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Quando vede un sorpasso col DRS gli viene l’orticaria. Quando ascolta le conferenze stampa dei piloti attuali di F.1 gli viene il magone. John Watson, 77 anni il 4 maggio, appartiene alla schiera dei piloti vecchia generazione che ha ancora le idee chiare su cosa sia la F.1 o cosa dovrebbe essere. Almeno nella sua visione. A Monza, in occasione del Fanatec GT, Watson era in veste di telecronista che segue la categoria da tempo: “Mi piace, ci sono tante auto, tanti piloti, ci si diverte sempre nello spirito del motor sport”. Bloccato in sala stampa dalla curiosità del vostro cronista, Watson non si risparmia e a precisa domanda, da una semplice chiacchierata ricordando i vecchi tempi, emerge uno spaccato della F.1 moderna che fa capire tante cose.
“Una volta avevo la passione per i GP, qui impressa nel mio cuore – dice accompagnando il gesto con la mano – adesso non la seguo quasi più. Vedo le gare più per dovere professionale che per passione. Quella l’ho persa nel corso degli anni nel vedere come è cambiata”.
Cosa non le piace della F.1 attuale?
“Troppa tecnologia, se mi passate il termine. Come ci si può esaltare con un sorpasso dovuto al DRS? E’ finto. Anche io ai miei tempi facevo i sorpassi, ma erano il frutto di azzardo, tecnica, improvvisazione. Si sorpassava lo stesso senza sto coso artificiale. E poi le macchine, bellissime da vedere, frutto di una tecnologia esasperata che porta il primo e l’ultimo a frenare più o meno nello stesso punto. La differenza è poca e con quella non puoi inventarti nulla. E capisco che serve il DRS, ma lo spettacolo dovrebbe essere vedere una macchina in azione, non gente che si supera in maniera artificiale come adesso”.
Beh, forse nella vostra generazione eravate un po’ senza cervello visto cosa facevate e che rischi vi prendevate…
“No, rifiuto questa idea. Avevamo il cervello, forse più dei piloti di oggi. Credevamo di avere il massimo della tecnologia disponibile sulle nostre auto, lottavamo per circuiti migliori, per una maggiore sicurezza in ogni pista, dall’abbigliamento, ai caschi alle cinture. Prendevamo i rischi che credevamo poter prendere con i mezzi che avevamo, e che erano il top per quell’epoca. Quindi non accetto questa definizione. Io credo che la F.1 abbia dato il meglio a cavallo fra gli anni 70 e 80, quelli della mia epoca, perché c’è stata una evoluzione incredibile sotto tutti i punti di vista, ma anche una libertà tecnica unica: motori 8, 10 e 12 cilindri, turbo e aspirati, quattro e sei ruote. Piena libertà di azione e gente con gli attributi in pista, personalità vere non come oggi…”
Parlando di personalità dei piloti, forse emerge Hamilton con uno stile da star system?
“Lewis senza dubbio emerge, ma non è ormai solo un pilota di F.1, lui appartiene ad altro, proprio uno star system diverso. Piloti con personalità oggi ce ne sono pochi: Ricciardo è uno di questi, Alonso ha carisma. Vettel aveva personalità, Verstappen ha carisma solo quando è nell’abitacolo di una macchina da corsa, sul resto non mi pare dica niente. Tutti gli altri sono appiattiti e quando li senti parlare, tutto scontato, tutto simile, tutto inutile. Ai miei tempi io avevo personalità, Lauda ne aveva una, Hunt, Reutemann, Hulme, Regazzoni, Pace: ognuno di noi aveva il suo modo di essere, distinto dagli altri, era una festa. Oggi sono tutti una fotocopia dell’altro, nascosti da addetti stampa invadenti e oppressivi. Un prodotto di marketing”.
E parlando di talento, invece, da osservatore esperto cosa ci dice?
“Hamilton senza dubbio, Verstappen come detto quando è in macchina è incredibile. Russell molto buono, ha stile, capacità, ottima presenza. E se devo scommettere sul futuro dico un solo nome: Oscar Piastri. Lo seguo dalle categorie minori, ha un potenziale che è un misto fra Hamilton e Verstappen. Spero trovi una macchina competitiva”
Questi quelli che piacciono, gli altri non li ha citati, come Leclerc o Sainz…
“Intanto questi due dipendono da cosa fa la Ferrari e mi pare che al momento siano in attesta che ricostruiscano la squadra, quindi hanno altri problemi. Sainz è un ottimo pilota di mezza classifica, sostanzioso, ma niente di che, i campioni sono altri. Leclerc ha spunti velocistici ma non mi pare abbia il carisma per guidare la squadra. Mi ricorda un Jean Alesi, veloce, di cuore, ma poca sostanza alla fine. Norris è molto sopravvalutato, forse più per merito del padre che è una potenza economica che per meriti propri. Il nuovo arrivato, Sargeant in Williams, me ne parlano bene ma non l’ho visto correre nelle categorie minori, non saprei dire”.
Ha toccato il tasto Ferrari, forse che le difficoltà dei due piloti nascano dalla mancanza di un vertice presente maggiormente, tipo Montezemolo e Todt, la presenza di uno Schumacher?
“Diciamo che alla Ferrari di quel periodo più che il presidente e Todt, la vera differenza la faceva Ross Brawn più che lo stesso Schumacher. Ecco, alla Ferrari oggi manca un Brawn per costruire una squadra vincente. I presidenti servono fino a un certo punto, il team manager deve gestire la squadra, ma Ross Brawn era l’anima che faceva la differenza della Ferrari di quel periodo, cosa che oggi manca a Maranello”.
Ogni tanto la vediamo in tuta a qualche esibizione storica, voglia di tornare a correre davvero da qualche parte?
“No, fin tanto che c’è da fare esibizioni va bene, non sono mica Arturo Merzario che a 80 anni è ancora lì che corre davvero quando ne ha l’occasione. Anzi, se me lo salutate perché lui appartiene a quella schiera di piloti con personalità, bravura e passione, un vero mito. In quanto a me, in pista mi vedrete a Silverstone, per dovere, perché la passione e il batticuore per questa F.1 ormai è passata…”