheria. Visto che dagli ambientalisti l'Aramco è considerata come il maggior inquinatore al mondo, con tonnellate di polveri sottili e altri inquinanti immessi nell'atmosfera, questa operazione con la F.1 che dovrebbe essere il pinnacolo della ricerca su una mobilità verde (vedi motori ibridi) è alquanto stridente, ma come dicevano i latini pecunia non olet, i soldi non puzzano.
E parlando di Arabia Saudita, al prossimo GP del Bahrain ci sarà un incontro importante fra gli organizzatori del circuito di Qiddyia e i responsabili di Liberty Media. Su invito del Principe Regnante del Bahrain, i responsabili arabi avranno l'occasione di definire la nascita di un GP di F.1 nel loro paese. Quindi la forma di Aramco è solo il primo passo di un coinvolgimento ancora più ampio nella regione dopo il GP di Abu Dhabi e quello del Bahrain, giunto al 16 anno di fila, primo della serie nella regione. La F.1 aveva disputato una gara non valida per il mondiale in Arabia agli inizi degli anni 80, grazie anche allo sponsor Saudi Arabia sulle Williams del campione del mondo Alan Jones, che aveva anche come sponsor un ramo della famiglia Bin Laden (proprio lui, Osama, discendente diretto...) impegnata nelle costruzioni.