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A volte ti sembra di non farcela. Quella pioggerellina freddissima, che scende perennemente sulle Ardenne, ti penetra nelle ossa, ti logora lo spirito, ti lavora la psiche, ti vien voglia di mollare. Il cielo, che diventa nero almeno una ventina di volte al giorno, non aiuta a rimanere calmi e tranquilli. Poi parte la F.3. E allora gli occhi vanno alla pista e alle nuvole d’acqua che sollevano i ragazzi salendo velocissimi sul Raidillon.
Una scena meravigliosa, con questi bolidi colorati che vincono le avversità naturali, palesatesi questa mattina con un ripido pendio fradicio d’acqua, da scalare su quattro ruote, più veloci che si può. E ci si commuove dall’emozione, vedendo, toccando quasi con mano, l’abilità e il coraggio di questi ragazzi. Ha sempre piovuto, qui nelle Ardenne, tranne rari casi. Ma non ci si abitua mai. Venendo dal caldo dell’estate italiana, sembra impossibile che in questa landa desolata faccia già così freddo e ci sia il cielo sempre così perennemente incazzato.
È dura acclimatarsi. Soprattutto in mezzo ad un sacco di tifosi accorsi qui per acclamare il loro beniamino, Max Verstappen. Non si ha scampo: tutto il giorno al freddo e alle intemperie di questo angolo di mondo che, se non fosse perché, da lassù, qualcuno decise a suo tempo di eleggerlo a sede della pista più bella dell’universo, sarebbe un posto che nessuno conoscerebbe e tutti eviterebbero, tranne gli scoiattoli che, numerosi, popolano questa parte di foresta delle Ardenne. Mah, sarà che non ho più l’età per reggere queste cose.
Mi veniva da chiedere bandiera rossa: oggi piove troppo e fa troppo freddo per stare qui, a vedere qualsiasi competizione o semplice giro di pista. Torniamocene tutti a casa e rivediamoci quando le condizioni ambientali saranno più clementi. Non siamo più ai tempi di Nuvolari che si doveva per forza correre e magari anche morire. Siamo in un periodo in cui la sicurezza innanzitutto, salvo poi impedire di adattare un semplice assetto della monoposto alle condizioni ambientali del momento. Non siamo più ai tempi di Nuvolari e Varzi. E nemmeno a quelli di Ascari, Musso, Castellotti, Bandini. Finita da tempo anche l’epoca degli Stewart, dei Clark, dei Brabham.
E anche quella degli abitacoli avanzatissimi degli Alboreto, degli Arnoux, dei Villeneuve. Il mondo è cambiato. Totalmente. Se ci fosse qualcuno che ancora si illude di andare in autodromo a ritrovare lo spirito degli eroi di un tempo, sbaglia. La vita umana va salvaguardata, sempre. Bene ha fatto Sebastian Vettel a chiedere a gran voce bandiera rossa, ieri. Non c’erano le condizioni per proseguire le prove.
Soprattutto con queste macchine. Il meteo non si può prevedere con precisione, soprattutto da queste parti. Sento e leggo ancora qualcuno scrivere e dire che il bagnato è garanzia di spettacolo. È una considerazione sbagliata. Sbagliatissima. Il bagnato è solo foriero di imprevisti, di pericoli che vogliamo assolutamente evitare. Dobbiamo far sì che si possa assistere ad una esibizione sportiva effettuata in completa sicurezza. Per questo abbiamo delle automobili da corsa veramente progredite in maniera esponenziale, a protezione della vita dei piloti. E abbiamo anche dei modernissimi impianti con vie di fuga adeguate, alle quali abbiamo aggiunto appropriati track limits, in modo che tutti rispettino le regole e si possa correre in completa sicurezza.
Non siamo più ai tempi di Nuvolari, il mondo è cambiato. In meglio. Per fortuna. Certo, rimane quella pioggerellina che ti penetra nelle ossa, non siamo ancora riusciti a far sì che la pioggia sia asciutta, in modo da non avere tutto il giorno quella sensazione sgradevole di fradicio e di freddo. Eviteremmo ogni problema di assetto delle monoposto, che sarebbero perfettamente sempre conformi al regolamento attuale e, nel contempo, a qualsiasi condizione della pista. Motorsport is dangerous, scrivono ancora oggi gli inglesi sui biglietti delle loro manifestazioni sportive. Bisogna impegnarci di più, ad eliminare qualsiasi pericolo residuo, magari rallentando molto questi missili così veloci da essere ingovernabili, in certe condizioni.
Poi, sinceramente, basta con queste piste che vengono dal passato, un passato che non c’è più. Il mondo è cambiato. Non siamo più ai tempi di Nuvolari. Perché venire in questo posto dimenticato da qualsiasi divinità a correre in macchina? Lo sappiamo benissimo che qui, al novanta per cento, piove. Facciamo piuttosto un doppio Sochi e mettiamo un doppio Abu Dhabi. Piste sicure, adatte al mondo moderno, agli appassionati che si nutrono di analisi dei micro settori. E Montecarlo? Dai! Che senso ha? Costringere degli atleti formidabili a portare dei gioielli di tecnologia in quel budello anacronistico è avulso da qualsiasi logica di buon senso. Il mondo è cambiato. Bisogna far sì che evolva ancora di più nel nome e nel senso della sicurezza e della tutela di chi si cimenta in pista, in modo da mandarlo dentro senza pensieri, con la massima serenità, senza nulla da temere. Bisogna far sì che anche chi assiste stia più comodo, eliminare gli ingressi prato e tribune, istituire ed allargare solo ingressi paddock club, tanto ormai a livello di certi prezzi tribuna, ormai ci siamo.
Eh, cari ragazzi, se volete vedere lo spettacolo, si deve pagare. Se no state a casa. A leggere i libri di storia. A cercare di capire quanto fossero assurdi e fuori di testa quelli che correvano qui, sul vecchio circuito, o al Nurburgring, dall’altra parte della foresta. Gentaglia che, probabilmente, aveva degli squilibri psichici gravi, da avere assolutamente bisogno di scariche di adrenalina tali da poterli equiparare a dei veri e propri drogati. Fortuna che il mondo è cambiato. Ora è tutto molto meglio. Si può fare ancora tanto, lo stiamo facendo. Si deve guardare al futuro. Mai ad un passato che, ormai, non c’è più.