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La sera del 23 maggio 2004 Jarno Trulli se la ricorda perfettamente, come si ricorda perfettamente ancora oggi, venti anni dopo, ogni istante di quel week end a Monaco. Sono passati 20 anni da quel 23 maggio ma Trulli sembra sia accaduto tutto soltanto ieri…Prima di lui soltanto Riccardo Patrese, 1982, aveva vinto e la lista dei piloti italiani vincenti nel principato si ferma proprio a Trulli.
“Beh, in effetti è come se lo fosse, ricordo ancora bene tutto, ogni curva, ogni respiro di quel week end. E anche se oggi le macchine sono cambiate, posso capire e immaginare cosa provino i piloti in corsa. Montecarlo poi è stata la prima e unica vittoria, non si scorda mai. In più vincere a Montecarlo è stato qualcosa di spettacolare, glorioso che rimarrà negli anni”.
Cosa ti ricordi di quel weekend?
“Ricordo tutto, ricordo la pressione che c'era, le aspettative, il fatto che comunque la macchina andasse bene e che tutti sapevano che io ero capace, a Montecarlo, di poter fare grandi cose. Quindi ci si aspettava la pole position, che è arrivata, e soprattutto poi ci si aspettava la vittoria. È arrivata anche quella dopo un Gran Premio comunque molto molto difficile e complesso, perché ci sono state diverse fasi di safety car, difficoltà e cose che potevano ribaltare la situazione, anche perché avevo alle calcagna il mio compagno di squadra Alonso, che era un mio diretto avversario e si giocava tutto su un giro, più o meno sul pit stop, quindi è stata una gara tiratissima per me, non ho potuto permettermi il minimo errore”.
Tiratissima direi, soprattutto quando poi sul podio hai fatto il famoso gesto del telefono: chiamate casa perché qui bisogna recuperare lo smoking per la serata ufficiale…
“Beh sì, quello è stato un segnale diverso, ma comunque è stato un bel weekend, molto duro. Ricordo ancora molto, come al solito, quanto sia stressante Montecarlo, però ricordo anche che in quel particolare frangente avevo i riflettori puntati addosso, perché tutti volevano e sapevano che io potevo vincere, che ne ero capace. Alla fine ce l'ho fatta. Però, ripeto, è stato un weekend molto duro. A livello psicologico, perché fin quando poi non tagli il traguardo non sai mai come va".
Il paradosso è che, si potrebbe dire, che è stato un po’ l'inizio della fine del rapporto con Renault, perché in fin dei conti tu la squadra l'avevi costruita, l'avevi portata al vertice, poi è arrivato Fernando Alonso che nel 2005, con una Renault è da mondiale. Tu invece ti sei trovato fuori perché era successo qualcosa a livello politico: dopo vent'anni, lo puoi spiegare?
“Magari lo sanno tutti ormai com'è andata: il fatto è che io ero all'interno della squadra ed ero in quel momento, comunque in quella fase di stagione, fino a metà, se andate a riguardare, ero di gran lunga davanti a Fernando, sia di punti che di prestazioni in tutto. La cosa forse non andava bene. E c'erano tante pressioni nei miei confronti. Pressioni che erano del tutto ingiustificate. Questo significava che io dovevo cambiare aria. Alla fine è stato un peccato, perché comunque ho costruito una bella squadra, contribuito a creare una bella macchina. Cominciavamo ad andar bene. In quel 2004 non avevamo una macchina per vincere il mondiale, per vincere delle gare sì però. Gare come a Montecarlo. Nel 2004, in altre occasioni si poteva fare molto bene, la macchina vera per vincere c'è stata dall'anno successivo in poi, 2005 e 2006, dove purtroppo io non c'ero e infatti Alonso ha vinto i suoi mondiali con Fisichella al fianco”.
Però alla prima gara del 2005 ti sei presentato in Australia in prima fila a fianco di Giancarlo Fisichella, che ti aveva sostituito alla Renault, come dire signori sono ancora qui, Jarno Trulli non si smentisce…
“Beh, in effetti è stata sì una bella presentazione, no? Addirittura ricordo bene che io andai via prima della fine del 2004, appunto perché le condizioni interne non erano più vivibili e ci siamo separati. Mi davano per bollito e sono salito, una gara dopo, su una Toyota che fino a quel momento era una macchina, diciamo da metà classifica in poi, e l’ho piazzata immediatamente in pole position. Siccome mi davano per bollito, quella è stata per me una grande soddisfazione, una grande rivincita. Perché insomma, avevano fatto di tutto per mettermi in cattiva luce, per farmi andare via dal team e per giustificare le loro malefatte ne hanno dette di ogni, però alla fine io sul campo ho risposto coi fatti…”.
Venti anni dopo non abbiamo più italiani che possono lottare per la vittoria. Che cosa è successo in questo frangente?
