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Un controllo di macchina come pochi altri hanno saputo fare, un carattere esplosivo, la tendenza a dare spettacolo, la passione e l’amore per la Ferrari: sono questi gli ingredienti di Jean Alesi, il pilota dell’epoca moderna più amato dai tifosi della rossa al pari di Gilles Villeneuve e Michael Schumacher. Eppure, quando Jean Alesi, francese ma originario di Alcamo, in Sicilia, debuttò in F.1, la cosa fu vista con sufficienza e anche con un po’ di risentimento. Al GP di Francia del 1989 la Tyrrell ha un nuovo sponsor legato a un marchio tabacchifero col quale, in F3000, Jean Alesi sta facendo faville. Jean è francese di licenza ma italiano di passaporto, lo sponsor vuole celebrare la gara sul circuito Paul Ricard e Ken Tyrrell ha una macchina libera. A dire il vero quella macchina sarebbe occupata da Michele Alboreto, che in Messico l’ha portata al terzo posto, salendo per l’ultima volta sul podio in F.1. Ma Tyrrell non è uno che si fa troppi problemi: avvisa Michele che non c’è posto, che lo sponsor spinge per questo ragazzino e di trovarsi un’altra monoposto. Michele abbozza, ormai è vecchio dell’ambiente, e si cerca una sistemazione alla Lola Larrousse, saltando però due gare. Alesi, invece, sa che quel GP di Francia potrebbe essere la sua grande occasione.
Un ragazzino che lascia il segno in F1
Conosce bene la pista, in F.3000 col team di Eddie Jordan sta facendo faville, perché dovrebbe andare male proprio in F.1? E così parte l’avventura di Jean Alesi nel mondiale piloti. Al via è subito carambola, con la Leyton House di Gugelmin che decolla sulla Ferrari di Mansell. Il botto è tremendo, ma nessuno si fa male. Quando poi la gara scatta regolarmente, alla prima curva Alesi ci mette ancora del suo. Alla fine il ragazzino finisce al 4 posto, mica male per un debuttante. La corsa la vince Alain Prost davanti a Nigel Mansell e Riccardo Patrese. Come dire il massimo esistente (Senna fu costretto al ritiro). Insomma: la Tyrrell non è male, le gomme Pirelli sono buone, ma il ragazzino ha i numeri per ben figurare. L’anno dopo, stagione 1990, Alesi mostra subito di che pasta è fatto: a Phoenix si permette di duellare con Ayrton Senna, sorpassi e controsorpassi. A Montecarlo fa sognare e come a Phoenix finisce al secondo posto. Si scatena la caccia a Jean Alesi, che qualcuno comincia a chiamare “Jeanburrasca” per il suo modo di guidare, ma anche di trattare con la stampa. Tyrrell gli rinnova il contratto a metà stagione, Frank Williams gli fa firmare un accordo per la stagione 91 e quando al Paul Ricard si fa sotto anche la Ferrari, Alesi non esita e firma il terzo contratto di fila.
Unico problema, sono tutti e tre validi per il 1991. Qualcosa non torna… Ken Tyrrell si fa rimborsare dalla Williams, prende i soldi e imbastisce la stagione seguente, il braccio di ferro fra la Ferrari e Frank Williams si risolverà solo a fine stagione. Siamo in Portogallo, ultima tappa europea. La Ferrari ha solo Alain Prost come pilota certo, Nigel Mansell se ne va e al via della gara si capisce perfettamente: con uno scatto da felino, l’inglese chiude la porta al francese. Si rischia il patatrack. Ma Alesi capisce anche che la sua strada sarà alla Ferrari. Nel dopo corsa va da Williams e si rimangia il contratto. Frank capisce la passione di Jean, Cesare Fiorio, DS della Ferrari, raggiunge l’accordo e come pegno ci sarà una Ferrari 640 da consegnare alla Williams a fine '91.
Arriva in Ferrari ed è subito idolo
Jean Alesi diventa ufficialmente pilota della Ferrari e affianca Alain Prost. A Fiorano, metà gennaio, fra il freddo e la nebbia, si scopre che Jean in realtà si chiama Giovanni, come riportato sul passaporto e che in famiglia parlano tutti italiano perfettamente. Il papà ha ancora la carrozzeria ad Avignone e là continua a lavorare il fratello Josè che fa da manager a Jean il quale, quando può, in officina si diverte ancora a restaurare e riparare auto. Magari quelle distrutte in compagnia quando è allegro e ci dà dentro col gas. Basta questo per farlo diventare il beniamino dei tifosi della Ferrari, perché fra il pilota e il tifoso in tribuna, la distanza non c’è: sono tutti fatti della stessa pasta, si capisce al volo cosa passa nella mente di Alesi che è la stessa cosa che passa al tifoso appollaiato in tribuna. Si arriva alla stagione 1991. A Phoenix, dove l’anno prima Alesi aveva strabiliato nel duello contro Senna, c’è solo un 12° posto. Prost finisce secondo alle spalle del brasiliano.
