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Il momento in cui si è capito il vero potenziale della Red Bull? A 5 giri dalla fine, quando Sergio Perez, secondo, chiedeva se Max Verstappen, in testa alla corsa dopo essere partito dalla nona posizione, avesse dei problemi: “No, sta semplicemente gestendo la corsa” e intano l’olandese sparava un giro più veloce, come aveva fatto spesso dalla partenza, pur usando gomme dure, in teoria le meno performanti. Ecco, la rimonta di Verstappen su una pista dove superare non era agevole, fa capire come contro la Red Bull gli avversari hanno poco da fare.
Alonso con l’Aston Martin ha concluso al terzo posto e Russell con la Mercedes al quarto precedendo la prima Ferrari, quella di Sainz, quinto, che si è salvato dalla penalizzazione di 5 secondi per eccesso di velocità ai box. L’unico punto dove la Ferrari è stata superiore agli altri, verrebbe da dire. Leclerc, partito settimo, è arrivato settimo ma qui si apre un capitolo a parte. Quello che è certo si chiama Verstappen e Red Bull, con Perez che non ha il passo e la tenuta dell’olandese, quindi il team non corre rischi di guerre intestine che sarebbero sorte in caso di vittoria del messicano. Il resto della truppa è su un altro pianeta e tornando al discorso Ferrari, il confronto di Leclerc con Magnussen ha fatto capire tante cose.
Perché Magnussen? Perché la Haas monta non solo lo stesso motore Ferrari ma cambio e sospensioni, insomma mezza macchina è made in Maranello. La differenza è nel telaio e vedere che in rettilineo Leclerc non riusciva a superare il danese nonostante il DRS aperto, ovvero senza resistenza aerodinamica, fa capire che il problema era bello grosso, idem nei tempi sul giro e le velocità massime. Ad esempio Leclerc arrivava a 308 km/h mentre Verstappen a 323 e non stava tirando e non aveva scie da sfruttare. Se confrontiamo il passo di Sainz, si vede anche come lo spagnolo ha fatto il suo compitino e senza errore al pit stop con i 5 secondi di penalizzazione, non sarebbe cambiato poi molto. E’ una Ferrari che annaspa nonostante le modifiche portate e il confronto con la Haas, nonostante Magnussen sia arrivato 10, ha fatto capire molto. Che il danese sia stato in grado di “sverniciare” Leclerc in varie occasioni e che il monegasco abbia dovuto inventarsi un sorpasso allungando la staccata, è il segno di un assetto sbagliato e di un carico aerodinamico che su queste piste non andava bene.
Eppure a Baku, sette giorni prima, si era visto qualcosa di buono, che è svanito di colpo. Nonostante gli aggiornamenti portati. Sarà ancora così a Imola fra due settimane, gara che doveva sancire la svolta della stagione? Si spera di no, di certo Miami ha lasciato più dubbi e risposte non date di quanto si potesse sperare dopo Baku e questo è sintomo di confusione e mancanza di chiarezza nelle scelte. Intanto la Red Bull fa ancora doppietta e dopo cinque gare, con 18 ancora da disputare, è un bruttissimo segnale per chi voleva vedere qualcosa di nuovo all’orizzonte.