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Cosa resterà della stagione 2022 di Formula 1 oltre alla vittoria mondiale della coppia d'oro Max Verstappen-Red Bull, che ha dilagato nella seconda parte del campionato? Non possiamo fare a meno di chiedercelo. E allora, dopo esserci occupati dei top e dei flop di quest'anno, è tempo di scegliere i cinque momenti sorprendenti del 2022 che non potremo scordarci.
A febbraio, all'inizio dei test invernali in quel di Barcellona, nessuno avrebbe potuto immaginare che Kevin Magnussen avrebbe avuto un posto sullo schieramento nel 2022, figuriamoci che avrebbe colto una pole position. E invece non solo Kevin è stato chiamato a sostituire Nikita Mazepin, ma ha pure brillato nelle condizioni complesse di Interlagos ottenendo una meritata partenza al palo nella Sprint brasiliana. Merito del tempismo della Haas, che ha piazzato Magnussen davanti a tutti in uscita dai box in un momento in cui cogliere un tempo era cruciale per evitare di essere beffati dalla pioggia. Ma c'è molto di Kevin in questa pole. Non solo perché non ha sbagliato nulla quando il gioco si è fatto duro, ma perché si era guadagnato con le unghie e con i denti il passaggio alla Q3, sfruttando appieno l'unico giro che aveva a disposizione. Merito dell'indubbia tenacia del vichingo della F1.
La quiete dell'ora di pranzo di sabato a Monza è stata squarciata dalla notizia del forfait di Alex Albon causa appendicite. E se noi giornalisti in sala stampa ci siamo ritrovati a scriverne in fretta e furia, per Nyck De Vries il compito è stato decisamente ben più arduo. Si è tolto rapidamente i panni dell'Aston Martin, con cui aveva disputato le libere il giorno prima, per vestire quelli della Williams. Scattato ottavo grazie a una serie di penalità comminate sullo schieramento, Nyck si è dimostrato caparbio, ma assennato. Ed è riuscito a cogliere un ottavo posto che, oltre a due punticini, portava con sé un ottimo biglietto da visita per assicurarsi un posto sullo schieramento nel 2023. Si dirà che la Williams a Monza, con la sua performance sul dritto aveva le carte in regola per un buon risultato. Ma l'immagine di uno stremato De Vries che chiede aiuto per uscire dalla sua monoposto dimostra la fatica nascosta dietro la corsa che gli ha cambiato la vita.
Iniziare il mondiale con una doppietta dovrebbe essere prassi collaudata per un team con il blasone della Ferrari. Ma nell'orribile biennio 2020-2021, un risultato del genere rappresentava un sogno irraggiungibile. La F1-75 aveva stupito per le sue forme singolari e per l'aspetto aggressivo, ma serviva una prova del nove della sua forza. Mattia Binotto aveva fieramente sostenuto di puntare alla vittoria in Bahrain, con uno slancio inusuale per lui. Ma tra il dire e il fare spesso c'è una distanza insormontabile. L'1-2 del Bahrain, con Charles Leclerc vincente davanti a Carlos Sainz, ha restituito un'immagine di una Ferrari veloce, affidabile e puntuale nelle soste e nella gestione delle gomme, che nel corso dell'anno sarebbe stata smentita. Ma quell'alba Rossa del mondiale ha regalato una dolce sorpresa a un popolo ormai disilluso.
Nel momento in cui Lance Stroll, frenando scelleratamente sul dritto ad Austin, ha causato un principio di decollo della Alpine A522 di Fernando Alonso, in pochi avrebbero scommesso sul fatto che l'asturiano avrebbe potuto portare a termine la corsa. Quegli interminabili secondi in cui la monoposto di Alonso, dopo aver schivato miracolosamente un guardrail che avrebbe potuto causare danni pesanti anche al pilota, è rimasta in bilico sulle due ruote posteriori rappresentano una delle immagini scioccanti dell'anno, seconda solo al terribile schianto di Guanyu Zhou a Silverstone. Ma la vera sorpresa è il fatto che Alonso, nonostante i danni occorsi alla monoposto, sia riuscito a concludere la gara, per giunta a punti. La corsa di Alonso ad Austin è un'efficace rappresentazione della tenacia di un campione infinito.
Sebastian Vettel ha concluso la sua carriera nei modi e nei tempi che ha preferito, scegliendo di congedarsi dalla F1 quando ancora avrebbe potuto dire la sua. Lo si è visto nell'ultimo scampolo della sua avventura nel Circus. Libero da pressioni, si è goduto la conclusione del suo lungo viaggio con una serie di prestazioni molto convincenti al volante di un'Aston Martin in crescita, ma comunque lontana dalle prestazioni del recente passato. Esemplificativa dei suoi guizzi di fine carriera è la prestazione nelle qualifiche del GP del Giappone. A Suzuka, pista che ha sempre amato e su cui sarebbe persino disposto a un ritorno one-off, ha colto un nono posto incredibile per la AMR22, decisamente più efficace in gara che in qualifica. Il suo approccio aggressivo, senza paura di correre rischi, gli ha consentito di estrarre il massimo da un pacchetto non esaltante e di ricordare, qualora ce ne fosse bisogno, che cosa è stato Vettel per la F1. E che cosa avrebbe potuto ancora essere, se solo l'avesse voluto.