L’inizio è in salita anche perché qualcosa è cambiato all’interno del team. I rapporti fra Prost e Fiorio peggiorano, toccando il fondo nel giro di ricognizione del GP di San Marino. Piove e Alain va fuori alla Rivazza. Fiorio è infuriato e non lo manda a dire. Alesi si ritira. La tensione è altissima e a Montecarlo succede di peggio: Jean sale sul podio dopo una gara di attacco, Prost finisce quinto dopo un pit stop disastroso. Fiorio viene esonerato il martedì dopo la gara, la squadra fatica a riprendersi e precipita sempre più indietro, ma Alesi conquista il cuore dei tifosi andando sempre al massimo, mettendoci del suo anche quando le circostanze sono contrarie. A fine anno Prost viene licenziato dopo aver definito la Ferrari pesante da guidare come un camion. In Australia Alesi è prima guida con Morbidelli al fianco. La stagione finisce fra le polemiche. Arriva il 1992 e la Ferrari presenta una monoposto innovativa: la F92A, caratterizzata dal doppio fondo. L’idea di base è geniale, in galleria del vento si vedono risultati strepitosi per i valori di carico aerodinamico.
Sembra di vedere in azione Gilles Villeneuve, di cui Alesi ha un enorme poster in camera sua ad Avignone: non arrendersi mai era il motto del canadese e Jean lo emula in tutto e per tutto
Alesi, la Ferrari e quel podio a Monza '93
La monoposto adotta anche le molle a tazza, ma la regolazione di questa soluzione tecnica non è delle migliori. In rettilineo il doppio fondo si rivela un disastro: il carico è talmente elevato che pare di viaggiare “col paracadute aperto” dirà poi Jean. Il cambio trasversale è disponibile solo per la macchina di Alesi, quella di Capelli viene adattata con un cambio longitudinale, ma la grinta di Jean sopperisce alle carenze tecniche e qualcuno si illude. In Spagna e a Montecarlo Alesi sale sul terzo gradino del podio, ma sarà più il frutto dei rischi presi al volante che il reale potenziale tecnico. Il confronto con Capelli viene vinto senza problemi, l’italiano va in crisi con la squadra, Jean diventa il punto di riferimento. Sembra infatti di vedere in azione Gilles Villeneuve, di cui Alesi ha un enorme poster in camera sua ad Avignone: non arrendersi mai era il motto del canadese e Jean lo emula in tutto e per tutto. Fino ad avere il numero 27 sulla sua monoposto. Oltre alla Ferrari e a Villeneuve, Alesi ha anche un altro mito: è Elio De Angelis, lo scomparso pilota romano di cui Jean ha adottato i colori del casco, con la banda nera e rossa ma con l’aggiunta della calotta blu.
Tecnicamente la Ferrari non regge il passo delle Williams e McLaren, bisogna correre ai ripari e nel '93 arriva Gerhard Berger a dare manforte alla squadra. I rapporti fra Gerhard e Jean sono subito buoni. I due si divertono anche fuori dalle piste, nei test a Fiorano ne combinano di tutti i colori, fino ad arrivare al punto (anni dopo) da ribaltare una Lancia Y10 di Jean Todt durante una pausa dei collaudi. Succede che i due rubano la macchina al direttore della GES, entrano in pista e tirano il freno a mano per fare un testacoda. Solo che l’auto è piccola e i due vanno troppo forte. Risultato: auto ribaltata, praticamente distrutta, piloti ammaccati e ramanzina di Todt che non accetta certi rischi dai suoi piloti, trattati come due scolaretti. Il 1993 finisce con una grande prestazione di Alesi a Monza: Jean sale sul podio, finisce il giro di pista sventolando una enorme bandiera della Ferrari. Per i tifosi è l’apoteosi, la consacrazione del mito, di quel pilota tutto cuore che ha dato il massimo e questo basta a tanti. L’emozione sotto al podio, quel giorno, è pari a una vittoria e fa niente se il vincitore, Damon Hill, ha vinto per distacco. Quel secondo posto vale oro!
