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La macchina è la stessa, i piloti anche. Gli uomini al box pure, o quasi.
In Alpine il terzo posto in una gara normale, ovvero che non fosse una sprint, ha mostrato quel cambio di passo che il presidente Luca De Meo voleva dopo le epurazioni del GP del Belgio, con la fuoriuscita in serie del team principal Szafnauer, il DT Permane, il responsabile Pat Fry e il CEO Laurent Rossi.
Una serie di colpi di scena, a metà stagione, che ad alcuni sono sembrati prematuri visto che di solito si aspetta fine anno. Invece Luca De Meo ha voluto dare la scossa, far passare il messaggio che nessuno è intoccabile e che la squadra si chiama Alpine e ha due sedi: in Francia e Inghilterra e che non sono due entità separate.
Un cambio netto che l’attuale team principal Bruno Famin ha comunicato alla squadra in seduta plenaria: ai 900 dipendenti ha fatto un discorso molto chiaro e netto su cosa aspettarsi, cosa farà e soprattutto chi arriverà o meno e non farsi distogliere dalle voci di stampa perché se ci sarà qualcosa da comunicare, lo farà lui. Uno choc visti i precedenti del team in cui, nel corso degli anni, da Vasseur ad Abitebouille, da Prost ad altri alla fine, sul ponte di comando, c’erano sempre gli stessi uomini.
“Abbiamo sempre fatto così, non serve cambiare” era il mantra che girava ad Enstone e qualsiasi errore o problema, veniva scaricato a Viry ai motoristi.
Dal GP del Belgio questo è finito, e lo si è visto con un cambio di mentalità e, diciamolo, con un ambiente più sereno perché si vede che De Meo ha tolto le spine irritative di chi comandava pur senza averne merito o gradi, di chi imponeva scelte e sistemi lavorativi, emarginando chi provava a fare o chiedere qualcosa di diverso. Certo, un podio ottenuto da Gasly in quelle condizioni è come una rondine a primavera e quindi non fa testo. Fa testo invece l’approccio nuovo, la forma mentale e il clima interno alla squadra e che fra i due piloti non ci siano più privilegiati e sottoposti ma due che devono dare il massimo.
Come ha fatto Gasly che ha regalato al presidente De Meo la gioia di un podio ma soprattutto l’essere finito davanti alla Ferrari che è il punto di riferimento per il manager italiano: “Voglio che Alpine diventi la Ferrari francese, un punto di ritrovo per gli appassionati e i tifosi” aveva detto a inizio agosto.
E alle critiche di Szafnauer “volevano i risultati rapidamente e in maniera veloce senza capire niente di F.1” vale la replica a distanza dello stesso De Meo quando gli si chiesero i motivi del taglio drastico di tante teste: “Io non sono un progettista, non sono un tecnico e non dirigo una squadra. Sono un manager e ragiono da manager. Se ti poni degli obiettivi e li manchi, se decidi di fare una certa organizzazione e non la fai, se dichiari certi risultati e non li ottieni, allora vuol dire che, da manager, il sistema non funziona. E quindi si cambia”.