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“E ho deciso, una notte di maggio/ In una terra di sognatori / Ho deciso che toccava, forse, a me / E ho capito che Dio mi aveva dato / Il potere di far tornare indietro il mondo / Rimbalzando nella curva insieme a me / Mi ha detto ‘Chiudi gli occhi e riposa’”. Con queste parole, la canzone “Ayrton” scritta da Paolo Montevecchi e cantata da Lucio Dalla descrive la fine di Ayrton Senna. Solo come uomo, però, non della sua leggenda, destinata ad essere tramandata anno dopo anno. Le gesta di Ayrton Senna come incredibile campione, talento puro e furia agonistica sono descritte in mille libri ed articoli. Quello su cui ci vogliamo soffermare oggi, è l’Ayrton essere umano, la persona che viveva sotto quel casco e quella tuta da supereroe e che ha incontrato la sua fine troppo presto. Lo facciamo con una intervista esclusiva a qualcuno che lo ha conosciuto di persona: Giorgio Terruzzi, autore anche del libro “Suite 200. L’ultima notte di Ayrton Senna”, edito da 66thand2nd.
Il nostro cammino verso Senna inizia con il primo incontro fra Terruzzi e Senna.
“L’ho conosciuto in pista, ed era un futuro campione preannunciatissimo, - ci narra. – Aveva vinto tutto in F3 in Inghilterra, anche il primo test in F1 con Williams (avvenuto il 19 luglio 1984 sulla FW 08C-Ford del 1982, per curiosità di Frank Williams, ndr) fu eclatante. Era un ragazzo riservato ed un talento naturale, impegnatissimo sul lavoro e con una ferocia agonistica pazzesca.”
Le parole spese su Senna, fra libri, canzoni, articoli e chiacchiere – a breve su di lui anche una serie su Netflix – sono scorse a fiumi ma se Terruzzi potesse usarne solo tre, degli aggettivi, per racchiudere Ayrton e descriverlo a coloro che non l’hanno potuto conoscere quali sarebbero?
“Sensibile, rigoroso e commovente.”
Non potevamo non chieder quale è, dal primo incontro in pista all’ultimo, proprio ad Imola 1994 dove Terruzzi era presente, il ricordo più prezioso che il conserva con lui.
“I ricordi preziosi che mi legano a lui sono davvero molti ma uno mi è rimasto particolarmente impresso. Eravamo in Brasile e lui, miracolosamente, non era stato riconosciuto. Il posto in cui eravamo era pieno di gente ma nessuno si aspettava di trovarlo lì, quindi abbiamo avuto modo di fare due chiacchiere, senza che lui venisse fermato per firmare cinquecento autografi come accadeva sempre. Fu davvero un miracolo.”
Facciamo finta che questa intervista sia una capsula del tempo: cosa vuole dire per tramandare la memoria del “vero” Ayrton alle persone di oggi e di domani che purtroppo non lo ricordano o non lo hanno potuto vedere dal vivo?
“Ayrton, - ci racconta Terruzzi – aveva una capacità innata di parlare approfonditamente con le persone. Era una persona con l’anima molto esposta, riusciva a parlare delle proprie emozioni e dei suoi sentimenti in maniera spontanea, passando dalla banalità dei soliti argomenti a dei discorsi ricchi di profondità. Mi ha interessato immediatamente parlare con lui, osservavo una persona dedicatissima al lavoro che si preoccupava di restituire in termini di qualità delle prestazioni quello che aveva ricevuto in mezzi ed opportunità. Inoltre, sentiva molto la spiritualità ed era molto interessato all’umanità. Da brasiliano, era consapevole dell’estrema povertà che vigeva in Brasile ed era preoccupato che in molti non avessero opportunità.”
Nonostante il 1° maggio 2023 ricorrano 29 anni dalla sua morte ad Imola, Ayrton Senna è ancora parte del patrimonio del motorsport e della storia. È divenuto una leggenda già mentre correva e lo rimarrà nel corso degli anni. Cosa lo ha reso così speciale?
“La sua umanità, oltre che il suo talento cristallino. Si dice che chiunque ricordi esattamente cosa stesse facendo nel momento in cui è morto Senna, proprio ad indicare quanto fosse speciale, - afferma Terruzzi. – La sua morte è stata una tragedia condivisa, perché è stata teletrasmessa e per noi che eravamo lì fu un trauma. Quel weekend c’era stata anche un’altra morte (quella di Roland Ratzenberger, il 30 aprile 1994, ndr), e si respirava nell’aria un clima teso ma nessuno pensava potesse avvenire un altro incidente mortale. Specialmente non a Senna, che era un leader, una persona che se ci fosse stato un film sarebbe stato il protagonista. Anche i ragazzi, troppo giovani per averlo visto correre all’epoca, lo ammirano e lo conoscono, continuando a tramandarne la memoria: è come se avesse lasciato dei frammenti di anima che vengono raccolti quotidianamente.”