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JEDDAH – Diceva Bernie Ecclestone a proposito dei “federali” ovvero i commissari sportivi della F.1, che “una volta fatta una regola sbagliata, ne fanno altre due per correggerla col risultato che un’altra è sbagliata e crea problemi che prima non c’erano e piuttosto che fare un passo indietro e dire ci siamo sbagliati, ne fanno altre due, di cui una di sicuro crea altri problemi”. Quanto accaduto in Arabia Saudita con Fernando Alonso è l’ennesima dimostrazione di un sistema contorto e complicato di scrivere le norme, che alla fine manco loro che devono farle rispettare ci capiscono qualcosa. Prendiamo la prima penalizzazione di 5 secondi perché Alonso non si è posizionato bene nella griglia di partenza. Poca roba, qualche centimetro a sinistra della riga bianca, ma perfettamente in linea con quella gialla laterale (altezza gomma anteriore destra) che funge da punto di riferimento per tutti in caso di partenza anticipata. L’infrazione, di fatto, non ha dato nessun vantaggio allo spagnolo ma la norma c’è ed è scattata la prima penalizzazione.
Alonso si è fermato ai box a scontare la pena, ma qui entrano altre due norme: la prima che dice non si possa scontare la penalizzazione in regime di safety car e la seconda che è vietato lavorare sulla vettura durante lo stop. Bene, se Alonso non si fosse fermato per il cambio gomme magari perché la safety car sarebbe entrata dopo i pit stop, gli avrebbero aggiunto i 5 secondi al tempo di gara. Invece la duplice presunta infrazione, con un meccanico che col crick aveva toccato il supporto dell’ala della Aston Martin, ha fatto scattare la seconda penalizzazione di 10 secondi. Semplice, si dirà, se non fosse che la FIA, per evitare discussioni e avere un gruppo di giudici di gara affidabili, da quest’anno ha aperto una specie di VAR a Ginevra, dove un gruppo di commissari indipendenti analizza e specifica le sanzioni.
Perfetto, si dirà, quindi non tutto ricadrà sulle spalle dei commissari in pista. Solo che in F.1 i tempi sono rapidi e l’orologio dei commissari è ancora una vecchia clessidra che va a rilento. Ci hanno impiegato 32 giri per dirlo e a quel punto Alonso e Aston Martin non avevano più tempo per rimediare in qualche modo. Quindi squalifica dal terzo posto, salvo poi arrendersi all’evidenza, ma ormai era l’una passata di notte in Italia (ormai gli orari della F.1 seguono il fuso americano e chi se ne frega dei tifosi europei con programmazione che li penalizza compreso chi deve lavorare e raccontare questa F.1), che forse Alonso aveva ragione e quindi dietro front. Sali sul podio, scendi dal podio, risali sul podio: sembrava una parodia di un comico italiano di qualche anno fa.
Solo che qui c’è l’immagine di correttezza di un campionato, una serietà da ricercare ad ogni costo e una selva di regole da sfoltire. Troppe cose, contrastanti fra loro, difficili da comprendere anche per i federali che in teoria le norme le hanno scritte. Quindi, fermo restando il rispetto delle regole, servirebbe prima una sfoltita a tutte le sciocchezze messe in fila per correggere altre sciocchezze, e qui Ecclestone torna a busso, poi chiarezza e rapidità di decisione. Penalizzare uno che va a 300 all’ora per tre centimetri di riga, che non gli danno vantaggio, o togliere un risultato dopo gara vanificando sforzi e investimenti delle squadre, non va nella direzione giusta. Quindi, Alonso sul podio per la 100. volta ma di sicuro non ce la sentiamo di dirgli “100 di questi giorni” sarebbe davvero una beffa…