L'incidente, il recupero e la prima vittoria
Il 1994 comincia con una rivoluzione tecnica: John Barnard è tornato a Maranello, la monoposto, la 412 T1, sembra essere nata bene ma è troppo reattiva. Jean Alesi cerca di spremere il massimo dalla vettura e in Brasile, prima corsa della stagione, il francese sale sul podio dietro al vincitore Schumacher e a Damon Hill. Le premesse sembrano buone, ma durante una sessione di test privati al Mugello, Alesi esce di pista e sbatte con violenza. In elicottero lo portano in ospedale e gli riscontrano una incrinatura delle vertebre cervicali. La diagnosi è di riposo assoluto, Jean è costretto a saltare il GP del Pacifico ad Aida e la gara di casa, il GP di San Marino a Imola. Alesi è furibondo per questo abbandono, anche perché sente che la Ferrari può giocarsela. In tribuna, alla curva Villeneuve, assiste in diretta all’uscita di pista e alla morte di Ayrton Senna. Jean capisce che il suo incidente è stato un campanello d’allarme per la categoria, che dopo la morte di Ratzenberger e le uscite di Wendlinger a Montecarlo e Montermini in Spagna rivoluziona le regole tecniche. Quando Alesi torna in pista, però, non ha perso lo smalto e l’entusiasmo. A Monza segna la pole position con la Ferrari. Dopo quello che ha fatto vedere nel 93, per lui è il trionfo. Purtroppo è costretto al ritiro quando era in testa alla gara. Sarà una delusione cocente da smaltire, perché quando Alesi arriva a Monza, le tribune vibrano per il tifo che gli appassionati gli riservano.
Ferrarista per sempre aveva detto lui al debutto a Fiorano nel 1991. Così è ancora per tutti i tifosi della rossa
In Germania la rossa era tornata alla vittoria con Berger, ma anche quella poteva essere la gara di Jean, fermatosi nelle fasi iniziali dopo essere scattato dalla prima fila a fianco di Gerhard. L’amarezza è tanta, ma il 1995 comincia alla grande. La Ferrari presenta una macchina migliorata nell’affidabilità e velocità. Jean si esalta e si scatena: finisce quattro volte secondo, in Argentina, Imola, Gran Bretagna e al Nurburgring, ma in Canada, sul circuito dedicato a Gilles Villeneuve, arriva finalmente la tanto sospirata vittoria. In testa alla corsa c’è Michael Schumacher con la Benetton. Alesi è secondo, rosicchia qualche decimo al giro, un secondo, poi tre decimi quando a un tratto, a pochi giri dalla fine, Schumacher è costretto a fermarsi ai box. I meccanici della Benetton gli cambiano il volante coi comandi del cambio.
La sosta sarà brevissima, ma Alesi passa al comando. Il francese teme la beffa, come purtroppo accaduta spesso in altre gare e percorre gli ultimi giri di pista con l’ansia di chi non sa cosa aspettarsi. Invece quell’11 giugno 1995, giorno del suo compleanno, Jean Alesi vince il suo primo e unico GP, Schumacher finisce al 5 posto e comanda la classifica iridata con 36 punti contro i 26 di Hill e i 22 di Alesi e Berger. L’ultimo giro di pista, prima di tornare ai box, Jean deve lottare ancora: le lacrime che gli escono per la commozione finiscono sulla visiera, rischia di uscire perché non vede bene, ma quando sale sul podio con Barrichello e Irvine al suo fianco e scopre che le tribune sono in estasi per lui, capisce cosa vuol dire vincere un GP con la Ferrari.
Ferrarista per sempre
A fine stagione, però, finisce anche l’avventura di Alesi in rosso, non prima di aver avuto un ultimo brivido a Monza, quando la sua telecamera colpisce la monoposto di Berger costringendola al ritiro, stessa sorte toccherà poi ad Alesi ai box, per la rottura di un semiasse al pit stop quando era in testa. E’ l’ultima occasione per vincere in rosso, l’anno dopo, il 1996, Alesi ci proverà con la Benetton ma verrà battuto da Schumacher con la Ferrari. Da quando ha smesso di correre con la rossa, Alesi ha disputato ancora sei stagioni, due con la Benetton, due con la Sauber, due con la Prost inframmezzata dalla Jordan con la quale ha chiuso la carriera a fine 2001, ma per tutti Jean Alesi resta un pilota della Ferrari. “Ferrarista per sempre” aveva detto lui al debutto a Fiorano nel 1991. Così è ancora per tutti i tifosi della rossa.