“Ma sai, ci sono state delle epoche comunque con tanti piloti italiani. Con i piloti non è mai facile, soprattutto da una parte c'è la Ferrari che attrae tutto l'entusiasmo degli appassionati e di tutti gli interessati. Dall'altra parte c'è la problematica di far crescere i ragazzi in un mondo sempre più difficile, sempre più costoso. Dove ci sono piloti italiani? Hanno sempre meno possibilità con le squadre di vertice e meno possibilità economiche per poter emergere. Questo è un dato fondamentale che emerge ed è emerso in tutti questi anni. Magari fra qualche anno vedremo qualche pilota italiano in F.1 e mi auguro vincente, perché mi sembra che qualcuno sia sostenuto molto bene. Da grandi, però, fondamentalmente ce ne sono troppo pochi mio avviso”.
Allora faccio io i nomi: Antonelli che è supportato da Mercedes e Minì che è supportato da Alpine, ma zero supporto da squadre col tricolore…
“Beh, purtroppo questa è un po’ la situazione, nel senso che i piloti italiani in generale hanno sempre fatto fatica ad emergere su terra italiana, hanno trovato sempre terreno poco fertile. E quindi di conseguenza o si ha molta fortuna, come lo è stato per me, come magari lo è stato anche per Giancarlo Fisichella, come lo saranno forse magari per questi giovani che tu hai appena citato, altrimenti è veramente difficile. Emergere o poter far emergere qualche campione meritevole? Molto spesso si perdono tanti campioni a livello italiano che si perdono per strada e non per colpa loro”
Abbiamo anche un esempio, tuo figlio Enzo, che ha vinto i campionati di F.4 negli Emirati, ha provato la strada della F.3 ma non ha trovato il supporto necessario, quindi il potenziale viene sprecato per strada?
“Noi ci siamo dovuti fermare praticamente subito. Perché? Per mancanza appunto di sostegno economico. Questo è stato un dato evidente. Come hai detto, Enzo è andato subito molto bene, ha subito vinto. Subito fatto vedere insomma delle ottime cose. Però, fondamentalmente, se poi non trovi sostegno economico, si fa veramente fatica ad andare avanti con i costi di oggi, perché davvero sono costi esorbitanti e non è possibile, a meno che non ne abbia tu di persona, ma ne devi avere veramente tanti per poter sostenere una carriera che oggi può valere intorno ai 10 milioni come minimo, se tutto va bene”
🆆🅴🆁🅴 🆈🅞🆄 🆃🅷🅴🆁🅴❓
— BWT Alpine F1 Team (@AlpineF1Team) May 23, 2020
📅 Sunday, 23 May 2004
📍Monaco Grand Prix 🇲🇨
🏆 Jarno Trulli claimed victory in the Renault R24!#RSspirit pic.twitter.com/zfyLpcPvCM
Ad avercene 10 milioni… Per quanto riguarda la situazione F.1 attuale, un Hamilton che andrà alla Ferrari, un Verstappen che vince con affanno, un Leclerc che deve ancora esplodere…ci dai il tuo punto di vista?
“Ma la Ferrari è sempre lì, è chiaro che tutti la vorremmo vincente, però è uno di quei team che è sempre lì a galla tra le prime tre e non è male. Certo è che vorremmo vederla là davanti a tutti. Ora hanno preso Hamilton, non so se prenderanno anche Newey, visto che è in partenza dalla Red Bull. Però ci vorrà sempre del tempo per costruire qualcosa di competitivo, ammesso che lo prendano da domani mattina. Dall'altra parte abbiamo una Red Bull fortissima, un Max Verstappen ancora di più che sono da una parte imbattibili. Gli altri piloti? Ci sono tanti altri piloti giovani, emergenti che magari fanno fatica, altri che, invece, con la macchina giusta stanno facendo vedere buone cose come Norris. Secondo me ci sono anche tanti altri piloti che invece dovrebbero starsene a casa...”
Chiudiamo con una storiella che forse non tutti sanno, Jean Todt, t'aveva contattato perché ti voleva alla Ferrari, perché non è andato in porto?
“Senza andare lì a parlare di Ferrari, io credo che si sia attraversato un'epoca in cui c'era un dominio Ferrari con Schumacher e quindi la Ferrari non aveva bisogno di un altro pilota, diciamo un'altro top driver. Quindi io ho continuato per la mia strada. Ho avuto la mia opportunità. Peccato che con la Toyota non si sia concretizzato nulla, perché penso che ci fossero state e ci fossero tutti gli ingredienti per poter far bene, ma purtroppo le cose non sono andate come si sperava. Dall'altra parte non ho un rimpianto Ferrari, né mi dispiace, nel senso che io mi ritengo già fortunato di aver fatto quello che ho fatto. Forse avrei potuto meritare di più, avrei potuto vincere delle gare in più e avere un altro tipo di carriera, però è andata così e sono contento”
Un'ultima cosa, la Coppa del Gran Premio di Montecarlo dov'è adesso?
“Il trofeo originale è sempre in bacheca in casa del mio manager storico, Lucio Cavuto, perché era una cosa che gli avevo promesso ai tempi del go kart, era una promessa fatta in tempi non sospetti in cui avevo detto vinco a Montecarlo con la F.1 e ti regalo la coppa. Che potevo fare? Rimangiarmi la parola? Mai!”