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SAN PAOLO – Anche se l’attenzione è riservata al solito duello Hamilton Rosberg (a proposito, l’oroscopo dà in vantaggio l’inglese per la gara di domenica…) in Brasile sta andando in scena uno degli ultimi atti della presenza di Massa in pista. Ma non è solo l’ultimo gp casalingo per il pilota di San Paolo (i cossi detti paulisti i carioca sono quelli di Rio…) c’è altro che fa capire come il futuro per la F.1 in Sud America sia a rischio.
La Petrobras ha annunciato il ritiro dal finanziamento della Williams, ma non è cosa legata solo a Massa e alla sua attività o meno col team inglese. La Petrobras era finita a inizio anno nell’inchiesta sui finanziamenti illeciti all’ex presidente Lula e al suo entourage, tanto che in Brasile si era scatenata (ed è ancora in corso) una violenta campagna per questi finanziamenti più o meno occulti con grossi nomi della politica coinvolti, compresa l’attuale Dilma Roussef presidente in carica. Ebbene, dall’inchiesta erano emerse delle questioni da chiarire e dei crolli di fatturato, dovuti anche al deprezzamento del petrolio, che hanno portato a questo epilogo. Era nell’aria ma per rispetto del contratto si è arrivati a fine stagione.
Un altro campanello d’allarme riguarda il futuro stesso della gara brasiliana. Dovevano essere completati dei lavori già l’anno scorso sul tracciato di Interlagos, rimandati poi a quest’anno e non ancora completati. La crisi economica non invoglia a spendere soldi, specie da parte delle amministrazioni pubbliche, in cose del genere, per cui perso uno dei piloti di spicco (Massa) perso uno degli sponsor principali (Petrobras) a rischio il futuro del GP in Brasile e con il solo Felipe Nasr in trattativa ancora con la Sauber, quindi con un team di fondo classifica, unita alla situazione economica disastrosa (con un crollo dei vari settori commerciali, vendite auto in testa in cui Fiat era leader) ecco che di spazi per avere ancora piloti brasiliani al vertice e GP in zona diventa davvero difficile.
Con il solo Felipe Nasr in trattativa ancora con la Sauber, quindi con un team di fondo classifica, unita alla situazione economica disastrosa (con un crollo dei vari settori commerciali, vendite auto in testa in cui Fiat era leader) ecco che di spazi per avere ancora piloti brasiliani al vertice e GP in zona diventa davvero difficile
In tutto questo c’è la voglia di avere più gare negli USA, ad Austin la domenica c’era il pieno e il gruppo Liberty Media che dovrebbe (usiamo il condizionale, ci sono infatti indagini anti trust della UE e altro ancora che potrebbero far saltare l’accordo) avere il controllo della F.1 con una base made in USA più accentuata, vorrebbe due gare negli Stati Uniti e quindi quella brasiliana potrebbe essere sacrificata. Il Messico non si tocca, visto che dietro oltre al governo ci sono finanziamenti che coinvolgono anche la Ferrari (vedi sponsor Clarò ma anche le fabbriche della Fiat 500 in loco) quindi se si vuole restare in Sud America, resta solo l’Argentina che timidamente avrebbe sondato per avere una gara magari nel 2018 a 20 anni dall’ultima corsa disputata, ma anche qui come situazione economica forse siamo messi peggio che in Brasile.
Di sicuro il 2017 sarà un anno cruciale per la F.1: nuove regole tecniche e quindi si spera miglior spettacolo, ingresso della nuova proprietà (ammesso che i contratti vengano accettati dalle varie commissioni) e scadenza dei contratti dei diritti TV coi colossi delle televisioni a pagamento che non vogliono spendere quanto fatto finora per uno spettacolo penoso. E Bernie Ecclestone è in viaggio per gli 87 anni…