F1 in rosa? Susie Wolff nuovo Managing Director dell’Academy tutta al femminile

F1 in rosa? Susie Wolff nuovo Managing Director dell’Academy tutta al femminile
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La scelta di Susie Wolff come Managing Director di F1 Academy porta a delle riflessioni sulla strada percorsa e da percorrere delle donne verso la F1
2 marzo 2023

L’accoppiata donna – motorsport è diventata sempre più comune, specialmente per quanto riguarda il pubblico di F1, una volta quasi completamente maschile. Tuttavia, chi appartiene al gentil sesso e si impegna per costruirsi una carriera in una delle sfaccettature in questo sport, che sia come media, meccanico, pilota o dirigente, continua ad affrontare sin troppo spesso persone che usano l’ironia tagliente per celare il proprio maschilismo. La situazione si complica quando ci si avvicina alla F1 ancora di più, ovvero da pilota o dirigente: le donne che hanno assunto ruoli di potere o che hanno corso nella categoria maggiore del motorsport sono ancora delle mosche bianche. Una donna che ha ricoperto entrambe queste posizioni, come pilota di sviluppo Williams e team principal del team di Formula E Venturi, è Susie Wolff. La scozzese continua la sua ascesa nel mondo dei motori come Managing Director di F1 Academy, il nuovo progetto della FIA per promuovere le giovani pilote e prepararle della F1. Quello che attende Wolff è un compito delicato e prestigioso ma sarà abbastanza per aprire la F1 alle donne?

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F1 Academy: un nuovo progetto per l’inclusione

F1 Academy è un progetto appena nato che volge l’attenzione sulle ragazze piene di talento, determinazione e velocità che vogliono entrare nel Circus. Troppo spesso si è sentito dire che la donna ha un fisico troppo delicato per mascherare dei problemi tecnici che si interpongono fra un pilota dal sesso femminile ed il suo sogno di correre in F1. Queste difficoltà sono un numero ancora troppo ristretto di bambine che si affacciano al karting per poi crescere ed arrivare ad un livello abbastanza alto, una difficoltà ancora superiore ai colleghi maschi nel trovare gli sponsor e la preparazione adeguata. La FIA, dopo aver promosso dal 2019 la W Series, ossia la categoria tutta la femminile equivalente alla F3, ha deciso di fare un passo in più e, spinta anche dal progetto di Ferrari di aprire le porte della propria Young Driver Academy alle migliori, ha costruito un’Accademia che si concentri sulla preparazione fisica e mentale di un gruppo di giovani piloti di sesso femminile affinché abbiano la chance di arrivare in F1. Il campionato consiste in 5 team, 15 piloti e 21 gare nei circuiti di F1 per potersi preparare al meglio.

Il motivo per cui questa nuova categoria è necessaria nonostante la W Series, attualmente eliminata, è l’età delle protagoniste: mentre la W Series è di fatto aperta a piloti già formati, F1 Academy è per quelle ragazzine ancora da preparare e che quindi sono ancora in possesso di qualche anno per sviluppare quelle qualità che potrebbero aprire le porte della F1. A capo di queste fanciulle è stata posta come Managing Director Susie Wolff. Ex pilota di DTM, con comparse in F1 con la Williams per diverse FP1 ed ex team principal del team Venturi in Formula E, la scozzese si delinea come la professionista perfetta per il ruolo di controllare cosa serve e divenire la figura di riferimento per le ragazze. “Questo compito è sia professionale che personale – ha infatti dichiarato sui social la Wolff – perché è importante dimostrare alle ragazze che, con talento, dedizione ed impegno, non ci sono limiti a quello che si può raggiungere.”

La presenza delle donne in F1

Domenicali, quando ha messo Susie Wolff a capo della F1 Academy, ha espresso piena stima e fiducia. “Lei ha la ricchezza di esperienza e conoscenza di prima mano che possono portarci enormi benefici e guidare le ragazze lungo il percorso che conduce all’élite del Motorsport,” ha affermato in un comunicato stampa.

