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L'annuncio dell'addio di Honda alla Formula 1 alla fine della stagione 2021, arrivato nell'ottobre dello scorso anno, sembrava un fulmine a ciel sereno, a squarciare le velleità a lungo termine del team di Milton Keynes. Il rapporto tra la Red Bull e Honda, all'epoca, stava cominciando a dare i frutti sperati. Ma, come spesso accade in F1 quando di mezzo ci sono case giapponesi, lo strappo si consuma proprio sul più bello. Fu così, nel 2009, per la Toyota, che, nonostante dei buoni risultati - quell'anno sia Jarno Trulli che Timo Glock andarono più volte a podio - decise di lasciare il Circus. La stessa Honda, peraltro, non è nuova ad addii del genere. Dalle ceneri del team Honda, ritiratosi a fine 2008, nacque la Cenerentola Brawn GP, che, nell'arco di poco più di 12 mesi, sarebbe diventata la Mercedes.
L'addio di Honda sembrava un disastro annunciato per la Red Bull. Perché, tenendo conto dei fornitori attualmente presenti in F1, l'unica soluzione percorribile pareva un ritorno di fiamma con la Renault. Casa con cui i rapporti erano diventati ingestibili, sul finire della loro collaborazione. Anziché piegarsi a questo destino avverso, la Red Bull ha deciso di esercitare il proprio peso politico attraverso un pressing incessante per anticipare il congelamento dei motori alla stagione 2022. Una mossa azzeccatissima, visto che la Red Bull avrà tutto il tempo necessario per mettere a punto la sua fabbrica di power unit in house per i propulsori per il 2025 continuando a sfruttare, nei prossimi tre anni, i motori della Honda.
Questa sapiente mossa da parte del team di Milton Keynes, a ben vedere, potrebbe essere persino uno scacco matto. Il motivo è presto detto: Honda vuole assolutamente chiudere la sua esperienza in F1 con la vittoria del titolo mondiale. Sarebbe la degna conclusione di un percorso inizialmente assai dissestato, con le power unit nipponiche soffocate nelle forme extra small delle monoposto della McLaren, ma poi diventato foriero di risultati proprio grazie alla sinergia con Toro Rosso prima e Red Bull successivamente. Per questo, la casa giapponese non ha assolutamente lesinato sugli investimenti per questa stagione.
E gli sforzi di Honda si notano in pista. I giapponesi hanno equipaggiato la RB16B con un propulsore decisamente performante. Forse anche più di quello della Mercedes. Lo si è visto bene al Paul Ricard: la telemetria evidenziava dei fenomeni di clipping sul dritto per la power unit di Brixworth, ma non per il cuore pulsante della RB16B. Qualche spettro a livello di affidabilità c'è stato, soprattutto ad inizio stagione, ma con l'arrivo della seconda unità stagionale, proprio in Francia, quelle nubi sembrano del tutto dissipate. La Red Bull, al momento, dispone della monoposto più efficace del lotto. Un'ottima notizia per Max Verstappen, che per la prima volta in carriera ha a disposizione una vettura da mondiale.
I progetti di Red Bull e Mercedes, a ben vedere, stanno seguendo due andamenti opposti. La scuderia di Brackley si trova evidentemente a fine ciclo, e ha scelto di non forzare la mano sull'ultimo anno prima del regolamento tecnico, forse anche con la convinzione di avere una superiorità talmente schiacciante da non poter essere interrotta con facilità. In casa Red Bull, invece, si è lavorato di fino sulla monoposto, che a occhio sembrava molto simile a quella del 2020, da cui ha ereditato il nome. Ma il vero cambiamento, la potente nuova power unit di Honda, si celava sotto quell'aspetto così familiare. Risolti anche i problemi di correlazione tra i dati delle simulazioni e quelli in pista, si sono creati i presupposti per un progetto vincente.
L'addio di Honda, insomma, alla fine potrebbe dare la spinta decisiva alle speranze mondiali della Red Bull. Ma lo scacco matto potrebbe interessare pure i prossimi anni. Perché i tecnici giapponesi stanno lavorando alacremente al motore che verrà congelato per tre anni. E se dovessero confermare il vantaggio che si sta concretizzando rispetto alla concorrenza, la Red Bull potrebbe gettare le basi per un nuovo ciclo vincente. Chi l'avrebbe mai detto, sei mesi fa, che la scuderia di Milton Keynes avrebbe potuto beneficiare della separazione, nemmeno poi così consensuale, da Honda? Probabilmente nemmeno lo stesso Max Verstappen, ora in rampa di lancio verso la gloria.