Viene spontaneo chiedersi perché ci sia voluto tanto per sceglierla come guida di un progetto importante e perché, ad esempio, non si sia pensato a lei come team principal della Williams. Wolff dispone proprio di esperienza e capacità manageriali perfette per questo ruolo, ricoperto ancora troppo raramente da donne. Nei rari esempi presenti, spicca Claire Williams, team principal della scuderia di famiglia. L’inglese è cresciuta a pane e F1, in quanto figlia di Sir Frank Williams, ex pilota e fondatore dell’omonimo team, ma la scelta di rendere lei boss del team non era affatto scontata: Claire, infatti, ha un fratello, Jonathan, che avrebbe potuto ricoprire lo stesso ruolo mantenendo il team in famiglia. Per tutta la sua gestione, la donna ha tenuto duro e si è mostrata in grado esattamente quanto e meglio di altri colleghi uomini ma il suo esempio è rimasto uno dei pochissimi nei ruoli dirigenziali. La stessa presenza di Wolff a capo di Venturi in Formula E è durata poco ma si è rivelata un palcoscenico adatto alla scozzese per mettere in mostra le sue qualità, che ben si adatterebbero anche al Circus.

Fra le “quote rosa” presenti in pista ai giorni d’oggi non possiamo dimenticare la stratega di Red Bull Hannah Schmitz. La professionista è a capo delle grandiose strategie messe in piedi dal team di Milton Keynes, spesso guardata con ammirazione ma anche soggetta a molti commenti di chiara matrice maschilista sui social. Per quanto si stia andando avanti in molti aspetti – l’ambiente, l’orientamento sessuale, la provenienza, il genere – siamo ancora molto indietro a livello globale e c’è ancora molto da fare per impegnarsi a combattere vecchi concetti completamente errati anche nel passato.

Parlando del passato, tuttavia, non dobbiamo dimenticare le donne che ce l’hanno fatta ad arrivare fino all’élite del Motorsport. La prima pilota donna della F1 è stata una italiana, Maria Teresa De Filippis. Ad aiutare la pilota Maserati a realizzare il suo sogno è stata la sua provenienza, in quanto facente parte di una famiglia aristocratica ha avuto accesso alle automobili in un momento in cui erano un lusso per pochi. Inoltre, De Filippis ha potuto contare anche sulla profonda amicizia con Fangio, che le ha dato fiducia dopo averne visto le eccellenti prestazioni in pista nei test di prova che la donna aveva condotto per Maserati. Correva l’anno 1958 e nel nostro Paese le donne avevano ottenuto da poco anche il diritto di voto, quando De Filippis entrò in F1 ufficialmente a Spa, classificandosi decima. Da allora, i piloti donna che hanno preso parte al Circus sono stati pochi, l’ultima Giovanna Amati su Brabham nel 1992.

F1 in rosa? Il percorso è ancora lungo

L’impegno per garantire a più donne l’accesso ai piani alti del Motorsport è lodevole e ben architettato, soprattutto nella scelta di mettere a capo un esempio di esperienza in entrambi i ruoli, pilota e dirigente come Susie Wolff. L’idea è la naturale prosecuzione del lavoro iniziato dalla FIA nel 2019 con la W Series e supportare i piloti donna in modo tale da risolvere il problema della disuguaglianza di preparazione ed opportunità. La strada da percorrere, però, è ancora lunga.

Tanto per incominciare, per avere piloti da F1, donne e uomini, preparati, bisogna avere una grande quantità di persone che fanno karting e che scelgono la professione del pilota. Se il numero di bambine che fa karting è ridotto, ci saranno in automatico meno esponenti del gentil sesso ad avere il talento e la preparazione necessari per arrivare in cima. Inoltre, sarebbe opportuno incentivare la presenza delle ragazze in ogni categoria, a partire da quelle minori, e fare in modo che le categorie siano miste, non separate come nel caso di W Series e F1 Academy ma che siano miste. Solo in questo modo le opportunità saranno davvero pari e favoriranno il migliore, a prescindere se sotto il casco ci sia un ragazzo o una ragazza. Ancora, bisognerebbe avere più figure dirigenziali femminili. L’obiettivo è chiaro, l’impegno c’è, è solo necessario continuare così per avere uno sport che sia, finalmente, di tutti.

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